Mafia, migliaia di giovani etnei al corteo di Libera «Per cambiare le cose è necessario più coraggio»

Occupa buona parte di via Etnea il lungo corteo di studenti, professori e associazioni scese in piazza per la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Migliaia di voci che si uniscono per sfatare un mito: quello che la mafia non tocca donne e bambini. Centinaia di striscioni e mani di cartone colorate ricordano Antonino, Enzo e Salvatore Spartà, uccisi all’interno del loro ovile nel ’93; Rita Atria, nata in una famiglia mafiosa e morta suicida; Graziella Campagna, uccisa a 17 anni perché aveva trovato un documento scomodo; Giuseppe Cotroneo, otto anni, e Rosario Montalto, undici anni, vittime di un regolamento di conti. E ancora l’avvocato Serafino Famà, il giovane pastore Giuseppe Letizia e lo studente Gaetano Marchitelli. «Sono circa 950, tra cui più di cento bambini», ricorda Giuseppe Vinci, referente dell’associazione Libera per la formazione, che cura gli incontri con le scuole e le manifestazioni.

«La vittima più piccola ha 45 giorni – osserva – anzi per essere precisi la più piccola non è nemmeno nata, perché la mamma è stata uccisa negli anni ‘90 mentre era incinta di cinque mesi». È solo una delle tante storie forti che vengono raccontate anche ai più giovani, che ogni anno adottano una delle vittime innocenti per tenerne viva la memoria. «Quest’anno ne sono state affidate 38 – sottolinea Vinci – molte ricordate attraverso la mano, ovvero l’impegno che parte sia dall’esempio delle vittime che dai giovani, che devono aiutarci a cambiare il futuro costruendolo nel presente». Fabio e i compagni 17enni, per esempio, vengono dalla scuola Enrico De Nicola di San Giovanni La Punta e rappresentano l’avvocato Serafino Famà. «Abbiamo incontrato il figlio Fabrizio a scuola e siamo rimasti impressionati da questa storia – racconta il ragazzo – perché ci tocca come giovani e come società». Il problema dei ragazzi, secondo lo studente, è la paura. «Ci spaventiamo delle conseguenze delle azioni, per cambiare le cose dovremmo osare un po’ di più senza timore».

«I ragazzi sono consapevoli dell’importanza della manifestazione – commenta una docente della scuola media Parini – ne abbiamo parlato in classe e ne parlano anche a casa». «Vivono il problema attraverso i libri e i film ed esprimono le loro idee con molta chiarezza», aggiunge una collega. Come conferma Marianna, che frequenta la seconda media ed è stata eletta sindaco degli studenti. «Recentemente sono stati rivolti degli insulti contro Don Ciotti, padre di Libera, e siamo in piazza anche per lui». «Il progetto legalità è uno dei più seguiti nella nostra scuola – afferma Rita Pagano, preside del circolo Don Milani di Randazzo, che per il quarto anno consecutivo prende parte al corteo – forse perché i più piccoli riescono ad assimilare certi valori meglio degli adulti». Che si cerca di raggiungere proprio attraverso i figli. «Abbiamo un orto di erbe aromatiche che le classi curano per tenere viva la memoria di chi ha perso la vita e a fine anno regaliamo alla comunità un sacchettino con gli aromi e un biglietto con le frasi sulla legalità».

Fondamentale il contributo di Rita Spartà, familiare di tre vittime innocenti della mafia, che porta nelle classi e nel paese di Randazzo la propria testimonianza. «I bimbi ascoltano, fanno domande e partecipano attivamente – racconta – sono eccezionali e anche i genitori sono presenti». Alla manifestazione anche i piccoli frequentatori del Punto luce, centro di aggregazione di Save the Children nel quartiere di San Giovanni Galermo, dove ragazzini dai 6 ai 16 anni svolgono attività educative, ricreative e sportive. Oltre a creare la mano e un cartellone per il corteo hanno ragionato sul concetto di mafia e approfondito la storia di Dodò, il bambino di 11 anni ferito alla testa con un colpo di arma da fuoco in un campo di calcetto a Crotone e morto dopo tre mesi. «La nostra missione è mostrare ai ragazzi che ci sono altre strade percorribili e tante alternative tra cui scegliere – commenta Edmea Abramo, volontaria dell’associazione che si occupa di tutela dei bimbi – e considerando che provengono da quartieri a rischio rispondono positivamente». «Un pensiero va rivolto anche alle mamme delle vittime innocenti – osserva una docente del professionale per l’agricoltura di Adrano – che non seguono la logica della vendetta, dimostrando davvero la giusta via da seguire». 


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