L’Ungheria si è liberata dai debiti. E l’Italia?

E’ ARRIVATO IL MOMENTO, A POCH MESI DALLE ELEZIONI EUROPEE, DI INTERROGARCI SU QUALE EUROPA UNITA VOGLIAMO

L’Ungheria, Paese membro dell’Unione europea, rispetto alla zona euro è in fase di ‘rodaggio’. Nel senso che staziona temporaneamente nella zona Sme 2, che è una fase propedeutica obbligatoria di avvicinamento all’euro, procedura stabilita dall’Unione per incanalare i Paesi che vengono ammessi ad approssimarsi all’area euro vera e propria.

Recentemente, in fase di adeguamento delle proprie strutture economiche ai parametri richiesti per far parte della zona euro, si è trovata nelle condizioni di dovere ricorrere agli aiuti del Fondo monetario internazionale. Ha scontato, cioè, sulla propria viva pelle cosa significa entrare nelle grinfie del sistema finanziario internazionale. Quanto di peggio possa capitare ad un Paese che necessiti di quegli aiuti.

Non è per puro orgoglio che il Governo Monti si è categoricamente rifiutato di ricorrervi, sapendo benissimo (e lui, Monti, sì che sene intende!) che una volta dentro ai meccanismi e agli obblighi pretesi dal Fmi, sono guai seri.

Il ministro ungherese dell’Economia, Viktor Orban (nella foto a destra), ha dichiarato a questo proposito come e perché l’Ungheria ha saldato in anticipo il debito di oltre 2 miliardi di dollari, contratto con il Fondo monetario internazionale attraverso “una pratica di bilancio disciplinata ha ripagato in anticipo, il 12 agosto 2013 anziché alla scadenza del marzo 2014. L’Ungheria gode della fiducia degli investitori che non sono né il Fmi, né la Fed, né altri tentacoli dell’impero finanziario dei Rothschild”.

Il riferimento è agli investitori che producono in Ungheria per gli ungheresi, creando crescita economica vera e non già ‘crescita di carta’. ”Così l’Ungheria pur di liberarsi dagli schiavisti del debito ha chiuso anticipatamente le sue pendenze finanziarie”. Adesso l’Ungheria stampa moneta senza debito.

Alcune di queste notizie le abbiamo ricavate da Informare.over-blog. Notizie che abbiamo arricchito con altre tratte direttamente dai siti ungheresi. Da questi, tra l’altro, si apprende che il governatore della Banca centrale ungherese, Gyorgy Matolscsy, aveva scritto a Christine Lagarde, la signora francese che dirige il Fondo monetario internazionale, di togliere l’ufficio del Fondo da Budapest perché l’Ungheria non ne ha bisogno, stante che il suo Paese è in grado di finanziarsi in autonomia.

La vicenda ungherese dimostra, ancora una volta, che il sistema finanziario internazionale è malato e continua a nuocere alla rapida ripresa economica dalla crisi che lo stesso sistema finanziario internazionale ha provocato a partire da cinque-sei anni addietro, attraverso l’emissione di titoli tossici da parte delle banche statunitensi. Quest’operazione ha creato un’economia di carta a tutto discapito dell’economia reale.

Abbiamo ripreso questa notizia per la semplice ragione che è emblematica della considerazione nella quale viene tenuta l’alta finanza da chi ha solo voglia di lavorare e di produrre ricchezza. Costoro avvertono sulla propria pelle l’azione parassitaria della finanza e prima si riesce a liberarsene meglio è.

A questo proposito la recente decisione della Banca centrale europea (Bce) di abbassare i tassi si presta ad una doppia lettura. Da una parte, all’origine, c’è l’intenzione di mettere al servizio della ripresa economica denaro a minor costo, purché questo venga messo a disposizione delle imprese e delle famiglie; dall’altra parte c’è il rischio che il minor costo avvantaggi le banche nel processo di accumulazione derivante dagli impieghi delle loro disponibilità nell’acquisto di titoli del debito pubblico dei Paesi che versano in difficoltà. In questo modo realizzando margini di guadagno senza eccessivi costi e senza rischio di mercato. Non è un caso che al provvedimento di Mario Draghi le Borse hanno esultato e brindato alla buona novella.

A questo proposito viene avanti una preoccupazione: ha senso abbassare i tassi per concedere prestiti alle banche senza vincolo di mandato?

La Banca centrale europea amministra denaro pubblico e perciò stesso i suoi impieghi debbono avere finalità d’interesse pubblico. Ora queste agevolazioni finanziarie accordate alle banche a quale finalità sono vincolate?

In questa semplice operazione c’è tutta la precarietà della funzione che attualmente è affidata alla Bce. In assenza di un organo di direzione politica che indichi le priorità e le finalità, la Banca centrale le politiche se le dà da se, ma i soldi sono i nostri.

Ora esaminiamo il provvedimento della Bce e rapportiamolo alle politiche prevalenti nell’Unione europea. Queste in atto sono contrassegnate dalla Austerità. Bene, se assumiamo questo indirizzo, quale linea strategica l’Europa deve assumere per superare la crisi (cosa assai difficile da dimostrare)? La linea dell’abbassamento dei tassi è in palese antitesi con la strategia economica. Se, viceversa, l’abbassamento dei tassi vuole favorire la ripresa produttiva dell’economia e del mercato, l’affidamento di denaro a basso costo senza vincoli di destinazione alla finalità dello sviluppo appare una eresia economica.

Com’è facilmente intuibile la questione europea è tutta politica. E dovrà essere questo il tema centrale della prossima campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo: quale Europa vogliamo? Se è una Europa politica dei popoli e della federazione di Stati, varrà la pena di andare a votare. Se, invece, si tratterà di rivotare per una Europa-area di libero scambio non è il caso nemmeno di scomodarsi ad andare alle urne, perché di questa Europa ne facciamo volentieri a meno.

A questo proposito ci permettiamo di suggerire al presidente del Consiglio, Enrico Letta, un consiglio per il prossimo semestre di presidenza europea dell’Italia. Abbiamo sei mesi pieni di preparazione dell’agenda da proporre in quel semestre. Poniamo al primo punto dell’ordine del giorno di quel semestre strumenti finalizzati a creare le istituzioni di governo unitario dell’Unione europea: poteri del Parlamento, Governo e sistemi di partecipazione della cittadinanza, nonché proposte, magari, accompagnate da misure economiche che abbandonino la strada del rigore e si avviino su quella dello sviluppo e della crescita.

Siamo uno dei principali Paesi fondatori dell’Europa unità. Bene, recuperiamo le finalità originarie e imponiamole al dibattito pubblico europeo ed al vaglio degli attuali organi di decisione e di governo.

 


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