Mafia, nuovo sequestro per i beni di Salvatore Randone Vicino ai Tuppi di Misterbianco, dagli anni ’90 in Romagna

Una vita condotta sull’asse Sicilia-Emilia Romagna, tra Misterbianco e il Ravennate, senza allontanarsi mai dal clan Nicotra, meglio conosciuti come i Tuppi. Potrebbe essere questa la sintetica biogafia per Salvatore Randone, 66 anni, l’uomo a cui la guardia di finanza di Catania ha sequestrato beni per un valore complessivo di circa 20 milioni di euro. Il provvedimento è stato emesso dal tribunale etneo, che ha sostanzialmente confermato la misura che l’estate scorsa era stata presa dalla sezione Misure di prevenzione di Bologna. A indagare sul conto di Randone, imprenditore attivo nel settore delle costruzioni, era stata per ultimo la Direzione distrettuale antimafia del capoluogo emiliano. Pochi mesi fa, però, i legali dell’uomo hanno eccepito la competenza territoriale, sostenendo che a occuparsi del proprio assistito sarebbe dovuta essere l’autorità giudiziaria siciliana. Posizione condivisa dai giudici che hanno così mandato gli atti a Catania, affermando il principio secondo cui in materia di reati aggravati dalle modalità mafiose la competenza va trovata nel «luogo dove si trova il centro organizzativo e decisionale del gruppo criminale in quanto luogo della capacità di intimidazione del gruppo medesimo».

Sul punto il tribunale di Catania non ha condiviso l’interpretazione della norma, sollevando un conflitto che verrà risolto dalla Cassazione. Nell’attesa, tuttavia, i giudici etnei hanno deciso di pronunciarsi sulla necessità di congelare i beni di Randone, consapevoli del fatto che, dopo venti giorni, il provvedimento bolognese avrebbe corso il rischio di risultare decaduto. Ciò che comunque tanto a Bologna quanto a Catania non è messo in dubbio è la matrice illecita delle fortune accumulate nel tempo dal 66enne e dai suoi più stretti familiari. Il giudice ha disposto il sequestro di immobili, conti bancari e quote delle società Lavoro Società Cooperativa, Ran Immobiliare, Ra Immobiliare, Lara Srl, Ar Service, Alfabeta Srls.

A finire nel mirino sono stati anche i reati che l’imprenditore avrebbe commesso in materia fiscale e tributaria. Condotte che nel corso degli anni hanno portato all’invio di cartelle esattoriali, alcune ancora non riscosse, anche del valore di 970mila euro. A ciò si aggiungogno i rapporti che, secondo i giudici, Randone avrebbe coltivato nel tempo con esponenti della mafia attiva a Misterbianco, dove l’uomo è nato a inizio aprile del 1966. La frequentazione dei Tuppi è finita al vaglio di diverse procure. A inizio anni Duemila, l’uomo fu indagato in nella maxi-inchiesta Terra Bruciata su un traffico internazionale di cocaina insieme a personaggi di spicco della cosca come Gaetano e Antonio Nicotra. A occuparsi di lui fu in primo luogo la procura di Roma che archiviò le posizioni inviando gli atti alle procure di Ravenna e Napoli. Randone era accusato di avere messo a disposizione un capannone a Castel San Pietro Terme, nel Bolognese, per stoccare ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti provenienti dall’estero.

Nel 2013 fu invece la Dda di Catania a indagare l’uomo per associazione mafiosa e traffico di droga. Anche in questo caso Randone fu sospettato di rappresentare un punto di riferimento in Emilia Romagna per i Tuppi. Al vaglio degli inquirenti finirono i numerosi contatti con lo «zio Tano». Ma la vicenda più grave che lo ha visto protagonista è quella accaduta a Imola nel 2009. Era l’8 luglio, quando un uomo – anche lui siciliano – venne raggiunto da diversi colpi di pistola, riuscendo a salvarsi soltanto per puro caso. Per quel tentato omicidio, nel 2019, Randone e altri esponenti del clan Nicotra è stato condannato dalla Corte d’appello di Bologna a 20 anni. 

Per i giudici il movente sarebbe da ricercare nella volontà di punire la vittima, al culmine di una vicenda estorsiva: Randone e soci avrebbero preteso che l’uomo rinunciasse a una commessa a Piano Tavola, per lasciare spazio alla Mediterranea Impianti, amministrata di fatto da Randone negli interessi di Antonino Rivilli e Antonino Nicotra. Si tratta del culmine di una carriera imprenditoriale che, secondo i due tribunali, avrebbe avuto nella vicinanza alla mafia il vero trampolino di lancio. Il curriculum criminale di Randone comprende anche una condanna definitiva a oltre quattro anni per otto episodi di usura ed estorsione avvenuti in Emilia a inizio anni Novanta, ma anche l’accusa di avere impiegato nelle proprie imprese lavoratori irregolari e in un caso di avere costretto un operaio ad accettare compensi decisamente inferiori a quelli che gli sarebbero spettati.


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