Foto di Cisma Ambiente

Mafia, scatta la confisca ai beni dei Paratore. Un impero economico all’ombra del boss Maurizio Zuccaro

Quello di Antonino Paratore è un vero e proprio impero economico, che spazia dai rifiuti al settore balneare fino alla pulizia dei grandi ospedali, costruito grazie agli stretti legami con la famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Di questo sono convinti i magistrati della procura di Catania e, per ultimi, anche i giudici del tribunale misure di prevenzione. Il collegio, presieduto da Roberto Passalacqua, ha infatti disposto la confisca dei beni dell’imprenditore, già sottoposti a sequestro negli anni scorsi. Il provvedimento di confisca – datato 10 agosto 2024 -, come accertato da MeridioNews, riguarda non solo Antonino Paratore ma anche il figlio Carmelo e il sanguinario boss ergastolano Maurizio Zuccaro, cognato di Vincenzo Santapaola e nipote del capomafia Nitto Santapaola.  Ed è proprio sui presunti legami con quest’ultimo che si basa la decisione dei giudici. Un déjà vu che rimanda anche all’inchiesta Piramidi, che fece scattare le manette ai polsi dei Paratore, e al processo tutt’ora in corso.

«Il dibattimento ha permesso di accertare la sproporzione dei beni di Paratore – si legge nel provvedimento – rispetto al loro reddito e alla loro attività economica. Ci sono indizi sufficienti per ritenere che essi siano stati conseguiti utilizzando i frutti dell’attività illecita di Zuccaro e ne costituiscano il reimpiego». Secondo il perito incaricato dal tribunale, dal 1991 al 2019, gli imprenditori avrebbero avuto sempre un saldo negativo tra entrate e uscite «con costante sperequazione economica», precisano nel documento. Il core business dei Paratore è stato la Cisma ambiente società – finita in amministrazione giudiziaria dopo il sequestro – che gestisce la discarica di Melilli (in provincia di Siracusa), ma si occupa anche di attività di intermediazione e trasporti di rifiuti per conto terzi. Oltre i cancelli della Cisma, in un paradossale controsenso tutto siciliano per una Regione costretta a spedire all’estero la propria spazzatura, è stato smaltito il polverino dell’altoforno dell’Ilva di Taranto.

Diversi collaboratori di giustizia hanno parlato della «costante cointeressenza economica nel corso degli anni dello Zuccaro nelle imprese (e, in particolare, di quelle nel settore delle pulizie degli ospedali catanesi, nel settore della gestione dei rifiuti e in quello balneare) di Antonino Paratore e del figlio di questi». Per i magistrati, il boss dei Santapaola-Ercolano sarebbe stato socio occulto dell’imprenditore, trovando in quest’ultimo un canale in cui fare confluire le ingenti risorse economiche della sua decennale partecipazione ai vertici di Cosa nostra. Soldi che avrebbero garantito, allo stesso tempo, l’espansione imprenditoriale di Paratore e la protezione sia nei confronti dei Santapaola stessi che dei clan rivali attivi a Catania e provincia. Un legame, quello tra Zuccaro e Paratore, che non era riferibile solo agli affari: Antonino Paratore è stato, nel 2004, padrino di battesimo della figlia di Zuccaro, mentre il figlio Carmelo nel 2007 ha fatto da testimone di nozze a Rosario Zuccaro, condannato nel 2023 – in primo grado – a 13 anni per mafia nell’ambito del processo Zeta.

Per i giudici del tribunale misure di prevenzione, la pericolosità sociale di Antonino Paratore e del figlio sarebbe ancora attuale e andrebbe oltre al periodo indicato nel processo penale, ossia il 2010. Per questo motivo, oltre alla confisca dei beni – già finiti sotto sequestro in passato – è stato disposta per i due imprenditori la misura della sorveglianza speciale con l’obbligo di tornare a casa entro le 21 e di non uscire prima delle 6. Tra le tante prescrizioni in elenco c’è anche quella di «non accedere agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico intrattenimento nei giorni e durante i giorni feriali dalle 18 alle 8». Diverso il quadro per Maurizio Zuccaro, condannato all’ergastolo nel 2020 per l’omicidio di Luigi Ilardo, il pentito che da infiltrato aveva portato il Ros dei carabinieri al covo dell’allora latitante Bernardo Provenzano. I giudici per Zuccaro hanno deciso di rigettare la richiesta di applicazione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. La motivazione viene messa nero su bianco nelle 13 pagine del provvedimento, in quanto al capomafia «è già stata applicata per la massima durata consentita dalla legge (cinque anni, ndr)».


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