Lo sfascio delle ferrovie in Sicilia/ Maurizio Bernava: “Ci hanno preso per il culo per fare affari”

DURISSIMO, IERI, L’INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE DELLA CISL SICILIANA. E NON E’ NEMMENO DIFFICILE CAPIRE A CHI SI RIFERIVA. AL CONVEGNO ERANO PRESENTI, TRA GLI ALTRI, DARIO LO BOSCO, PRESIDENTE DI RFI, E L’ASSESSORE REGIONALE ALLE INFRASTRUTTURE, NINO BARTOLOTTA…

Alla ricerca del treno perduto è il tema del convegno organizzato ieri dalla Fit-Cisl Sicilia a Palermo del quale abbiamo ampiamente riferito ieri.

Il convegno prende le mosse da una indagine condotta sul campo (è proprio il caso di dirlo) dall’organizzazione sindacale della categoria dei trasporti attraverso un itinerario che ha toccato tutte le contrade (ferroviarie) della Sicilia mediante l’uso di un camper attrezzato appositamente.

Durante tutta la trasferta sono state operate riprese fotografiche e cinematografiche per documentare il degrado del sistema ferroviario esistente nell’Isola. Sette ore di riprese, delle quali nella introduzione al convegno ne sono state proiettate sinteticamente solo pochi minuti.

Il convegno – che si è svolto secondo una formula che sta a cavallo tra la tavola rotonda ed il talk show e che ha visto una discreta partecipazione – ha avuto lo scopo di denunciare, documentandolo, il decadimento del sistema ferroviario siciliano e talvolta lo stato di abbandono dello stesso in tutte le sue componenti: gli impianti, il materiale rotabile (i vagoni), le stazioni, e i sistemi di sicurezza. In termini più concreti: uno sfascio totale.

Questo il senso complessivo della relazione introduttiva del dottore Mimmo Perrone, segretario regionale della Fit-Cisl Sicilia. Questi ha lamentato la sostanziale esclusione della Sicilia dai flussi di traffico di persone e merci nel territorio europeo per lo spostamento del loro asse dal corridoio Berlino-Palermo in direzione dell’asse diretto verso l’Europa dell’est, come richiesto dalla Germania. Perrone ha rivolto l’invito all’azienda Ferrovie dello Stato, alle istituzioni e alle organizzazione imprenditoriali a lavorare tutti insieme e superare così le divisioni verificatesi in passato per potere fronteggiare l’eccezionalità del momento attuale.

In sintesi i dati quantitativi dello sfascio rappresentato nell’esposizione di Perrone sono elencati qui appresso:

dal gennaio 2012 ad oggi sono stati soppressi 6000 treni regionali; di questi solo 1500 sono stati sostituiti dal trasporto su gomma;

per il traghettamento dello Stretto di Messina vengono utilizzate solo due navi-traghetto;

Treni vecchi (età media 20 anni) che si guastano continuamente;

dal 2008 ad oggi le spese ordinarie sono sono state ridotte di 3 milioni di euro al km/treno;

biglietterie chiuse;

assenza di sottopassi per l’attraversamento dei binari da parte dei passeggeri e stazioni prive di sale di attesa.

A questo quadro desolante si aggiunga che la rete ferroviaria è composta da 1378 chilometri, dei quali solo 178 a doppio binario, 800 elettrificate e 578 percorse con locomotori alimentati a diesel.

Relativamente all’esercizio del servizio ferroviario va evidenziato che i 6000 treni soppressi equivalgono a un corrispettivo di 300 mila chilometri non percorsi. Di questi appena il 10% , cioè 60 mila, sono stati sostituiti dai bus.

Per il restante 90 per cento… il nulla!

La discussione che è seguita, secondo il metodo della tavola rotonda, coordinata dal giornalista Manlio Viola, si è incentrata sostanzialmente su due punti: il rapporto domanda-offerta e quale programmazione del sistema dei trasporti e la sua intermodalità.

Sul primo punto ha suscitato tanta curiosità l’intervento dell’ingegnere Francesco Ciotti, della segreteria nazionale della Fit. Egli ha sostenuto che la situazione siciliana, dal punto di vista quantitativo dei mezzi in esercizio è superiore alla media nazionale, anche con riferimento ad alcune tipologie di convoglio.

Per fare un esempio, i 40 minuetto (i piccoli convogli) in dotazione delle Ferrovie siciliane sono tanti. Magari li avessero in altre regioni. Secondo la sua opinione, il vero punto di crisi è rappresentato dalla struttura dell’offerta. E qui nasce la questione dei costi, in quanto il costo chilometrico del treno è di 15 euro contro il costo di 2 euro/Km rappresentato dal trasporto mediante bus.

Da qui la disputa se è meglio l’uovo o la gallina. Cioè se nella programmazione dei trasporti l’attività del sistema deve essere commisurata alla domanda reale o a quella potenziale che potrebbe nascere da un sistema efficiente che invoglierebbe l’utenza ad avvalersene.

