L’indagine dell’Antimafia sui rifiuti, l’appello di Fava «Necessario che la relazione venga discussa dall’Ars»

Il quadro che emerge dalla relazione sui rifiuti condotta dalla Commissione regionale antimafia e approvata questa mattina in Assemblea regionale, è quello di un sistema «ostaggio di interessi privati che in vent’anni e in diverse direzioni hanno rallentato ogni progetto di riforma che mirasse alla creazione di impiantistica pubblica». Non ha dubbi il presidente dell’antimafia regionale, Claudio Fava, che questo pomeriggio ha convocato i giornalisti su una piattaforma di meeting online per rispondere alle domande dei cronisti a proposito dell’indagine condotta dall’organismo parlamentare.

Circa sei mesi di lavoro, oltre cinquanta audizioni, un’appendice con lo stato dell’arte nella gestione dei rifiuti in tutti i 390 Comuni dell’Isola. Secondo il presidente dell’Antimafia, due sarebbero le «fasi di debolezza», legate da una parte alle «interferenze istituzionali e private» con la politica, in uno schema che in qualche modo ricorderebbe quello già noto del sistema Montante e alla «funzione amministrativa che ha scelto di essere subalterna, con uno scarico di responsabilità tra la politica e l’amministrazione e tra dirigenti e funzionari».

Fava racconta di «un sistema ostaggio di interessi privati che hanno ostacolato ogni progetto di riforma che prevedesse una impiantistica pubblica con la possibilità di rendere più produttivo ed efficace il settore» e annuncia che la Commissione ha avanzato al presidente dell’Assemblea la richiesta che, dopo la sessione di bilancio, l’Aula sia convocata per discutere la relazione. «Non è sufficiente che sia stata approvata dalla Commissione – ha aggiunto -, pensiamo che ci sia la necessità che il Parlamento regionale discuta su che cosa è ancora oggi questa governance e forse anche sui tanti buchi di verità che continuiamo a conservare».

Ancora, sulla consistente appendice che fotografa la situazione attuale nei Comuni dell’Isola, il dato più rilevante appare quello che in un terzo dei Centri non sia ancora stata fatta una gara pubblica, mentre si procede tra regimi di proroga e affidamenti diretti. Fava ha parlato di una «significativa presenza mafiosa, soprattutto nel settore della raccolta».

«Intercettare il grande mercato della raccolta dei rifiuti – ha aggiunto – è uno degli obiettivi strategici della mafia. Lo dicono tantissime inchieste. Tutto questo è oggi un rischio, una certezza attuale, lo dicono le inchieste che ancora si stanno svolgendo». Senza contare che «un altro elemento che è saltato fuori riguarda lo scioglimento dei Comuni e il modo in cui in alcuni casi l’articolo del testo unico degli Enti locali che disciplina lo scioglimento dei Comuni sia stato forzato: agli scioglimenti delle amministrazioni sono corrisposti poi proscioglimenti in sede giudiziaria per gli amministratori».

Insomma, sciogliere un Comune talvolta «diventava un atto di fede, che partiva da una presunzione di colpevolezza degli amministratori locali». Secondo il presidente dell’Antimafia, invece, lo scioglimento potrebbe essere avvenuto «per comodità o rispondendo a sollecitazioni di altro tipo, un fatto che sarebbe grave sia sul piano morale che politico». Ma oltre le ipotesi, restano i fatti: «Caduta l’amministrazione – ha concluso – il privato di turno subentrava» in quello che a tutti gli effetti era a quel punto un «vuoto» amministrativo.


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