Mafia dei pascoli, le risposte dello Stato alle cosche Dal portare via vacche sacre alla gestione pubblica

Portare via le vacche sacre dai Nebrodi e dare la possibilità ai Comuni di gestire imprenditorialmente i terreni demaniali sottratti alle imprese in odor di mafia. Si muove su queste due direttrici la risposta nei confronti di quanto da mesi starebbe succedendo tra i pascoli dell’entroterra ennese. Il caso è venuto fuori con la denuncia del sindaco di Troina Fabio Venezia, oggi in commissione regionale antimafia per parlare di quello che ha definito «un nuovo attacco allo Stato», dopo i provvedimenti che negli anni passati sono stati disposti dalle prefetture nei confronti di quelle aziende agricole accusate di essere permeabili alla criminalità organizzata. Per Venezia, che da pochi minuti ha concluso la propria audizione, gli stessi allevatori ritenuti vicini ai clan, continuerebbero a fare pascolare i propri animali sfruttando alcuni prestanome.

A tal proposito, stamattina si è tenuta una riunione alla prefettura di Messina, a cui hanno preso parte anche i rappresentanti provinciali delle forze dell’ordine. Dal confronto sarebbe emersa la volontà di mandare un messaggio forte a chi crede di potere farsi beffa delle decisioni in tema di antimafia. Ed è in tale ottica che intervenire direttamente sugli animali sarebbe la mossa più immediata. I dettagli di tale operazione al momento non si conoscono. In passato ad affrontare il problema delle vacche sacre – in modo drastico e non senza innescare polemiche – era stato l’allora prefetto di Reggio Calabria Claudio Sammartino, oggi prefetto a Catania: Sammartino, nel 2015, ordinò l’abbattimento degli animali riconducibili ai clan, esemplari che si aggiravano per campi e paesi portando in giro il peso delle ‘ndrine. In Calabria, quello delle vacche sacre è un fenomeno che affonda le radici negli anni Ottanta e che non è stato esente da fatti di sangue.

Come detto, però, in ballo ci sarebbe un’altra proposta che chiamerebbe in causa anche la parte politica. L’argomento ha trovato posto anche nell’audizione di oggi di Venezia. L’idea sarebbe semplice: permettere ai Comuni di formare società a partecipazione pubblica che si occupino direttamente della gestione dei terreni demaniali, specialmente quelli tolti alle aziende raggiunte da interdittiva. Per fare sì che il progetto possa avere un futuro ci sarebbe però la necessità che anche il pubblico possa accedere ai fondi dell’Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura. A riguardo Venezia ha consegnato oggi nelle mani del presidente della commissione, Claudio Fava, un emendamento alla normativa nazionale.


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