Alla Saltatempo, il reportage del graphic artist Daniele Cascone
LIndia sulla propria pelle
La vita è ciò che facciamo di essa, scrive Pessoa, I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.
Certe mete ci sembrano familiari, nostre, se anche non le abbiamo mai toccate, mai visitate. Spesso immortalate, scoperte o tradite dallocchio di fotografi e registi, fanno parte di noi. Con ciò che noi stessi, viaggiatori reali e immaginari, amiamo aggiungere e inferire sullapprodo mai raggiunto, sulla terra mai calpestata, sulla gente mai conosciuta. Ogni viaggio vale il racconto che di esso può farsi, la foto che è stata scattata. Specialmente, se locchio e limmaginazione appartengono a viaggiatori deccezione, graphic artists per professione.
Daniele Cascone, trentenne grafico pubblicitario, al suo attivo mostre in Italia e allestero per opere composte con più linguaggi (fotografia, pittura, inchiostri, piccoli manufatti in cartapesta o legno, oggetti riciclati), ha realizzato nel tempo molti reportage di viaggio. Fra gli ultimi, presentati a Ragusa e in provincia, quelli sulla Mongolia e sullIndia (accompagnato da una mostra allestita presso la libreria Saltatempo di Ragusa e visitabile fino al 31 gennaio).
Nellintervista, rilasciataci in esclusiva, ci spiega come mai abbia scelto di visitare lIndia, offrendoci una chiave di lettura per la mostra.
Tutti conoscono l’India come il Paese della magia e dell’arcano, dello sviluppo economico e della sconfinata povertà. Ha scelto un soggetto difficile, esposto al rischio della ridondanza, delle ripetitività rispetto a quanto altri hanno già narrato e immortalato…
Ogni paese ha i suoi luoghi comuni e l’India ne raccoglie più di ogni altro. E’ facile ritrovarsi davanti a scene radicate nell’immaginario collettivo ma, d’altra parte, una cultura così sfaccettata lascia sempre sbalorditi i suoi visitatori: l’India, prima di un paese da fotografare, è un’esperienza da sentire sulla propria pelle.
Ho rimandato più volte la partenza perché anch’io, basandomi su modelli stereotipati, ero poco convinto. Sono stati i racconti di chi l’ha visitata a farmi incuriosire e rivalutarla. Dell’India si sente spesso dire che o la si ama, o la si odia. Niente mezze misure. E chi la ama, la troverà sempre attraente, sbalorditiva, mai noiosa, mai ridondante.
Cos’è che ha colpito maggiormente la sua fantasia?
La fantasia viene occultata dal turbine di gente e dalle situazioni che si svolgono in ogni angolo. Al primo impatto ho fatto fatica a trovare quell’India che la tradizione ci vuole presentare: spiritualità, mistero, meditazione. La realtà si manifesta in maniera prepotente, diretta, senza fronzoli. Ero ben consapevole di questo, ma all’arrivo a Delhi ho comunque avuto un sovraccarico “emozionale”, sia positivo che negativo, nell’immergermi in un ambiente dove miseria, malattia e caos convivevano con una cultura millenaria tra le più particolari del globo.
Lentamente sono riuscito a percepire il modo di vivere di quelle persone, la mentalità, il motivo di certi comportamenti. Dico “percepire”, perché da occidentale non ho la pretesa di aver capito tutto. Ad ogni modo, a quel punto, sono riuscito a vedere la magia di questo paese: la cruda realtà ha fatto riemergere lentamente la fantasia che, come tutte le cose in India, convive con il resto. La popolazione è l’aspetto che mi ha colpito maggiormente; quasi un tramite per entrare in un’altra dimensione. L’India, senza la sua gente, risulterebbe un paese privo di anima.
Cosa la colpisce, in generale, quando viaggia?
Quello che cerco in un viaggio è una realtà del tutto differente dalla mia. Una realtà che accentui la lontananza da casa, che mi spiazzi, che mi faccia sentire estraneo e curioso allo stesso tempo. E queste sensazioni me le trasmettono principalmente gli abitanti del posto. Sono le persone a catalizzare la mia attenzione.
Mai stato a Parigi o a Vienna?
Sì, sono mete che amo visitare, ma che non considero viaggi a tutti gli effetti. Qui la macchina fotografica rallenta il suo ritmo e svolge una funzione meramente commemorativa. In questi luoghi ho un approccio diverso: anche se sono esperienze che mi arricchiscono, non potranno mai trasmettermi le stesse sensazioni provate in paesi più lontani.