Livio Tempesta, estintori svuotati e disegni osceni «Insulto allo Stato, noi qua non ci dobbiamo stare»

«Magari questo non lo mostriamo. Questo, forse, è troppo umiliante per tutti». L’aula è quella di una classe di scuola elementare. Su tutte le pareti ci sono i disegni che accompagnano le lettere dell’alfabeto, ma i portacolori sono svuotati e la colla glitterata è stata usata sulla lavagna per i più classici dei disegni volgari. All’istituto comprensivo Livio Tempesta di via Plaja, stanotte, qualcuno è entrato a svuotare gli estintori. Hanno scavalcato dai cancelli e sono entrati forzando la porta antincendio del primo piano, che hanno raggiunto passando dalle scale di sicurezza. Così oggi per gli oltre 250 allievi della scuola – che condivide il secondo piano con l’ente di formazione professionale Eris– le lezioni sono saltate. Tutti a casa due settimane dopo il suono della prima campanella. «Come si fa a lavorare così?», domanda il dirigente scolastico Tarcisio Maugeri. Lui proprio non ce la fa più: «Ormai sono ridotto a fare questo: il burocrate, non più il preside. Stamattina è così: segnalazioni al Comune, giro turistico con la polizia, denunce…». 

Oggi nei corridoi non ci sono gli allievi: c’è la polizia scientifica che fa i rilievi, ci sono i dipendenti della Multiservizi arrivati a transennare il corridoio dell’area destra del primo piano, e i collaboratori scolastici che aspettano per ripulire i residui di tutta la polvere antincendio che copre, come una cortina, pavimento, banchi e sedie. Al secondo piano, i lavandini usati per le lezioni di acconciatura all’Eris sono stati tappati con la carta e lasciati aperti per allagare tutto. L’acqua è arrivata fino al piano di sotto e le macchie di umidità si vedono sul soffitto dei corridoi. Tutta quell’ala della scuola è stata dichiarata interdetta al passaggio: il rischio è che crolli qualche calcinaccio finché l’acqua che si è infiltrata non si asciuga. «Se è inagibile per gli studenti è inagibile anche per chi deve venire a pulire…», suggeriscono gli ausiliari al dirigente scolastico. «Sì, forse sì», riflette lui. Gli allievi, comunque, saranno spostati in altre classi. Lo spazio, almeno quello, c’è. 

«Guardi qua – dice – Hanno usato la sega, lo vede?». Lo strumento è abbandonato sopra a una mensola, in un’aula del secondo piano. Sul davanzale di una finestra ci sono degli occhiali protettivi di plastica. «Li hanno rubati da un armadietto per fare danno meglio», continua. «E questo? Lo vede questo?». Indica i buchi che sono stati fatti in una lavagna, un paio di porte sfondate, i bagni dei bambini maschi completamente riempiti d’acqua. «Questo è un altro regalo», sorride, ma alza il tono della voce. Che è arrabbiato lo vedono tutti. Su un corridoio c’è un altro disegno osceno, che copre tutta la parete per un paio di metri. Il terzo è disegnato all’ingresso del pianterreno. «È un insulto allo Stato – continua – Questo è quello che vogliono: che lo Stato se ne vada dai quartieri. Via le scuole, via le istituzioni, qua non deve rimanere niente».

Chi sia stato non è dato sapere. Da quando lui è dirigente scolastico della Livio Tempesta almeno un paio di volte all’anno si trova a fare la conta dei danni dovuti ad atti di vandalismo. Alla fine di luglio 2016 era toccato alla sede di via Gramignani. «Ma a maggio c’era stato un altro episodio sempre qui in via Plaja – continua Maugeri – Non siamo mai riusciti a individuare nessuno di questi malviventi. Mai. Soldi per mettere le telecamere di sorveglianza non ce ne sono, l’assessora Valentina Scialfa può fare qualcosa fino a un certo punto, poi alza anche lei le braccia. Sì, si può pulire, ma la sicurezza è il vero problema». Che, senza interventi adeguati, resta un’utopia. E anche lui, ormai, sospira: «Si può andare avanti così? Si può pensare di fare scuola lasciando i ragazzi a casa perché ti hanno rovinato tutto e non si può entrare? Che messaggio è?». Il contesto è difficile. È lo stesso in cui lui, il 29 novembre 2016, è stato aggredito da una mamma per una questione di regole da rispettare. «Ho lasciato perdere – sospira lui – Era già una situazione complicata».


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