Il settore è uno di quelli che più ha avuto ripercussioni sul lavoro di ogni giorno. Adesso l'intenzione pare sia quella di continuare con lo smart working, ma con le nuove opportunità sorgono anche nuovi problemi che le aziende dovranno affrettarsi ad affrontare
Lockdown, la fase due ancora non tocca i call center «Bisogna cogliere le grandi opportunità di questa crisi»
«Abbiamo fatto un miracolo secondo me». Parla così Maurizio Rosso, segretario generale della Slc Cgil Palermo quando pensa a come il mondo del call center ha reagito alla pandemia da Covid-19. Nonostante diversi ritardi, alcuni anche piuttosto rischiosi, infatti, le aziende che hanno sede a Palermo alla fine hanno sposato la linea dello smart working, che adesso è ormai diventato pratica consolidata che ha oliato i suoi ingranaggi col tempo. Ma cosa succederà adesso che si inizia a vedere un barlume di luce e a parlare di fase due?
Verosimilmente la linea scelta dalle varie aziende pare essere quella di proseguire con il lavoro da casa. «La cosa che dobbiamo cercare di capire – spiega Rosso – è come mettere tutti nelle condizioni di lavorare in smart working. Almaviva, per esempio, ha reagito molto bene, ma alcuni lavoratori sono rimasti impantanati: chi non aveva attrezzature, chi non poteva permettersele, chi non aveva una buona linea. A me l’idea dello smar tworking non fa impazzire, ma bisogna cogliere le grandi opportunità di questo momento: tutto è cambiato e bisogna capire come arrivare a questa organizzazione del lavoro che è profondamente nuova».
Un’organizzazione nuova che non può non essere anche democratica, con tutti gli operatori messi nelle condizioni ideali per potere svolgere al meglio le proprie mansioni da casa e con aziende preparate ad affrontare problemi che fino a ora non gli appartenevano, uno su tutti la spinosa questione della linea telefonica. «Se cade la linea cosa succede? – prosegue il sindacalista – Si era fatta avanti l’ipotesi cassa integrazione per i lavoratori senza linea, ma non sempre è una strada percorribile. Credo che ci voglia una discussione seria su come affrontare il nuovo».
In ogni caso regna l’ottimismo. «Per i call center questa peste offre delle opportunità, la gente ha bisogno sempre più di servizi da remoto. Per questo bisogna capire come mettere tutti nelle condizioni per potere lavorare e dare il massimo della propria professionalità. Ci vuole molta formazione, bisogna sapere usare bene i nuovi strumenti che stanno prendendo piede proprio in virtù di questo lockdown».