Mafia a Randazzo, riorganizzazione dei Laudani con Turi Sangani. Ombre su elezioni e «interferenze nei confronti del sindaco»

Sarebbe stato Salvatore Turi Sangani a reggere le fila del clan mafioso dei Laudani nel territorio di Randazzo, in provincia di Catania. Il dato è contenuto nell’ultima inchiesta antimafia, ribattezzata Terra bruciata, che ha colpito la città medievale. Sangani, a partire dal 2008, si sarebbe sostituito al fratello detenuto per triplice omicidio Oliviero Sangani. Per le comunicazioni il presunto reggente avrebbe utilizzato una rete di contatti telefonici riservati tramite sim intestate a ignari cittadini extracomunitari. Durante l’inchiesta è emerso l’immancabile utilizzo di nomi in codice per specificare i luoghi dei summit, gli stessi in cui Sangani avrebbe imposto ai sodali di non portare cellulari al seguito. Le persone coinvolte nel blitz, destinataria delle misure cautelari, sono 21 mentre per altre 13 è stato disposto l’avviso di conclusione delle indagini. Sotto la lente d’ingrandimento della procura di Catania, che ha delegato le indagini ai carabinieri del comando provinciale etneo, anche l’attività politica in città. In particolare per le amministrative del 2018 sono emerse «le interferenze del gruppo – si legge in una nota stampa inviata ai giornali- nei confronti del sindaco Francesco Sgroi e dell’ex consigliere Marco Crimi» (NOTA: un nome è stato espunto in seguito a richiesta di diritto all’oblio, in quanto archiviato per infondatezza della notizia di reato il 24 marzo 2023).

Negli affari del clan Sangani avrebbe ottenuto la collaborazione dei figli, Francesco e Michael, e del nipote Samuele Portale, con quest’ultimo che è stato indicato come vero e proprio braccio destro dello zio, tanto da essere stato incaricato di partecipare ad alcuni incontri con esponenti di altri clan mafiosi. Il clan dei Laudani di Randazzo avrebbe gestito un traffico di droga un vero e proprio arsenale oltre a occuparsi di estorsioni per il mantenimento degli affiliati detenuti. Il modus operandi prevedeva l’utilizzo di soggetti insospettabili e apparentemente sganciati dal sodalizio per avvicinare le vittime. Uno di loro è stato beccato dai carabinieri dopo avere riscosso quattromila euro da un imprenditore randazzese. Tra gli aneddoti legati al blitz c’è anche il fatto che Portale aveva chiamato i suoi due cani Messina e Denaro, con chiaro riferimento al latitante di Cosa nostra di Castelvetrano Matteo Messina Denaro.

I nomi degli arrestati:
Salvatore Sangani, detto Turi, 1964
Francesco, detto Paolo, Sangani, 1986
Samuele Portale, 1988
Pietro Pagano, detto Piero, 1981
Vincenzo Lo Giudice, detto Mastro, 1965
Salvatore Crasti Saddeo, detto u Niuru, 1976
Michael Sangani, 1995
Marco Portale, 1982
Francesco Gullotto, detto Ciccio, 1977
Fabrizio Rosta, detto Panzerotto, 1991
Vincenzo Gullotto, detto Breakdance, 1974
Giuseppe Costanzo Zammataro, detto Pippo u pazzu, 1963
Giuseppe Sciavarello, 1980
Alfredo Mangione, detto u Cumpari, 1968
Daniele Camarda, detto Parillitta, 1970
Salvatore Bonfiglio, 1990
Salvatore Russo, 1996
Christian Cantali, detto San Martino, 1997
Francesco Rapisarda, detto Ciccio Ninfa, 1975
Antonino Lupica Tonno, 2001


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