Uno scritto ingenuo, a tratti zeppo di disinformazione e basato su una fonte sbagliata: quella del suo avversario politico perdente. Lo scrive il primo cittadino del Comune del Messinese che ha dato mandato al proprio legale di querelare il giornalista Antonio Mazzeo per la sua inchiesta sulle presunte infiltrazioni mafiose nella politica e nella società del paese. Quattordici pagine di risposta, tra accuse e smentite, «per difendere il buon nome e lonorabilità dei suoi abitanti»
Mafia, il sindaco di Falcone scrive al cronista «Articolo falso, venga a vedere lui stesso»
«Lungi da me lidea di insegnarle il mestiere», ma… E’ lunga 14 pagine la lista di ma inviata da Santi Cirella, sindaco di Falcone – Comune del Messinese – al giornalista Antonio Mazzeo. Una lettera aperta che arriva dopo le polemiche delle scorse settimane: successive alla decisione dell’amministrazione falconese di querelare il cronista per la sua inchiesta sul mensile I Siciliani Giovani dal titolo Falcone colonia di mafia fra Tindari e Barcellona. «Come si vuole fare chiarezza e spazzare via le nubi del dubbio e del sospetto? – scrive il primo cittadino – Spettegolando su internet o affrontando la questione in una Aula giudiziaria?». Perché, per Cirella, quasi tutte le informazioni contenute nell’articolo di Mazzeo sono false. Colpa dell’ingenuità del giornalista, del suo scarso rispetto della deontologia e dell’odio degli avversari politici nei confronti del primo cittadino. Avversari più volte perdenti, come tiene a sottolineare. Ma il sindaco si dice ancora disposto al confronto in attesa di quello giudiziario e invita Mazzeo a visitare insieme a lui la ridente Falcone.
Un piccolo paradiso di cui va fiero. «Spiaggia di finissima sabbia dorata», un «impareggiabile mare, di un verde cristallino» affollato di turisti. «Sarebbe stato sufficiente girare tra le vie del paese per incontrare gente laboriosa, per respirare una aria di libertà, di serenità ed una spensieratezza che proprio non si addicono ad una colonia di mafia». Altro che cemento, scempi paesaggistici e fuga di turisti, come scrive Mazzeo nel suo articolo. D’altronde, se il giornalista lo avesse contattato prima, sarebbe stato lo stesso primo cittadino a mostrargli le bellezze della zona, promette Cirella.
Ma, anziché sentire la sua versione di primo cittadino «riconfermato, mi consenta un briciolo di vanità, a furor di popolo», scrive Cirella, Mazzeo si sarebbe basato solo sulle dichiarazioni del suo perdente avversario politico Marco Filiti. Che «continua a candidarsi fin dal 1993 avendo rivestito spesso il ruolo di consigliere di maggioranza scrive – Chi lo conosce, politicamente, lo evita». Una nemmeno troppo velata accusa di ingenuità, a non voler essere in malafede, nei confronti del giornalista. E delle sue chiacchierate con «il suo amico bancario», scrive Cirella, «non nuovo a simili attacchi». Quelli sulle presunte infiltrazioni mafiose nel tessuto politico e sociale di Falcone ricostruite da Mazzeo nel suo articolo. «Un marchio d’infamia», secondo il sindaco.
«Lungi da me lidea di insegnarle il mestiere», scrive. Eppure accusa il cronista di fare disinformazione e non raccontare nel suo scritto de «lunico grande scempio del nostro territorio: la rimozione delle barriere frangiflutto poste a protezione del litorale marino», spiega nella lettera. Iniziativa che risale al 2004, quando in carica stava l’attuale opposizione di Falcone città futura, presieduta da Filiti. Delle barriere avrebbe dovuto scrivere Mazzeo, suggerisce il sindaco, e non dei latitanti nascosti a Falcone di cui lui non ha notizia. E nemmeno delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, precedenti alla sua prima elezione. E che dire delle accuse di compravendita dei voti casa per casa? Raccolti nomi e cognomi dei responsabili, lo stesso giornalista sarebbe dovuto andare dritto dai Carabinieri.
Punto per punto, Cirella ribatte ai passaggi dell’inchiesta. Polemica sterile, secondo lui, quella sui consiglieri con parenti accusati di associazione mafiosa. Per il sindaco si tratta di «persone che, con molta serenità, ritengono giusto che i loro congiunti scontino la pena eventualmente inflitta», se ritenuti colpevoli. Dubbio che non avrebbe nemmeno dovuto porsi Mazzeo nel caso delle ditte coinvolte negli appalti successivi all’alluvione nel Messinese. Tutte con regolari documentazione e certificato antimafia, spiega. «Non ci sfiora minimamente lidea di intimidirla con querele», cominciava la lettera di Cirella a Mazzeo. Ma, conclude, «cosa avrebbe dovuto o potuto porre in essere la civica amministrazione per difendere il buon nome e lonorabilità dei suoi abitanti?».