Librino, la mafia nei cantieri per la fibra ottica Imprenditore: «È così, se non paghi non lavori»

Lui non mostra nessuna esitazione. La Catania di oggi mette insieme «un mare di persone e di soldi». Cantieri ovunque dove per lavorare c’è solo una strada: «Pagare». Salvatore La Delia apparentemente è un semplice operaio di una ditta di costruzioni che ha già fatto i conti con la giustizia. Libero da qualche anno, riceve una paga da duemila euro al mese e ha una competenza particolare. Quella di essere riconosciuto dal suo titolare come «il ministro degli Affari esteri». I suoi interlocutori, però, sarebbero stati i referenti mafiosi sparsi per le province di Siracusa e Catania. Dove La Delia si sarebbe specializzato a fare da tramite per il pagamento delle estorsioni all’interno dei cantieri per la posa della fibra ottica. Cambiano i clan ma la sua figura sarebbe comunque rimasta centrale, forte di un profilo che secondo la Direzione distrettuale antimafia corrisponderebbe a quello di uno dei soggetti criminali più autorevoli dell’ennese.

Su sbagli a parlà ti sparanu na facci

Mario Rossi (nome chiaramente di fantasia) è un imprenditore esperto, con un cantiere nel quartiere di Librino. Nei primi mesi del 2017 sembra avere un quadro chiaro di come ci si debba muovere: «Siamo rimasti che gli debbo dare qualcosa al mese. E se lascio qualcosa in giro non mi rubano più niente. Posso dirgli di no? Poi non lavoro più», si confidava senza sapere di essere intercettato. La famiglia mafiosa dei Santapaola individua in lui un’entrata sicura. Mille euro, con pagamenti a ogni 15 del mese. Contatti e consegne però, sarebbero stati mantenuti dal suo dipendente e da un altro uomo finito in manette, Antonio Salvatore Medda. Tant’è che per mesi Rossi non ha nessun contatto con il presunto capobastione che fa riferimento al quartiere Villaggio Sant’Agata. 

La vittima durante le indagini si lascia andare a continue confidenze, spesso raccolte dalla moglie e da qualche lavoratore di fiducia. «Questi G7 non servono a un cazzo, la protezione che c’è a Taormina ci voleva a Catania. La situazione si può sistemare solo se mettono un poliziotto ogni 15 metri». Utopia. Il servizio che secondo l’accusa avrebbe fornito La Delia non sempre sarebbe stato gradito e ben fatto. Troppo ingombrante quella presenza di chi, da semplice dipendente, si muove come il padrone dell’azienda. Tanto che il datore di lavoro a quel «meschino e cretino» valuta pure di allontanarlo. Senza però pensare di interrompere i pagamenti alla mafia, sia chiaro: «Continuerò a farlo. Se sono a Catania devo pagare», si lamenta.  La situazione presto è destinata a precipitare.

 Fai il tuo dovere compare, questa volta te lo stiamo dicendo a parole

Durante l’estate dello scorso anno la vittima inizia a non versare più la somma con regolarità. «Per Pasqua, Natale e Capodanno gli possiamo fare un regalo. Ma mille euro al mese non possiamo farcela. Tranne che vogliono essere presi in giro», diceva. Contatti e telefonate si susseguono in un clima di tensione crescente e così entra in scena Angelo Tomaselli. Al telefono si fa chiamare Giuseppe o «il meccanico», e contrariamente agli altri protagonisti dell’inchiesta Capolinea della procura di Caltanissetta , non si sbottona mai più di tanto. Fino a quando decide di incontrare direttamente quella che secondo gli investigatori è la sua vittima. Pochi attimi, casco in testa e le mani che sbattono contro l’autovettura di Mario Rossi dopo averla affiancata a bordo di uno scooter guidato da un complice: «Fai il tuo dovere compare, questa volta te lo stiamo dicendo a parole, non te lo dico più, non mi fare venire più».

L’imprenditore è scosso per quel faccia a faccia ma qualche giorno dopo, è il 28 novembre 2017, ne arriva un altro. Questa volta pianificato. Da incontrare nel quartiere Pigno, per pagare la tangente, c’è «genti grussi ca cuntanu assà!… Genti ca su capaci … su sbagli a parlà ti sparanu na facci accuddì». Di spari però non c’è nemmeno l’ombra e il gruppo sembra trovare l’intesa: «Loro hanno qualcosa e io ho una certezza», commentava l’imprenditore dopo il summit. «Io pago l’assicurazione… A me quando mi rubano una cosa me la devi dare o me la vai a comprare». Certezze solo temporanee perché non appena subentrano altri ritardi nei pagamenti l’uomo finisce nel mirino di una presunta futura ritorsione, interrotta solo dalle manette.


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