L’assessore regionale ai Trasporti, Antonino Bartolotta, ha annunciato che il Governo regionale ha in fase di avanzata elaborazione un Piano dei trasporti articolato per tipologia, nel quale è compreso il contratto di servizio da perfezionare e firmare con la società Ferrovie dello Stato. Oltre all’elaborazione di un sistema integrato delle varie modalità autostradale, aereo e marittimo. Alla formazione di questo Piano concorrono tutte le parti sociali competenti.

La posizione di Ferrovie dello Stato è stata rappresentata dal dottore Dario Lo Bosco, presidente di Rfi, Rete ferroviaria italiana, in pratica uno dei responsabili dello sfascio delle ferrovie siciliane. Lo Bosco, oltre a dare la piena disponibilità ad intervenire in base al nuovo contratto di servizio, ha annunciato che la sua azienda ha promosso la società Pegasus, che ha tra le sue finalità quella di strutturare ed corredare le stazioni ferroviarie di corner espositivi delle produzioni locali per promuovere il servizio e rendere le stazioni luoghi accoglienti e fruibili.

Bene, dato che esiste questa società perché non si dà da fare, a prescindere dal contratto di servizio, piuttosto che lasciare in stato di degrado quegli impianti?

Le politiche complessive della Cisl regionale sono state illustrate da Maurizio Bernava, segretario generale della organizzazione siciliana. Con tono allarmato ha esordito dicendo che il declino della Sicilia deve essere fermato ed a questo scopo devono essere utilizzati proficuamente i fondi strutturali europei, attraverso la loro programmazione che deve risultare da una concertazione di tutte le forze attive siciliane.

Poi, non specificando a chi si riferiva (anche se non è difficile immaginarlo), il segretario generale della Cisl siciliana ha detto: “Ci hanno preso per il culo per fare affari” (chissà cosa avrà pensato l’assessore regionale Bartolotta, visto che dentro e fuori Governo del quale fa parte di affaristi ce ne sono tanti…)

“Non chiediamo la luna – ha aggiunto Bernava – ma soltanto che i treni siano in orario e che il sistema dei trasporti sia integrato nelle sue plurimodalità. Già queste sole due misure avrebbero effetti immediati sull’economia generale”.

A conclusione del suo intervento il segretario della Cisl ha precisato: “Posto che il Ponte sullo Stretto non è più considerata una priorità, non si capisce perché le ferrovie dello Stato non provvedono a potenziare il sistema di traghettamento, potenziando la flotta, piuttosto che lasciare ai privati tale servizio che viene reso in modo assai inadeguato e deteriore”.

Nella fase di chiusura del dibattito due interventi sono risultati illuminanti, quello dell’assessore dell’Economia regionale, Luca Bianchi e quello del segretario generale della Fit nazionale, Giovanni Luciano.

Entrambi segnalano il fatto che la politica dei trasporti ha abdicato alla sua funzione nazionale adeguandosi alle tendenze europee, privilegiando l’integrazione delle aree a più alta concentrazione produttiva e trascurando le aree marginali. Infatti, al di la delle distanze chilometriche, quello che conta sono i tempi di percorrenza e da questo punto di vista la politica nazionale dei trasporti ha pensato bene di accorciare i tempi nell’Italia Centro-Settentrionale, collegandola più velocemente all’Europa, e trascurando per scelta le aree meridionali. Per non parlare dei territori insulari.

A conclusione della discussione il segretario generale della Fit-Cisl, Giovanni Luciano, ha rilevato due questioni che nel dibattito erano risultati latenti, nel senso che c’erano ma non esattamente individuati e segnalati. L’uno la questione dei bilanci dell’azienda ferrovie dello Stato e l’altro le strategie d’investimento che in assenza di precise indicazioni politiche venivano scelte autonomamente dall’azienda determinando essa gli orientamenti e le scelte politiche. Il dottor Luciano ha ricordato che quando lui era in servizio e faceva il capo stazione laddove durante il suo esercizio si fosse verificato un calo di utenze erano dolori. Adesso se si verifica questo fenomeno si viene soppressa la tratta.

Con riferimento alla seconda questione, cioè l’assenza di una politica generale dei trasporti e segnatamente il trasporto ferroviario non è vero che non c’è una politica, ma questa viene esercitata dall’azienda ferroviaria la quale decide essa in base alle sue convenienze quali itinerari privilegiare.

Una testimonianza di ciò è data dal nuovo tracciato dell’Alta velocità nel Mezzogiorno che, piuttosto che proseguire lungo la dorsale calabra e la Sicilia, da Napoli è stata deviata verso Bari, mediante la ristrutturazione della tratta esistente.

Dal quadro rappresentato dal convegno emerge con grande forza la ragione per la quale c’è tanto accanimento nella realizzazione del traforo in Val di Susa e il totale disinteresse per il Sud e la Sicilia, dove la norma è treni sporchi, stazioni fatiscenti e pendolari abbandonati a se stessi, siano essi studenti o lavoratori.

Luca Bianchi: “Le Ferrovie hanno distratto risorse dal Mezzogiorno”     

 


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