Sarebbe stato Alfano il primo a sapere che i magistrati di Trapani stessero indagando su Giovanni Lo Sciuto, deputato dello stesso partito del ministro. Secondo il giudice, commentando la cosa col suo entourage, avrebbe dato il via alla fuga di notizie
L’ex deputato Cascio e una talpa al Viminale Grazie a loro Lo Sciuto apprende dell’indagine
Parlava di «politica responsabile» in un vecchio spot elettorale del 2011, Franco Cascio, ex presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, arrestato ieri nell’ambito dell’operazione Artemisia, messa a segno dai carabinieri di Trapani, che ha portato alla luce una loggia massonica segreta. Cascio è stato posto agli arresti domiciliari. Per gli investigatori avrebbe condizionato le indagini della magistratura e favorito l’organizzazione. Già nel 2012 il politico era rimasto coinvolto in un’inchiesta per scambio di voti e nel 2016 era stato condannato a due anni e otto mesi dal tribunale di Palermo e sospeso dall’Ars. Assolto in appello, nel dicembre di due anni fa ha ottenuto la riabilitazione. Ieri l’arresto.
Secondo l’accusa avrebbe informato il suo ex compagno di partito nel Nuovo Centrodestra ed ex deputato all’Ars, Giovanni Lo Sciuto, di essere indagato e intercettato dai carabinieri. Una confidenza che Cascio avrebbe ricevuto direttamente da Roma, dall’ex capo della segreteria dell’allora ministro dell’interno Angelino Alfano, Giovannantonio Macchiarola, arrestato anche lui ieri con l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio. Ad inchiodare Cascio è una conversazione registrata tra Lo Sciuto e il suo autista di ritorno dall’Assemblea regionale Siciliana dove aveva incontrato Cascio. «I carabinieri hanno avuto il telefono sotto controllo quei venti giorni all’inizio, sarà venti giorni e poi l’hanno tolto», spiegava, salvo poi lamentarsi alcuni giorni dopo per essere stato avvisato in ritardo: «Lo sai che mi è caduto dal cuore questo a me? Me lo ha detto dopo tre mesi, perché dice “io lo sapevo e non ti ho detto niente…”».
Secondo gli inquirenti, Cascio era al corrente delle indagini già nel giugno del 2016. «Quali che fossero le ipotesi investigative alla base del procedimento penale, del dato era venuto a conoscenza Alfano Angelino – scrive il giudice per le indagini preliminari Emanuele Cersosimo – nella duplice veste di ministro dell’Interno e di presidente del Nuovo Centro Destra. Il ruolo istituzionale ricoperto dall’allora titolare del Viminale, infatti, gli aveva permesso di avere contatti con soggetti terzi, i quali lo avevano reso edotto del fatto che un deputato della propria corrente politica era oggetto di indagini da parte della magistratura. Tale notizia era stata commentata da Alfano con il suo entourage, dando il via alla comunicazione della stessa da parte di Macchiarola a Cascio».
Gli avvocati dell’ex presidente dell’Ars, attraverso una nota, specificano che «l’unica ipotesi di reato per la quale il nostro assistito è coinvolto nell’indagine riguarda un’ipotesi di favoreggiamento semplice. Da quanto emerge dalla piattaforma indiziaria – scrivono ancora i legali – cristallizzata nel titolo cautelare, l’ex presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana è assolutamente estraneo a tutte le restanti ipotesi di reato riguardanti gli altri indagati».