A finire nel mirino della famiglia guidata da u dutturi erano imprenditori di diversi settori. C'è chi provava a resistere, per poi cedere davanti alle pesanti intimidazioni, e chi invece si è ribellato sporgendo denuncia. I rimproveri alle ditte di fuori. «Non lo sapete come vi dovete comportare?», dice uno dei fedelissimi
Alcamo, il pizzo preteso dal clan di Ignazio Melodia Boss: «Va pagato, ci sono le persone da mantenere»
Bisognava imporre il pizzo del due per cento alla ditta che si era aggiudicata l’appalto di 150 mila euro, per il rifacimento della strada provinciale che collega Alcamo ad Alcamo Marina. L’ordine, impartito da Ignazio Melodia all’imprenditore agricolo Antonio Stella – arrestato anche lui nell’operazione di ieri della polizia, sotto il coordinamento della Direzione investigativa antimafia -, è stato captato dalle microspie posizionate all’interno della cella frigorifera del negozio di ortofrutta, trasformata in luogo di incontri tra mafiosi.
«Antonio ti ho chiamato – affermava Melodia – picchi prima ri farici dannu a chisti ddocu vogghiu sapiri a cu apparteneno e si calano a testa», dice Melodia a Stella. Prima di specificare che «per 150mila euro, devono portare tremila euro». Tutti dovevano pagare. Il pizzo, spiegava u dutturi, era necessario «perché ci sono persone da mantenere». A fare da intermediario per la riuscita dell’operazione, doveva essere il vecchio boss di Mazara del Vallo, Vito Gondola, attualmente in carcere. Gli investigatori hanno accertato come Stella in più occasioni abbia incontrato il boss mazarese. Gli amministratori dell’azienda, dal canto loro, ascoltati dai magistrati hanno negato di aver mai ricevuto richieste estorsive.
Nel mirino di Melodia, sarebbe finito anche il proprietario di una nota catena di supermercati. L’imprenditore, dopo essere stato minacciato, presenta però la denuncia. Di fronte all’abitazione del padre, era stato infatti rinvenuto un bidone, contenente del liquido, con sopra attaccati tre proiettili e un accendino. Convocato dal pubblico ministero, il proprietario del supermercato fa mettere a verbale di aver ricevuto la visita di un uomo che gli avrebbe offerto il suo aiuto per risolvere la vicenda. Aiuto che l’imprenditore, però, rifiuta.
Un altro episodio ritenuto importante dagli investigatori, vede invece protagonista Vito Turriciano, attualmente in carcere. Il 70enn è stato arrestato e condannato a 12 anni, nell’ambito dell’operazione Cemento del golfo. Proprio a lui Melodia avrebbe affidato l’estorsione ai danni di un’impresa edile impegnata nella costruzione di alcune villette a Scopello. Nel marzo del 2015, Turriciano avvicina all’interno di un bar l’amministratore della società. «Non lo sapete come vi dovete comportare quando uscite fuori paese a lavorare? Non lo sapete che dovete passare da quelli del posto?», ricorda Turriciano.
L’imprenditore, tuttavia, non cede alla prima richiesta. Melodia non accetta la resistenza e chiede al fedelissimo Salvatore Giacalone – anche lui arrestato ieri – di intervenire. A nulla sono servite le giustificazioni da parte dell’uomo che continuava a non pagare perché «in un momento di grave crisi economica». Il pizzo a Cosa nostra, ribadisce Melodia, va pagato. E alla fine, come confermato dal fratello della vittima ai magistrati, l’imprenditore cede, spaventato dall’incendio di un box per cavalli appartenente alla famiglia. L’uomo, secondo quanto si legge nell’ordinenza, avrebbe versato duemila euro a Melodia e 1500 euro a Turriciano.