L’attivista palermitano accusato di terrorismo: in un carcere di alta sicurezza per «un gesto simbolico di protesta»

Un vigile del fuoco 42enne di Palermo paragonato a un terrorista dell’Isis. Da anni attivista del centro sociale dell’Ex carcere di Palermo ed esponente del movimento indipendentista Antudo, durante una manifestazione di protesta del novembre del 2022, avrebbe lanciato due fiaccole incendiarie contro la sede della Leonardo Spa, un’azienda – partecipata al 33 per cento dallo Stato – del settore aerospaziale, della difesa e della sicurezza. Oggi si trova nel carcere di alta sicurezza di Alessandria (in Piemonte) accusato di terrorismo, detenzione di ordigno micidiale e istigazione a delinquere finalizzata al compimento di attività terroristiche. «Continuiamo nel nostro percorso di lotta a testa alta – ha scritto dalla sua cella in una lettera per i compagni di Antudo – e facciamo tutto ciò che ci è possibile per far sentire la voce dei popoli oppressi e dar forza alla loro lotta di liberazione. Non lasciamoci intimidire né distrarre dalla repressione. Siamo dalla parte giusta della storia».

La sua di storia inizia la notte del 26 novembre 2022 quando, davanti al civico 79 di via Villagrazia a Palermo, Spera avrebbe lanciato oltre il cancello dell’azienda Leonardo Spa due bottiglie di liquido infiammabile. Molotov che sarebbero arrivate nello spazio esterno del parcheggio, in un momento in cui era deserto, generando una fiammata durata pochi secondi. «Si è trattato di un’azione dimostrativa – spiega a MeridioNews l’avvocato Giorgio Bisagna che lo difende – organizzata come segno di protesta dopo gli attacchi dell’offensiva turca ai danni del Kurdistan». Un episodio che viene ripreso con un video poi diffuso proprio da Antudo. Sette mesi dopo, vengono disposte perquisizioni e sequestri (di cellulari e altri dispositivi) nei confronti di sei persone. Tra queste c’è anche Luigi Spera. Il pompiere 42enne sposato e padre di due figli, viene sottoposto ai prelievi del Dna e indagato per attentato terroristico aggravato dall’avere utilizzato ordigni micidiali e con rischio per l’incolumità pubblica. Un reato (il 280bis del codice penale) per cui è prevista una pena che va dai cinque ai dieci anni di reclusione. A questo si aggiunge la detenzione di quello che viene definito un «ordigno micidiale» e anche l’istigazione a delinquere finalizzata al compimento di attività terroristiche.

Da quel momento, tutto tace. Fino al mese scorso, quando il 42enne viene arrestato e portato nel carcere Pagliarelli di Palermo. È la più dura misura di custodia cautelare quella richiesta dal pubblico ministero per Luigi Spera e altri due indagati, Marco e Domiziana. Accolta dalla giudice per le indagini preliminari che, però, avanza come ipotesi di reato non quella di terrorismo – per cui è necessario che vi sia una matrice eversiva e l’intento di ingenerare timore e soggezione nelle istituzioni o in soggetti collegati – bensì quella di incendio. Eppure, Luigi Spera – che ha anche precedenti per resistenza a pubblico ufficiale – finisce in carcere con la qualificazione giuridica per cui è indagato, ovvero quella di terrorismo.

Detenuto nell’area di alta sicurezza del Pagliarelli di Palermo, come deciso dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) viene trasferito nel carcere San Michele di Alessandria dove l’alta sicurezza è di livello 2, più alto. «Questo perché viene ritenuto un soggetto particolarmente pericoloso accusato di uno dei reati più gravi», precisa il suo difensore che ha presentato istanza al tribunale del Riesame. Contemporaneamente, anche il pm ha fatto appello contro la decisione della gip della riqualificazione giuridica. Così, per Spera la misura detentiva viene confermata e il reato riqualificato di nuovo in attentato terroristico. L’appello, adesso, è fissato per il 3 e il 4 maggio.

Da anni militante nel centro sociale palermitano, Spera è attivo soprattutto nella palestra popolare, ma anche per il doposcuola ai bambini e in diverse attività di animazione territoriale. «Vorrei rincuorare quanti si sono preoccupati per la mia situazione – si legge nella lettera che l’attivista ha scritto dalla sua cella – Sto bene e mi sento in forze […] Qui sono U pumpieri e mi hanno cantato la canzoncina Il pompiere paura non ne ha! Un ragazzo nella cella di fianco alla mia mi ha detto: “Ma come quelli lucrano e si arricchiscono fabbricando armi, fanno morire una marea di persone innocenti e a te ti trattano da terrorista?“». Da Antudo, intanto, hanno lanciato una raccolta firme per chiedere la scarcerazione di Luigi Spera.


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