Contraria alle manifestazioni di piazza, la neonata associazione universitaria dice la sua sulla riforma auspicando la ricerca di una soluzione in accordo col Rettore. Ecco la sua visione a proposito delle spese dellAteneo e la sua ricetta su come sfruttarne al meglio le poche risorse
Logos: No alle proteste, sì al dialogo
Placare gli scontri, favorire dialogo e confronto: è l’obiettivo dichiarato dell’associazione universitaria Logos di Catania che ha da poco iniziato la propria militanza all’interno dell’Ateneo. Martedì scorso in Piazza Stesicoro i membri dell’associazione hanno distribuito volantini informativi insieme alle associazioni “Impulso” e “Uni-One” e in questi giorni stanno lanciando nelle facoltà catanesi le loro proposte sulla gestione dei pochi fondi a disposizione. Angelo Alù, presidente della Logos e studente di Giurisprudenza, ci chiarisce gli obiettivi dell’iniziativa.
«E’ vero – spiega Alù – che tanti sono i punti negativi della manovra Gelmini. Tuttavia sono stati lanciati slogan che hanno focalizzato aspetti solo marginali della riforma stessa. Da un’attenta analisi degli articoli della legge (16, 17 e 64) si evince che le università non hanno l’obbligo di trasformarsi in fondazioni ma soltanto la “facoltà”, se così viene deciso dalla maggioranza del senato accademico. E’ stato invece passato sotto silenzio l’aspetto più significativo e drammatico di questa riforma, ovvero il taglio di un miliardo e cinquecento milioni di euro sul fondo ordinario dal quale gli atenei attingono i finanziamenti».
L’associazione tiene a differenziarsi rispetto alle proteste più o meno creative che hanno interessato tutta Italia e infiammato anche Catania. «Ciò che ispira la nostra forma di comunicazione – prosegue Alù – è oggettivamente e diametralmente opposto a ciò che ha ispirato le altre realtà perché crediamo che proprio evitando l’aggressività dei toni e lo scontro si possano ottenere risultati significativi. A legge approvata, organizzare puri atti scenografici di protesta ci pare assolutamente inutile. Allo stesso modo consideriamo una grave violazione del diritto allo studio procedere all’occupazione o autogestione di aule pubbliche. Ecco perché la mia associazione ha deciso di organizzare finestre di dialogo e confronto».
Quanto ai prossimi passi dell’associazione, Alù sottolinea di avere trovato «la massima apertura e disponibilità da parte del rettore Recca al quale deleghiamo l’oneroso mandato di rappresentarci a livello nazionale». E annuncia le prossime iniziative: «formulazione di un documento ufficiale che terrà conto dei suggerimenti di tutti gli studenti che in questi giorni andremo a sensibilizzare tramite operazioni di volantinaggio e informazione all’interno delle diverse facoltà dell’Ateneo. La nostra iniziativa vuole dare un contributo concreto alla formazione di un dialogo unitario in modo da rivolgerci al governo nazionale chiedendo conto di questi significativi tagli alle università e nel frattempo sollecitare lo stesso Ateneo catanese ad una gestione un po’ più sensata dei fondi che, seppur diminuiti, riceveremo».
Secondo quanto affermato dall’associazione Logos, in particolare, la maggior parte degli atenei italiani spenderebbe «il 98% dei finanziamenti pubblici per il pagamento degli stipendi del proprio personale amministrativo». Una percentuale molto alta, questa fornita da Alù, che continua: «Se i fondi statali vengono utilizzati per una radicata clientela interna pare chiaro che, sia che aumentino o diminuiscano in funzione dei tagli nazionali, questi contributi dello stato non saranno mai sufficienti.
Noi crediamo che una serie di piccoli provvedimenti didattici, quali ad esempio l’aumento del numero degli appelli in un anno accademico, permetterebbero a molti studenti di accelerare il proprio percorso di studio, laurearsi in tempi più brevi e quindi pagare meno tasse all’università».
Infine, l’associazione si dichiara disponibile a partecipare a una eventuale raccolta di firme per il referendum abrogativo della riforma scolastica: «Noi saremo i primi a firmare il referendum abrogativo e ad aiutare i promotori di questa iniziativa nel caso in cui questa dovesse avere seguito. Tuttavia siamo fermamente convinti che il referendum, visto il lungo e oneroso iter burocratico, non possa portare ad un immediato e significativo cambiamento. Secondo noi la soluzione più plausibile resta appunto quella del dialogo e del confronto. E’ importante cercare di trovare assieme al Rettore una soluzione che garantisca facile vita agli studenti del nostro Ateneo per far fronte a questo momento così difficile che stiamo attraversando».