L’immaginario italiano, l’Istituto Luce a Catania «La memoria è il futuro e dobbiamo divulgarla»

«Censura», «mito della grande guerra», «fascistizzazione», «camicia nera», «totalitarismo», «bombardamenti», «resistenza». E ancora «guerra civile», «partiti», «miracolo economico», «emigrazione», «giovani». Sono queste le parole chiave de L’immaginario italiano ricostruito in una mostra dall’Istituto Luce attraverso scatti e filmati di quasi cento anni di storia, che dopo Roma, Buenos Aires e Mantova fanno tappa al Palazzo della Cultura di Catania, dove resteranno dal 25 ottobre al 19 febbraio 2017.

Quasi cento anni di storia in cui, con l’ausilio di più di cento titoli, si passa dalle prime immagini risalenti al 1922 agli anni Settanta e Ottanta, con una sezione dedicata al cinema. Passando per il cinemobile, usato come strumento di educazione delle masse, i primi video turistici che mostravano luoghi lontani a cui molti non potevano arrivare, i racconti storici di approfondimento, i cinegiornali dove la figura di Benito Mussolini assumeva un ruolo chiave, gli smembramenti di interi quartieri e la vita nel dopo guerra.

«La memoria è il futuro e dobbiamo divulgarla», avverte Roberto Cicutto, presidente dell’Istituto Luce, che in questi anni ha lavorato per togliere la polvere dai ricchi archivi a sua disposizione. «Un museo che conserva senza aprirsi al mondo è inutile – continua – ed è motivo di vanto e orgoglio vedere che le persone si riconoscono nelle nostre mostre, che rappresentano la memoria di un Paese».

Una memoria lunga un secolo che l’istituto Luce è in grado di documentare dal punto di vista audiovisivo e da cui provengono «storie raccontate attraverso i volti di uomini e donne che devono essere tramandate – sottolinea il sindaco di Catania Enzo Bianco – perché un popolo senza memoria non ha futuro, come un albero senza radici».

E il popolo catanese vanta tradizioni antiche e radicate, raccontate in un’apposita sezione della mostra creata ad hoc per la città etnea, in cui immancabili sono l’Etna e la festa di Sant’Agata con tanto di annacata delle candelore, ma anche lo sbarco in Sicilia raccontato in un video di 14 minuti. «L’esposizione – che ruota attorno al confronto tra modernità e arcaismo – cresce di volta in volta arricchendosi delle varie realtà ed esperienze», spiega Roland Sejko, curatore artistico e regia video, che ha lavorato con il curatore scientifico e responsabile dei testi Gabriele D’Autilia. «Il dualismo tra l’Italia che cerca di diventare moderna e il fatto che in fondo resta rurale è il cuore della mostra – spiega durante il giro di presentazione – su cui si torna spesso nell’esposizione, per esempio nella parte dedicata agli anni Ottanta».

Pellicole e negativi originali che rappresentano un vero e proprio patrimonio. «Nonostante l’istituto per molto tempo sia stato considerato la cassa di risonanza del regime fascista, la sezione sul ventennio è oggi patrimonio dell’Unesco e iscritta nel registro delle memorie del mondo – chiarisce Cicutto – e dobbiamo ringraziare chi mi ha preceduto per aver conservato, mantenuto, diffuso e acquisito nuovo materiale per andare avanti».


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