Si presenta sorridente ai catanesi, dichiara «non ho paura, io so ascoltare» Giovanna Marano, sindacalista neocandidata alla presidenza della regione di Libera Sicilia. La accompagna Claudio Fava, che non ammette di aver commesso errori, ma denuncia la «macelleria politica per escluderci». «Chi ha informato il ministro Cancellieri?», chiede Fava. «Il senatore Beppe Lumia», rispondono sicuri i sostenitori. Ma tra gli applausi, ci sono anche le critiche sottovoce
Libera Sicilia, Giovanna Marano si presenta Claudio Fava: «Nessun errore, solo cavilli»
«Io non ho paura di niente, e ho imparato a vedere la sofferenza dei siciliani». Giovanna Marano, unica candidata donna alla presidenza della regione Sicilia, si è presentata così ieri ai catanesi, nella nuova sede di via Etnea del comitato di Libera Sicilia. Claudio Fava è insieme a lei, scherza parlando dell’avvicendamento nella candidatura, «l’unico ticket che vogliamo per i siciliani». L’ex candidato alla presidenza della regione non concederà altri sorrisi nel corso del breve incontro, durato pochi minuti utili alla Marano – sindacalista Fiom Cgil a Palermo, ma nata ad Acireale 53 anni fa – per conoscere candidati e sostenitori, prima di andare a Gela «per un dibattito televisivo».
Sullo sfondo dei manifesti elettorali con un sorridente Claudio Fava presidente, il ritiro di quest’ultimo dalla competizione elettorale è il centro del discorso. Si parla del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, cui Fava rivolge aspre critiche, come nei giorni scorsi. «Il ministro dica chi l’ha informata, non c’è mai stato un precedente simile nella storia della Repubblica», ha ribadito Fava. Che no, non ammette di aver commesso un solo sbaglio, una dimenticanza, una minima leggerezza nel caso del cambio di residenza da Roma a Isnello. «Nessun errore, io sono candidabile alla presidenza della regione, si tratta solo di un cavillo in un regolamento di 50 anni fa». Cosa ha portato quindi al ritiro di Fava? Non una presa d’atto di aver sbagliato, «ma solo la volontà di non dare spazio a pretesti formali a chi ha organizzato questo tentativo di distruggerci».
La neo candidata Marano è con Fava, ne sposa ogni parola. E sulle primarie mai fatte nel centro sinistra dice che «hanno negato la partecipazione attiva dal basso dei cittadini». Il sospetto che la soffiata alla Cancellieri sia venuta dal Partito democratico si fa certezza tra il pubblico. La voce, insistente, già riportata su la Repubblica, è che a suggerire ai giornalisti di fare proprio la domanda sulla residenza di Claudio Fava al ministro sia stato Beppe Lumia, senatore Pd di Termini Imerese, comune a pochi chilometri dalla casa di Claudio Fava a Isnello. Tra malumori e teorie di complotti, non manca chi, sottovoce, se la prende con Fava, anche solo per «il lavoro di questi due giorni, per rifare tutto daccapo con le firme». A sollevare gli animi ci pensa Giovanna Marano, lei sì sorridente, che abbraccia calorosamente alcuni vecchi amici incontrati dopo molti anni. «Sono cresciuta a Catania, qui sono andata a scuola, e ora ritorno», dice Marano, che non ci mette molto a prendersi la scena. Lei si mette «a disposizione in questa candidatura non preventivata per ricucire i rapporti tra politica e società». Lo farà sfruttando la sua esperienza al sindacato, la Fiom, dove ha conosciuto «persone che magari hanno perduto il posto di lavoro, dove ho imparato ad ascoltare». Ma non c’è tempo di ascoltare, almeno questa volta. La candidata va via, promettendo che tornerà nei prossimi giorni a Catania, accompagnata anche da Rita Borsellino.
Resta Claudio Fava, che esclude che la spia, chi ha comunicato la sua posizione all’anagrafe di Isnello, sia all’interno del suo partito, Sinistra ecologia e libertà. «I miei documenti sono pubblici, non c’era nessun segreto o informazione da passare. Il problema, quello che denunciamo, è l’operazione di macelleria politica che è stata fatta, col tentativo di escluderci dalle elezioni», dice Claudio Fava, che anche alle comunali catanesi del 1993 poi vinte da Enzo Bianco fu coinvolto, quella volta attaccato apertamente dagli avversari politici, in un caso analogo: era residente a Gravina di Catania e «non poteva essere eletto al primo turno», secondo una interpretazione del regolamento per le elezioni. Fava perse al ballottaggio, e anche quella volta senza il sorriso sfoggiato sui manifesti.