L’Eni lascia Gela? Un’occasione per far rinascere una città e il suo comprensorio

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE DICE CHE REVOCHERA’ I PERMESSI DI RICERCA. BENE: SAREBBE LA PRIMA COSA GIUSTA DEL SUO GOVERNO. PER IL RESTO, LASCI CHE I SIGNORI DELL’ENTE NAZIONALE IDROCARBURI VADANO VIA. IL SUO GOVERNO PUNTI TUTTO SULLA CULTURA CLASSICA. TRASFORMANDO LO STABILIMENTO IN UN TEATRO

Dicono che l’Eni avrebbe intenzione di lasciare Gela. Magari fosse vero! I grillini dicono: “I signori dell’Ente nazionale idrocarburi hanno deciso di andare via? Bene. Prima risarciscano la Sicilia”.

Noi diciamo: facciamoli andare via, anche senza risarcimento. Perché il più grande risarcimento, per Gela e per l’intera Sicilia, è proprio l’addio di questo Ente che, nella nostra Isola, ha creato tanti problemi e pochissime opportunità.

Chi scrive ricorda che nei primi anni ’80 un ingegnere che operava ai vertici dell’Eni in Sicilia gli descriveva le difficoltà con le quali, negli anni ’50 e ’60 del secolo passato, lui e in suoi collaboratori avevano formato il personale.

Allora Gela viveva, per lo più, di agricoltura e di pesca. Si coltivava ancora il cotone. E c’era il grano. L’orticoltura di pieno campo era di là da venire.

L’idea di Enrico Mattei, che ideò lo stabilimento di Gela, era nobile. Voleva integrare l’industria con il territorio. Pensava non soltanto alla chimica, ma anche ad un tessuto industriale legato alle tradizioni.

Mattei, è noto, precipitò con il suo aereo il 27 ottobre del 1962 in circostanze mai chiarite del tutto (probabilmente è stato ammazzato, Pier Paolo Pasolini fu uno dei primi a parlare di attentato).

Mattei,a Gela, aveva creato anche un villaggio per i dipendenti dello stabilimento Eni di Gela: Macchitella. Oggi è un disastro di abbandono.

Dopo Mattei la situazione è degenerata. E Gela, presa d’assalto dalla gente dei paesi vicini, attratti dal mito del ‘posto fisso’ nella raffineria, è diventata un inferno di edilizia abusiva.

Fino ai primi anni ’80 a Gela non c’erano depuratori. I veleni andavano direttamente in mare. E il mare era nero come il petrolio. Anche le onde erano nere. Tutto era nero. Soprattutto il presente e il futuro.

E oggi? Forse i dipendenti saranno mille-mille e 200. Più un indotto inventato dai sindacati, da quelle parti ‘industrialisti’ per antonomasia.

Oggi l’Eni vorrebbe andare via. Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, gelese, ex dipendente dell’Eni, sbraita. Dice che se Eni non torna sui propri passi gli revocherà i permessi di ricerca. Un finale tra il ‘macchiettistico’ e il melodramma. Insomma all’italiana.

Che dire? Che la Sicilia, come sempre, non sembra sintonizzata con la realtà.

Ormai da qualche tempo i russi della Lukoil – che si sono presi alcune delle raffinerie della provincia di Siracusa – non raffinano più. Importano benzine e gasolio già raffinati dalla Russia.

Un fatto positivo. Inquinamento in meno per l’area di Siracusa. Nessuno ha parlato. Nemmeno la Cgil di Siracusa, più ‘industrialista’ di quella di Gela.

La stessa cosa potrebbe succedere a Gela. Invece di brindare, il presidente della Regione pensa ad azioni contro l’Eni.

Presidente, dia retta a noi: li lasci andare via. Quanto ai permessi di ricerca, ebbene, questi vanno revocati tutti. A prescindere. Perché il mare della Sicilia non si può ‘spirtusare’ per la bella faccia dei petrolieri senza scrupoli.

Per i mille dipendenti dello stabilimento di Gela una soluzione si troverà.

Un’idea ci potrebbe essere: Gela ha tutti i numeri per puntare sulla cultura classica. Trasformiamo la raffineria di Gela in un teatro a cielo aperto.

Si potrebbe aprire con “Le Baccanti” di Euripide.

Si partirebbe dalla fine per sognare un nuovo inizio.


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