La sola famiglia mafiosa di Corso dei mille pare doversi occupare di 159 detenuti. E il conto è destinato ad aumentare visto che sono stati convalidati i 16 fermi per l'operazione che ha colpito il clan di Ciaculli. Eppure c'è chi in prigione ha consolidato la sua reputazione
Mafia, il ruolo del carcere nella vita degli uomini d’onore Mantenuti dal mandamento, è lì che si fanno un nome
Giuseppe Greco, nipote del Papa della mafia, Michele, e cugino dell’astro nascente di Cosa nostra, Leandro, resterà in carcere, almeno per ora, e con lui le 16 persone finite in manette con l’accusa di avere un ruolo all’interno del temuto mandamento mafioso di Ciaculli lo scorso 20 luglio. Il giudice ha infatti convalidato i fermi degli indagati, che quindi non si muoveranno dal carcere, a eccezione di Ignazio Ingrassia, il Boiacane, rimasto a casa ai domiciliari per motivi di salute.
Un rapporto difficile quello del mandamento col carcere, visto che sono proprio i detenuti da mantenere il problema più grosso per i clan. Basti pensare che la sola famiglia di corso dei Mille, deve mantenere qualcosa come 159 suoi affiliati in stato di detenzione, famiglie comprese. A rivelarlo è il collaboratore di giustizia Filippo Bisconti durante un interrogatorio. «In Corso dei Mille – dice al pm – campano… cioè danno assistenza a circa 159 detenuti; 158-159, una cifra esorbitante. Questo mi è stato detto da Salvatore Testa, questo mi è stato detto altre volte da… una volta credo dallo stesso Jimmy Celesia». Alla domanda su come si riuscisse a mantenere tutte queste persone, la risposta di Bisconti è stata chiara: «Certamente con le estorsioni. E credo con attività imprenditoriali che cercano… che cercano di fare, perché le estorsioni non credo che riescano a coprire tutte queste spese. Non credo proprio. Tutte le famiglie mafiose tendono sempre a diversificare cercando di intraprendere rapporti imprenditoriali… però per imprenditoriali intendo dire imprenditoriale mafioso, non intendo dire imprenditoriale legale».
E proprio Jimmy Celesia, nominato nei racconti di Bisconti, è uno degli esempi di quanto nella vita dell’uomo d’onore la prigione resti un punto fermo, qualcosa quasi che non si può evitare. Ha fatto tanto carcere Celesia, arrestato nel 1997 e condannato l’anno dopo a 15 anni di reclusione, esce nel 2010 per venire arrestato di nuovo un anno dopo, sempre per contatti con le famiglie mafiose di Brancaccio, che nel tempo hanno intanto cambiato vertici e personaggi. Celesia viene scarcerato nel 2017 e finisce ai domiciliari, regime sotto cui rimarrà fino al 2020. Pochissimi scampoli di libertà per lui negli ultimi 23 anni, ma «nessun segno di ravvedimento», come scrivono gli inquirenti tra le carte dell’operazione che ha portato in manette ancora una volta Celesia e sodali. Anche perché Jimmy Celesia è uno tra gli uomini d’onore più conosciuti di tutto il mandamento di Ciaculli, proprio perché in molto l’hanno conosciuto proprio in carcere e molti altri in carcere ne avevano sentito parlare.
Nominato da diversi collaboratori di giustizia per essere stato designato anni addietro per guidare la famiglia di corso dei Mille dopo l’arresto di Tonino Lo Nigro detto il Ciolla, nel nuovo organigramma sotto la guida della famiglia di Ciaculli Celesia si occupava di pubbliche relazioni, essendo in grado di potere interloquire tranquillamente con tutte le anime all’interno di Cosa nostra, incluso il predecessore di Giuseppe e Leandro Greco, quel Pietro Tagliavia che aveva retto le sorti del mandamento fino al luglio del 2017, quando è stato arrestato nell’ambito dell’operazione Maredolce. Nel 2020, a febbraio, Tagliavia era tornato a Palermo dalla Sardegna, dove era detenuto. Un problema di decorrenza dei termini aveva causato la scarcerazione del boss, anche se questa libertà è durata solo cinque giorni. Abbastanza per riallacciare vecchi rapporti e incontrare persone di fiducia, tra cui, appunto, Jimmy Celesia, che lo accoglie con un bacio sulle labbra in segno di rispetto.