Mafia, il nuovo clan Nicotra di Misterbianco Otto arresti all’alba per traffico di cocaina

Un’attività tramandata in famiglia, capace di resistere persino all’emigrazione. E’ il traffico di droga del clan Nicotra a Misterbianco, interrotto a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 da una sanguinosa faida con i rivali malpassoti e ripreso da alcuni anni, dopo il rientro in terra sicula dei superstiti, allora fuggiti verso la Toscana e l’Emilia Romagna. Dopo un anno e mezzo di indagini da parte della procura etnea, sono scattati questa mattina all’alba otto arresti condotti dai carabinieri di Catania. Gli arrestati sono accusati di far parte di un’organizzazione dedita al traffico di cocaina tra Misterbianco e Belpasso, gruppo riconducibile, secondo gli investigatori, a Mario Nicotra, detto Mario u Tuppo, ucciso nel 1989 nel pieno centro di Misterbianco a causa di una faida con il clan del rivale Giuseppe Pulvirentiu malpassotu.

Il clan di Nicotra, con base a Misterbianco e a Belpasso – da cui prendono il nome i più noti malpassoti – è il gruppo con l’organizzazione più longeva sul territorio. Eppure, nonostante la crescita del gruppo di Pulvirenti, tutto sembra procedere secondo una civile convivenza. Fino a quando gli interessi sempre crescenti non spingono il clan di Belpasso all’attacco per la conquista assoluta della zona. Una faida sanguinosa in cui perdono la vita il capo della fazione rivale, Mario Nicotra, e diversi suoi uomini. Tra questi, anche il cognato di Nicotra, Giuseppe Avellino, che ne aveva preso il posto di leader. Chi è riuscito a sopravvivere, si è rifatto una vita in Toscana ed Emilia Romagna.

Ma non ha mai dimenticato la carriera criminale, secondo la procura etnea. Al loro rientro a casa, in Sicilia, gli scappati – come vengono soprannominati i superstiti della faida – riorganizzano il clan, basato soprattutto sul traffico di droga. Il quartier generale del nuovo gruppo è il bar Roma, più noto come bar Stadio, in zona a Pugghia, a Misterbianco: «Ci vediamo in ufficio», dicono gli arrestati tra loro per intendere il locale pubblico. Strategie, incontri e decisioni vengono tenute sotto controllo dagli investigatori con l’aiuto di una telecamera nascosta e di intercettazioni telefoniche e ambientali. Lì, per diciotto mesi, chi indagava ha assistito da lontano agli affari tra il clan Nicotra e il gruppo calabrese, di Marina di Gioiosa Jonica, dei Bevilacqua.

Scadenze mensili per il rifornimento di cocaina, camuffata da cavalli nelle conversazioni tra i due gruppi. Il numero di cavalli pronunciato dai Bevilacqua significava per i Nicotra il numero di chili di cocaina disponibile, mentre le caratteristiche dei presunti animali – «Duro di bocca, buono per passeggiare, duro nelle redini, vincente» – avrebbero rivelato la qualità della sostanza stupefacente. Una volta stabilito l’affare, a occuparsi del trasporto erano gli stessi calabresi. Che in un’occasione – giugno 2011 – sono stati fermati dai carabinieri etnei.

Ad attendere la merce stava Gaetano Nicotra, fratello dell’ex capo Mario, pregiudicato, nuovo leader del gruppo. Ai suoi ordini e come suo tramite gli investigatori hanno identificato i nipoti Antonio e Gaetano, mentre a occuparsi della manovalanza sarebbero stati Giuseppe Avellino, Antonino Rivilli, Daniele Musarra – titolare di una rivendita di autousate a Belpasso -, Giovanni Sapuppo e Daniele Di Stefano. Tutti arrestati e trasferiti nelle carceri di Piazza Lanza e Bicocca.


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