«Un’umanità brulicante, che vive in una società chiusa, marginale ed emarginata». È per rendere fin dalla copertina l’immagine di questa metafora che la sociologa siciliana Mariuccia Noto ha intitolato il suo libro A furmicalora. Un formicaio dove, come gli insetti tra i più sociali e operosi, le persone sono «inserite in rigidi sistemi, lavorano dall’alba […]
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La vita nelle campagne siciliane: «Una poesia che esiste solo nel ricordo». Tra regole opprimenti, immobilismo e violenze
«Un’umanità brulicante, che vive in una società chiusa, marginale ed emarginata». È per rendere fin dalla copertina l’immagine di questa metafora che la sociologa siciliana Mariuccia Noto ha intitolato il suo libro A furmicalora. Un formicaio dove, come gli insetti tra i più sociali e operosi, le persone sono «inserite in rigidi sistemi, lavorano dall’alba al tramonto praticamente solo per sfamarsi». Un romanzo corale con tanti personaggi che affollano il microcosmo di un piccolo paese a vocazione agricola della Sicilia nei primi del Novecento. Sono le storie intrecciate delle loro quotidianità a scrostare la retorica di un’epoca passata alla storia come idilliaca e bucolica. «Nel ricordo, il passato ci sembra sempre meglio di come è stato», commenta a MeridioNews l’autrice originaria di Motta d’Affermo, nel Messinese. «E invece in quel momento di passaggio dall’epoca premoderna alla modernità, la povertà si coniuga con l’ignoranza e la superstizione, il sentimento religioso convive con credenze e rituali legati a forze occulte e il controllo sociale condiziona la libertà personale».
In particolare, quella della donne: «Sottomesse a opprimenti regole sociali tipiche di ambienti chiusi e all’autorità del maschio di famiglia (padre, marito o fratello che fosse), troppo spesso le donne erano violentate tra le campagne e lasciate senza speranze. Eppure, anche in quei casi, cercavano di resistere non solo per la voglia di affermarsi ma anche per difendere la propria dignità e identità». Racconti di una società, quella di un piccolo centro agricolo e di una civiltà contadina, che nell’immaginario ha un sapore quasi romantico ma, in realtà, è più impregnata di patriarcato e arretratezza. «Ho iniziato fin dall’adolescenza ad ascoltare i racconti delle persone anziane – aggiunge l’autrice – e a raccogliere e conservare storie, aneddoti e proverbi. Poi li ho incrociati con studi di comunità sulle realtà agricole siciliane». Laureata in Scienze politiche, Noto è stata ricercatrice per il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), e in questo romanzo d’esordio (pubblicato da Navarra editore) mette insieme l’interesse scientifico in ambito antropologico e l’amore per la Sicilia.
Un’isola ricca di un patrimonio immateriale e di una saggezza antica che rischia di dissolversi, appiattita dallo spopolamento delle aree interne e dalla globalizzazione. «Ho analizzato i sistemi di produzione arcaici tipici delle società dell’epoca, dal vino al lino, che erano propri degli antichi greci – spiega Noto – Quella di alcuni paesini rurali siciliani dei primi del Novecento era una società semifeudale in cui non c’era nemmeno l’ombra di uno sviluppo industriale». Al di là del bene e del male, una caratteristica che travalica i confini del mondo del lavoro della terra. «Anche nella vita sociale – aggiunge l’autrice del romanzo – vigeva un certo immobilismo, con norme rigide (basti pensare ai matrimoni combinati visti come contratti) che si tramandavano sempre uguali e un controllo sociale che passava come solidale ma che – sottolinea – non sempre lo era». In un ambiente chiuso in cui tutti si conoscono c’è una rete fatta di solidarietà che può confortare ma anche ingabbiare. Uno scrigno di sicilianità senza retorica, «A furmicarola ha anche diverse parti in dialetto, perché – conclude Noto – volevo che i personaggi parlassero la loro lingua che contribuisce a creare la loro realtà».