Lia Pipitone, casa a indirizzo segreto contro la violenza A 36 anni dalla morte sostegno alle donne nel suo nome

Sono passati 36 anni dal giorno in cui fu uccisa Lia Pipitone. Una finta rapina decisa per toglierla di mezzo, semplicemente
perché voleva vivere seguendo le sue regole e non quelle dettate dal padre, boss dell’Acquasanta. Una condizione purtroppo simile a quella di tantissime altre donne anche oggi. Le stesse che il centro anti-violenza che porta il suo nome, nel quartiere Monte Pellegrino, vuole difendere e accompagnare verso un percorso di rinascita, verso l’autonomia. A un anno e mezzo dalla realizzazione del centro l’associazione Millecolori onlus presenta una Casa di accoglienza ad indirizzo segreto, che in questo contesto «agevola il percorso messa in sicurezza della donna che si rivolge a noi – spiega Adriana Argento, responsabile del centro – Di solito noi privilegiamo ambienti familiari ma la situazione a volte è così grave che l’inserimento può costituire un pericolo per l’intera rete. In questo modo possiamo offrire uno spazio alle donne per uscire dalla situazione di rischio». 

L’attività svolta dal centro in questo anno e mezzo ha consentito ai professionisti, contestualmente al loro impegno con le donne vittime di violenza, di sviluppare una rete informale di rapporti e sinergie con il Comune, il comando provinciale dei carabinieri, la questura e la procura e questo «
ci dà buone speranze che venga accolta – aggiunge Argento – 
la procedura che abbiamo avviato per inserirci ufficialmente nella rete antiviolenza palermitana. Abbiamo istituito protocolli di intesa attivi con le singole istituzioni e stiamo lavorando a protocolli di rete individuali, funzionali alle competenze reciproche». Il centro antiviolenza è un luogo conosciuto, da qui l’esigenza di una maggiore sicurezza. «La casa rifugio ha dieci posti  – continua Argento –  ci sono stanze organizzate per i nuclei e stanze per singole donne. Poi ci sono altri spazi comuni come la sala da pranzo. Sono dei luoghi comuni dove queste donne e i loro figli possono ritrovare una situazione di tranquillità, affiancati da una psicologa già per l’inserimento nella struttura e poi durante tutto il percorso. Un dato importante è che l’equipe del centro sarà parte integrante della casa: avvocati, assistenti sociali e psicologhe e il nostro obiettivo è far recuperare a queste donne un’autonomia abitativa e lavorativa, via via che la situazione di pericolo va a degradare».

L’anno scorso proprio in occasione dell’anniversario dell’uccisione di Lia «abbiamo trovato distrutto il gruppo elettrico che consente l’apertura della saracinesca del Centro- sottolinea
Federica Prestidonato- responsabile dell’area legale penale del Centro. Ma devo dire che abbiamo riscontrato e trovato subito dopo pieno appoggio non solo della parte strettamente istituzionale, ma anche di alcuni partner. Fra questi la Unicredit che, con il contributo Carta Etica, ha dotato il entro Antiviolenza di un sistema di videosorveglianza per una maggiore sicurezza delle Donne e COOP Alleanza 3.0 che ha donato alla Casa di Accoglienza parte dell’arredo. Nonostante alcune difficoltà ci siamo promesse di andare avanti in questo percorso di libertà da ogni forma di violenza». Episodi simili non si sono più verificati ma « i compagni di alcune donne si sono presentati al centro, mettendo i presenti in pericolo, cosa che testimonia ancora di più il fatto di dover sostenere queste donne nella denuncia delle violenze».

In genere si rivolgono al centro persone provenienti sia da Palermo che dalla provincia.
Raramente quelle del quartiere si avvicinano al centro direttamente, perché si troverebbero troppo esposte. «Riusciamo ad agganciarle spesso attraverso incontri di auto mutuo aiuto – spiega ancora la  lavoro a maglia, ginnastica e sartoria. Laboratori di empowerment che permettono di avvicinarsi al centro e di non essere etichettate. Ci consentono quindi di raggiungere una popolazione più vasta anche per motivi squisitamente di sensibilizzazione e prevenzione per le donne. Qualcuna di loro è rimasta per chiarire la sua situazione e comprendere se viveva un caso di violenza o ad esempio soltanto di conflitto: in questo caso in genere le avviamo verso i servizi del territorio come gli assistenti sociali». Il centro nel tempo ha potuto contare anche su molte figure sentinella all’interno del quartiere, ovvero donne che hanno preso coscienza del problema attraverso queste attività e che poi ne fanno avvicinare altre. 

A conclusione dell’evento è stato consegnato il
Premio Lia Pipitone, organizzato in collaborazione con l’Associazione ParteciPalermo e con Libera contro tutte le Mafie, alla professoressa Egle Greco, per il suo costante impegno alla lotta contro la violenza di genere. «Durante l’anno scorso  – spiega Argento – la professoressa, che insegna al Cirpe, ci ha contattato per organizzare incontri all’interno del centro antiviolenza. Ha dimostrato di avere una sensibilità particolare al tema e organizzato un convegno all’Ars sull’argomento che adesso si trasformerà in una serie di incontri. Tutto questo ci ha portato a darle un riconoscimento, come stimolo a continuare ancora con più forza l’impegno profuso».


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