I due colossi della spazzatura sono finiti sotto la lente d'ingrandimento della magistratura. Nell'inchiesta Gorgoni spuntano i nomi di dipendenti pubblici, imprenditori, cronisti e pregiudicati legati ai clan Cappello e Laudani. Tutti complici, secondo gli inquirenti, di un sistema di appalti irregolari. Guarda i video
Mafia e rifiuti, sequestrate le ditte Senesi ed Ef Sostegno dai clan e presunti patti su Aci Catena
Sequestrate, per intero. Le ditte
Senesi ed Ef servizi ecologici da oggi sono in mano all’autorità giudiziaria. È l’esito più eclatante dell’inchiesta Gorgoni della procura di Catania, eseguita dalla Direzione investigativa antimafia di Catania. Così i due colossi dei rifiuti – operanti in tutta la provincia e, la Senesi, anche nella città di Catania – finiscono travolti dalla nuova indagine sulla contiguità tra la mafia – in particolare i clan Cappello e Laudani – e la gestione dei rifiuti nel territorio etneo. A finire in manette Rodolfo Briganti, legale rappresentante della Senesi, accusato di corruzione; e Vincenzo Guglielmino, amministratore della Ef, accusato di associazione mafiosa, turbata libertà di scelta del contraente e corruzione. Assieme a loro altre 14 persone, tra le quali Gabriele Astuto e Domenico Sgarlato, dipendenti del Comune di Trecastagni, con le accuse entrambi di corruzione e turbata libertà di scelta del contraente.
Tra gli altri insospettabili finiti nel mirino delle forze dell’ordine anche il giornalista catenoto
Salvo Cutuli, che avrebbe fatto da mediatore tra Briganti – col quale «sussisteva uno stretto legame», scrivono gli inquirenti – e l’ex sindaco di Aci Catena Ascenzio Maesano. L’accusa, nei confronti del noto cronista, è di corruzione. Assieme a funzionari pubblici, imprenditori e professionisti, scattano le manette anche per Salvatore Carambia (Turi ‘u turcu), Pietro Garozzo, Giuseppe Grasso, Vincenzo Papaserio, Lucio Pappalardo, Fabio Santoro, Raffaele Scalia (detto Ele) e Agatino Scuderi: tutti pregiudicati, tutti accusati di associazione mafiosa. Arresto anche per Luca Santoro, gemello di Fabio, ma non pregiudicato (accusato di associazione mafiosa anche lui), Angelo Piana e Alessandro Mauceri, accusati di turbata libertà di scelta del contraente aggravata e corruzione.
L’indagine prende le mosse nel 2015: viene emessa un’interdittiva antimafia nei confronti della Ef servizi ecologici, che spinge gli inquirenti a cercare di capire quali fossero gli altri legami dell’azienda all’ombra dell’Etna. Anche se il provvedimento prefettizio viene annullato nel 2016 (e
successivamente ribadito a luglio 2017), gli accertamenti delle forze dell’ordine continuano. Soprattutto per via del ruolo di Vincenzo Guglielmino (padre del più noto Giuseppe, anche lui titolare di un impero coi pilastri fatti di spazzatura) e dei suoi rapporti con esponenti dei clan Cappello e Laudani. In primo luogo con Massimiliano Salvo (il presunto boss noto per la questione della candelora che balla nei pressi della sua abitazione, nel 2015, nonché figlio del capomafia Pippo e fratello di Giampiero), con il quale Guglielmino si sarebbe incontrato spesso. E che altrettanto spesso avrebbe ricevuto dall’imprenditore sostanziose somme di denaro.
I fiumi di soldi derivanti dalla raccolta della spazzatura nel Catanese sarebbero serviti anche a mantenere quella che gli investigatori definiscono una «pax mafiosa» tra le cosche. Necessaria per evitare di attirare l’attenzione degli investigatori tra conflitti e intimidazioni. In questo contesto si inserisce la gara per la nettezza urbana nel Comune di Aci Catena: andato alla Ef servizi ecologici dopo una
lunga disputa, anche giudiziaria, proprio con la Senesi. Secondo la procura, Massimiliano Salvo (per il clan Cappello) e Lucio Pappalardo (per i Laudani) avrebbero intavolato una trattativa per l’aggiudicazione del servizio. Una sorta di mediazione, per fare da uomini di pace tra l’imprenditore Vincenzo Guglielmino e il sindaco Ascenzio Maesano, non in buoni rapporti per motivi economici.
Il lavoro di intermediari, però, non sarebbe andato a buon fine. Perché Maesano avrebbe raggiunto, scrivono i magistrati, un accordo con Rodolfo Briganti della Senesi. Quest’ultimo, tramite il giornalista Cutuli, avrebbe fatto arrivare a Maesano «
somme imprecisate di denaro per sostenere la sua futura campagna elettorale». In cambio, Maesano avrebbe dovuto ottenere l’annullamento delle sanzioni erogate dal Comune alla Senesi per alcune inadempienze nell’esecuzione dell’appalto sulla munnizza catenota.
Aggiornamento del 25 luglio 2021
In data 15 luglio 2021, il tribunale di Catania ha disposto l’assoluzione ex art. 530 c.p.p. di Rodolfo Briganti perché il fatto non sussiste.