Lo spot di Musumeci sulla Sicilia commentato dagli esperti «Istituzionale o elettorale? In qualunque caso è fatto male»

Come in uno degli storici sketch di Corrado Guzzanti, il cui attore satirico raffigurava i vari modellini di Silvio Berlusconi nei panni di un operaio, di un ferroviere o di un giudice rievocando la verve del presidente del Consiglio tuttofare, sempre presente in inaugurazioni di opere in pompa magna e dal proverbiale protagonismo. A vedere l’ultimo spot della Regione Siciliana che vuole far vedere ai siciliani opere realizzate con i fondi europei Po Fesr 2014-2020 con protagonista il presidente Nello Musumeci sembra di rivedere quelle modalità. Un susseguirsi rapido di immagini di 30 secondi in cui, al secondo numero 9 compare lo stesso Musumeci alla guida di un treno, con tanto di cappello da ferroviere. A questo frame segue quello di un taglio del nastro insieme agli assessori Ruggero Razza e Mimmo Turano. Il filmato, dal costo di 683mila euro, mirava ad avere un tono istituzionale in cui si mettevano in risalto 8 punti: tra questi ci sono la creazione della sede CNR di Catania, passando dalla Metropolitana etnea e ai Treni Pop, fino al chiostro di Monreale. A comparire in bella mostra è la frase «Regione Siciliana, il governo del fare». Ma dopo essere stato diffuso, lo spot ha fatto avanzare più di una perplessità agli esponenti dell’opposizione all’Ars. 

A segnalare quello che a suo dire potrebbe sembrare uno spot elettorale nell’anno in cui i siciliani dovranno scegliere il nuovo presidente è stato il segretario regionale del Partito Democratico Anthony Barbagallo. «I siciliani non hanno i prosciutti negli occhi – afferma il deputato dem all’Ars – Manie di protagonismo che fanno notare un modo vecchio e retorico di fare propaganda con i soldi pubblici». Barbagallo, insieme al suo gruppo, ha presentato un’interrogazione e ha segnalato la vicenda alla Corte dei Conti. La questione sembra ripetersi, dopo che gli stessi deputati avevano denunciato un episodio simile in occasione di un altro spot promosso dalla Regione e diffuso lo scorso gennaio sulle emittenti siciliane dal titolo No alla rassegnazione, dove Musumeci lanciava l’appello a non arrendersi. Anche in questo caso, secondo i deputati, ci sono gli stessi riferimenti propagandistici. 

Sull’ultimo filmato prodotto dalla Regione si è espresso Salvo Scibilia, pubblicitario di lungo corso ed ex docente. «Tecnicamente, lo spot ha uno sviluppo a imbuto – spiega all’interno del programma Direttora D’aria su Radio Fantastica – Tutte le cose narrate convergono in una figura, quella del presidente Nello Musumeci». Visibile in alcune scene facilmente identificabili come promozionali: dal taglio di un nastro al posto di comando su un treno, con tanto di cappellino da conducente. «Una vettura che pare voler evocare il destino dei siciliani, condotta dal loro governatore». Rapide scene da leggere insieme alla parola finale: fare. E proprio la velocità con cui si susseguono le immagini è un altro punto a sostegno della tesi dello spot più elettorale che informativo, secondo il professionista. «Una pubblicità, per essere di servizio, deve trasferire dei contenuti. La chiarezza è un elemento che non può mancare – continua Scibilia – e invece qui ci sono otto iniziative, con relativi nomi e cifre, che passano a una velocità super. Basta fare un test: alla fine della visione, chi ne ricorda almeno due?». Una confusione generata anche dalla disomogeneità dei piani, secondo il pubblicitario: «Si va dai beni naturalistici e culturali, che pre-esistono sia Musumeci che noi e che per fortuna non vanno amministrati da nessuno, alle opere pubbliche che non si capisce se sono concluse, quasi concluse o solo avviate, né se siano state iniziate proprie da questo governo o da altri». Un esempio lampante è la citazione dei lavori alla metropolitana di Catania, iniziati nel 1986 e non ancora del tutto conclusi.

A Scibilia fa eco Davide Bennato, docente di Sociologia processi culturali e comunicativi di UniCt. Bennato fa notare come lo spot poteva essere migliorato con delle modalità più didascaliche. «Tutto passa in maniera veloce e non ci sono nemmeno due righe che dicono ciò che affrontano i temi – precisa – Non so quanto può essere efficace una comunicazione così». Un errore secondo Bennato è stato poi quello di aver «insistito troppo sullo storytelling – suggerisce – Uno stile fuori tempo che utilizza immagini patinate piuttosto che ricorrere a una modalità più interlocutoria. Se io faccio zapping in tivù potrebbe anche andare bene, ma un contributo che deve andare anche su Facebook o su YouTube realizzato in questo modo suona come qualcosa di antico – conclude Bennato – Questo modo di comunicare lascia il tempo che trova. Se l’intento era quello di mettere il presidente in primo piano è stato fatto in maniera errata: ne viene fuori che sia il messaggio politico sulle iniziative svolte che la possibile volontà di promuovere la figura di Musumeci non soddisfano nessuno e sono state comunque fatte male».


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