L’importanza del pensiero divergente

La scuola non può più limitarsi a trasmettere contenuti, ma deve soprattutto formare. Formare spirito critico, autonoma capacità di giudizio ecc. ecc. Belle parole che però non devono rimanere solo nelle programmazioni dei docenti, ma devono essere calate nella pratica quotidiana, messe in atto, perché la responsabilità che ognuno di noi ha nei confronti dei ragazzi è grandissima. Non possiamo sprecare l’opportunità di dare loro quegli “insegnamenti” che, superati gli anni del liceo, nessuno potrà più offrire.

Nella nostra società, bersagliata da continui messaggi pubblicitari più o meno subliminali, da fiction soap reality, stordita da notiziari sempre più uniformati, come possono difendersi gli adolescenti se non si insegna loro a “discernere”, a fare delle scelte, oggi, che li rendano, un giorno, autori del proprio destino e non solo passivi spettatori? Si comincia dalle piccole cose. Riuscendo a distinguere, ad esempio, un libro intelligente da un prodotto commerciale, oppure un film di qualità da uno di cassetta. Per questo, per il secondo anno consecutivo al liceo galileo Galilei abbiamo chiamato per uno stage nell’ambito del Laboratorio sui linguaggi della comunicazione organizzato da Maria Luisa Nocerino, Pinelda Garozzo e da me, il regista Aurelio Grimaldi. Una carriera da personaggio scomodo alle spalle, e tanti progetti bloccati o interrotti dalla cronica mancanza di fondi che travaglia il cinema d’autore. Ma tanta energia per continuare per la sua strada senza farsi scoraggiare dalle difficoltà e tanta voglia di “aprire gli occhi ai giovani” con la sua particolare maieutica!

Il titolo che ha scelto per i due pomeriggi da trascorrere con i ragazzi del Galilei è provocatorio e illuminante: “corso introduttivo per aspiranti registi, sceneggiatori, attori, o almeno, cittadini consapevoli del potere degli audiovisivi”. Dopo una breve premessa in cui ha sottolineato soprattutto l’importanza di possedere un “pensiero divergente”, che sia proprio e non coincida necessariamente con quello degli altri, siano essi amici o anche professori; e della “dissonanza cognitiva” che consente di non farsi condizionare da adulazioni o altre considerazioni positive espresse nei nostri confronti, è passato subito a smascherare i “trucchi” del cinema holliwoodiano. E per farlo ha scelto un film ammirato dal pubblico e dalla critica, un film che contiene comunque un forte messaggio positivo: Philadephia, con Denzel Washington e Tom Hanks, premiato con l’Oscar come attore protagonista.
Ma scopriamo i principali “trucchi”.

Il protagonista, un giovane avvocato già al vertice della carriera, non ci è presentato subito come personaggio positivo, questo per renderlo più simpatico in seguito, soprattutto quando si scopre malato di Aids.
Quando Hanks è licenziato dallo studio di avvocati presso cui lavora non trova nessun collega disposto a difenderlo e alla fine si rivolge a Washington, che naturalmente rifiuta, restando in linea con il personaggio che rappresenta, avvocato che si fa pubblicità in televisione, distribuisce biglietti da visita a potenziali clienti, è mosso solo dall’interesse e accetta solo cause in cui è sicuro di vincere. In aggiunta a tutto questo è omofobo, mentre Hanks è gay. Ci sono decine di film holliwoodiani in cui l’eroe buono chiede inutilmente aiuto e trova un rifiuto anche da parte di chi poi invece finirà per difenderlo. E così l’avvocato spregiudicato, dopo aver superato una serie di prove ed aver fatto chiarezza dentro di sé, accetterà la difesa del povero collega malato e discriminato per la sua malattia e, manco a dirlo, schiaccerà gli avversari, i cattivi della situazione. Naturalmente dopo aver superato infiniti ostacoli che servono a rendere poi più piacevole il lieto fine. Le funzioni della fiaba di Propp sono perfettamente rispettate e il film viene incontro alle nostre emozioni e ci guida per mano dove vuole. Moltissimi altri elementi Grimaldi ha sottolineato per mettere in luce le mistificazioni operate da cinema americano per “organizzare i nostri sentimenti” e procurarci emozioni molto forti che ci portano ad identificarci con il buono perseguitato. A differenza del cinema d’autore che non ha paura di mostrarci i difetti del personaggio (un esempio per tutti Accattone di Pasolini) a Holliwood ci sono solo buoni buoni  o cattivi cattivi.

E alla conclusione dello stage molti ragazzi sono intervenuti al dibattito, alcuni hanno difeso il film, mostrando di aver già messo in atto il “pensiero divergente”, altri hanno rivelato inattese capacità critiche e di osservazione sottolineando aspetti tipicamente “holliwoodiani” che non erano stati ancora messi in luce. Vuol dire che il meccanismo funziona ancora, basta dargli una spinta per rimetterlo in moto! E per fortuna la coscienza dei ragazzi si risveglia ancora con una certa facilità, basta toccare i tasti giusti.

Gloriana Orlando

docente presso il Liceo Scientifico “Galileo Galieli” di Catania


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