Dalle carte dell'inchiesta Artemisia emerge anche un'inquietante conversazione in cui l'allora membro della commissione regionale antimafia discuteva con un consigliere comunale di Partanna. «Quando ha preso quella strada mi ha detto: "Giovà statti lontano"»
Lo Sciuto e quell’amicizia con Messina Denaro «Assai ci volevamo bene, guai a chi mi toccava»
«Quando eravamo ragazzini ci volevamo bene, assai ci volevamo bene». Il 16 marzo del 2017 così parlava Giovanni Lo Sciuto, deputato regionale e membro della commissione regionale antimafia, riferendosi a Matteo Messina Denaro. «Poi lui ha fatto la sua strada. Però lui minchia quando ha preso quella strada mi ha detto “Giovà io faccio una strada, tu fai una strada, statti lontano”, minchia me lo è venuto a dire. E non mi ha messo mai né in pericolo e né in difficoltà. Guai a chi toccava a me». La conversazione fa parte dell’ordinanza con cui il Tribunale di Trapani ha ordinato l’arresto di 27 persone nell’operazione Artemisia.
Lo Sciuto – parlamentare eletto nel 2012 con il Movimento per l’autonomia, poi passato al Nuovo centrodestra e infine in Forza Italia – è considerato al vertice di un gruppo occulto che avrebbe infiltrato le istituzioni in provincia di Trapani e non solo, per allargare il proprio consenso elettorale. Originario di Castelvetrano, il politico viene intercettato mentre parla del boss latitante con il fidato Nicola Clemenza, attuale consigliere comunale a Partanna. Un discorso che parte dalla cattiva considerazione che Lo Sciuto aveva di Lorenzo Cimarosa, cugino di Messina Denaro e collaboratore di giustizia. «Gli ho dato schiaffi a Cimarosa, ai tempi io ci davo schiaffi e gli dicevo “we pezzo di babbo”, lo avevamo (lo prendevamo ndr) per stupido e di fatti ha dimostrato quello che è, non è che ci sbagliavamo». Sottolineando così il giudizio negativo che dava alla scelta di Cimarosa di collaborare con la giustizia.
Ma rapidamente la conversazione si sposta sul super latitante suo concittadino. «Assai ci volevamo bene, e non mi mette in pericolo a me perché lo sa, lo capisce che da me non deve venire nessuno, perché consuma pure a me, hai capito? Mi ha detto “Giovà, statti lontano, non è strada che spunta, io sono costretto” […] Minchia guai chi toccava a me o veniva qualcuno da me, minchia diceva “Da Giovanni Lo Sciuto non ci deve andare nessuno, lasciatelo stare a quello che quello deve fare un’altra strada”, minchia mai! Perciò ti dico, parciapagliara (gente di poco conto ndr) non si poteva permettere il lusso di venire da me, gli sputavo in un occhio!».
Il giudice, commentando queste frasi, ammette che possono apparire «spavalde» e far pensare che Lo Sciuto millanti. Ma secondo il Tribunale, a dare maggiore attendibilità al racconto contribuisce anche una foto, apparsa in un servizio del giornalista Sandro Ruotolo per Fanpage e pubblicata nel luglio del 2017. Un’immagine scattata durante il matrimonio tra Lorenzo Cimarosa e Rosa Filardo (cugina di Matteo Messina Denaro), avvenuto il 31 ottobre del 1981. Nella foto, oltre agli sposi e a Giovanni Filardo (fratello della donna), ai due estremi ci sono Matteo Messina Denaro (a destra) all’epoca 19enne, e il diciottenne Lo Sciuto (a sinistra). Dopo la pubblicazione di quel servizio l’ex deputato regionale si difese sostenendo di non sapere, in quel momento, quale fosse la caratura criminale della famiglia Messina Denaro.
Aggiornamento:
Per un caso di omonimia, nella versione originaria di questo articolo è stato riportato erroneamente che Nicola Clemenza fosse il presidente dell’associazione antiracket Libero Futuro Castelvetrano.