L’Ue colpisce ancora: 55 miliardi per salvare le banche, pagano i cittadini

OGNI STATO DOVRA’ TRASFERIRE RISORSE PER GARANTIRE LE BANCHE IN CRISI…

Non ci vedono e non ci sentono gli oligarchi dell’Ue. In mezza Europa dilaga la protesta e cresce il malcontento contro l’euro e contro le politiche economiche di una Unione europea in mano a lobby  finanziarie, ma loro vanno avanti.  Continuano ad investire soldi pubblici per salvare le banche, mentre i popoli sono alla fame.

E con una arroganza fastidiosa per l’intelligenza comune, presentano le loro  manovre  come successi storici. E’ il caso  dell’accordo, raggiunto nella notte, sul meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie. Un risultato ”storico”, come lo definisce il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, tale da indurre a ”fare un raffronto con un’altra importante e storica conclusione che era quella dell’Unione monetaria”.  Una garanzia, insomma, visti i risultati dell’Unione monetaria…

L’accordo raggiunto dopo circa dodici ore di negoziato extra prevede la creazione di un fondo unico di risoluzione, che iniziera’ ad essere attivo dall’1 gennaio 2015 e verra’ costituito entro dieci anni. Per il 2025 il fondo avra’ in sostanza la sua capacita’ di intervento massima di circa 55 miliardi di euro. Il meccanismo unico di risoluzione si applichera’ a circa 250 banche, circa il doppio di quelle vigilate direttamente dalla Bce (130). Si applichera’ non solo alle banche sistemiche ma anche a quelle con attivita’ transfrontaliere, e interessera’ tutti i paesi che partecipano al meccanismo unico di vigilanza, vale a dire i diciassette dell’Eurozona (diciotto da gennaio, con l’ingresso della Lettonia) e tutti quelli fuori dall’Euro che desiderano unirsi attraverso trattati di collaborazione.

I paesi con la moneta unica negozieranno ”entro l’1 marzo 2014” un accordo intergovernativo sul funzionamento del fondo unico di risoluzione per il trasferimento di contributi nazionali al fondo unico e la ”progressiva mutualizzazione”. Tale accordo entrera’ in vigore dopo la ratifica degli stati membri partecipanti all’unione bancaria (meccanismo di vigilanza e meccanismo di risoluzione) che rappresentano l’80% dei contributi del fondo di risoluzione. Secondo uno schema misto nazionale-comunitario, saranno i fondi nazionali ad essere utilizzati nelle prime fasi di crisi bancarie con un sempre maggior ricorso alle finanze extra-nazionali.

Questa la descrizione ufficiale. Ma che significa veramente? Lo ha spiegato bene, stamattina, su Rainews24, Cesare Pozzi, docente di Economia alla Luiss di Roma: ” Bisogna chiedersi a chi servirà questo fondo. Non mi pare che sarà utile all’Italia, dove tutto sommato, tranne qualche eccezione dovuta ad una cattiva amministrazione le banche sono abbastanza solide e dove la propensione al risparmio privato è altissima. Il rischio, insomma, che ancora una volta l’Italia, che è contribuente netto, dà cioè all’Ue più di quello che riceve, si ritrovi a pagare per altri“.

Ancora una volta, un Governo nazionale che non riesce a trovare due miliardi per evitare l’aumento dell’Iva, alla faccia dei disoccupati e degli esodati, sottopone gli italiani ad un diktat degli oligarchi europei, caro ed amaro.

 


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