L’uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Pietro Garozzo, accusato di associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Gorgoni, avrebbe incontrato il presunto boss Massimiliano Salvo e l’imprenditore arrestato Vincenzo Guglielmino solo per tentare di salvare se stesso e i colleghi dalla disoccupazione. Lo sostiene il suo legale, l’avvocato Davide Giugno, che ripercorre con MeridioNews il contenuto dell’interrogatorio di garanzia del suo assistito. Responsabile del personale per l’azienda Officine meccaniche, che per il Comune di Catania si occupa della manutenzione del mezzi deputati al servizio di nettezza urbana. Secondo la procura, Garozzo sarebbe stato il trait d’union tra il clan Cappello e le pubbliche amministrazioni. E con Guglielmino avrebbe discusso della possibilità di fare ottenere alla Ef servizi ecologici (ditta di quest’ultimo) l’appalto per la gestione dell’autoparco catanese. «Stava svolgendo le sue funzioni di rappresentante sindacale», spiega Giugno.
«Nel 2015, il mio assistito riceve la lettera di avvio della procedura di licenziamento di tutte le unità operative connesse all’appalto del Comune di Catania – racconta Giugno – Da quel momento iniziò una querelle che interessò anche i sindacati, al fine di trovare la soluzione migliore e verificare se vi fossero sul territorio società in grado di subentrare nell’appalto o, comunque sia, di rendersi disponibili all’assunzione dei dipendenti che rischiavano il licenziamento». Cioè le 38 unità di personale legate all’espletamento del servizio. «Garozzo si adoperò sul territorio per trovare ditte che volessero, per esempio, acquistare il ramo d’azienda di Officine meccaniche». Tra le varie ditte – delle quali l’avvocato non fa i nomi – ci sarebbe stata proprio quella di Guglielmino, suggerita da un altro dipendente «il cui nome sarà disvelato in sede di richiesta di Riesame».
Tra gli altri lavoratori di Officine meccaniche, ci sono – come svelato questa mattina da MeridioNews – anche Rosario e Fabio Antonio Rapisarda, rispettivamente suocero e cognato di Massimiliano Salvo, che avrebbe avuto – per i magistrati – un interesse diretto nelle trattative per l’appalto di Palazzo degli elefanti. «Nei primi mesi del 2016, comunque, Vincenzo Guglielmino perdette interesse in questa cosa. Forse perché, confrontandosi con il suo consulente, aveva valutato che non fosse conveniente». Nel frattempo, però, i contatti vanno avanti. E qui appare Salvo, che avrebbe conosciuto Garozzo «esclusivamente in questa circostanza: i due non avevano mai avuto contatti, né prima né dopo. Senza che, peraltro, Massimiliano Salvo manifestasse interesse in questa vicenda», continua Davide Giugno. «Verosimilmente, Salvo conosceva Guglielmino e avrebbe suggerito il suo nome a mo’ di cortesia, al fine del mantenimento dei livelli occupazionali». Uno slancio sindacale comprensibile, visti i parenti impiegati in quella ditta. «Non c’è nessun interesse personale e diretto», ribadisce Giugno.
E sui rapporti tra Garozzo e Salvo aggiunge: «Sono rapporti di mera conoscenza. Vanno insieme a un solo appuntamento». Che è quello immortalato dalle forze dell’ordine, nel quartiere di Librino. «Non era un appuntamento di interesse di Garozzo – replica Davide Giugno – Si trovavano insieme solo perché il mio assistito, essendo ancora le trattative con Guglielmino in corso, aveva manifestato il desiderio di presentargli i propri auguri di Natale de visu». Una «questione di delicatezza», insomma, visto che è il 24 dicembre. «In quella circostanza il signor Salvo gli disse: “Te l’ho presentato io, ci andiamo insieme. Ma non ti dispiacere, mi fai compagnia un attimo? Prima devo passare da una parte”. Cioè l’appuntamento di Librino. Lui era la persona sbagliata, al momento sbagliato e nel posto sbagliato».
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