La nascita del gruppo salviniano all'Ars potrebbe tradursi nel mutamento degli equilibri di partito in provincia di Catania. L'ex sindaco di Adrano, assieme all'alleato eletto con i democristiani, potrebbe diventare il naturale contraltare degli attuali dirigenti
Lega, entra Bulla e Mancuso torna protagonista? Pronta nei Comuni la sfida all’asse Carrà-Lipera
«Ma loro, in fondo, non se ne erano mai andati». Le voci dalla pancia leghista in provincia di Catania sono assai più smaliziate delle ricostruzioni giornalistiche. Non può neppure dirsi che il duo Giovanni Bulla–Fabio Mancuso sia uscito dalla porta per poi rientrare dalla finestra. Dal momento che, infatti, il filo diretto con lo stato maggiore salviniano in Sicilia non si sarebbe mai interrotto. E così, adesso che è nato il gruppo della Lega all’Ars, tutto dalle parti di Adrano potrebbe essere ricondotto all’evaporazione di un segreto di Pulcinella.
Il deputato regionale adranita ha mollato l’Udc per diventare uno dei protagonisti dell’operazione che cambierà per sempre i connotati del centrodestra in Sicilia. Sono quattro i deputati Ars – Orazio Ragusa, Marianna Caronia, Antonio Catalfamo e appunto Bulla, tutti provenienti da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Udc – radunati alla corte di Matteo Salvini con la regia del commissario Stefano Candiani e dell’ex deputato azzurro Nino Minardo. È così che il democristiano Giovanni Bulla, di colpo, diventa il primo parlamentare regionale leghista della provincia di Catania. Appropriandosi di quel sogno inseguito nel 2017 soprattutto da Anastasio Carrà, sindaco di Motta Sant’Anastasia, e facendolo diventare realtà. Un’adesione che si porterebbe dietro l’alleato locale, l’ex sindaco di Adrano Fabio Mancuso, che pareva invece aver concluso la sua esperienza salviniana sulla scia di quanto accaduto, mesi fa, ad altri intramontabili della politica etnea che avevano abbracciato il Carroccio come l’ex sindaco castellese Filippo Drago.
Le dinamiche interne del Carroccio, così, potrebbero avere inaspettate evoluzioni: l’ingresso nella Lega dell’ex consigliere provinciale – eletto con l’Udc un po’ a sorpresa due anni fa grazie a oltre cinquemila voti e il sostegno di vecchie volpi democristiane come Giovanni Pistorio – pare destinato quantomeno a porsi in concorrenza con la leadership del commissario provinciale della Lega. A sua volta nel mirino dell’insofferenza di varie frange del partito – come quella del presidente della sesta municipalità di Catania Alfio Allegra – che non guardano con favore a certe scelte di Carrà e di suoi alleati come gli assessori Piero Lipera, a Motta, e Fabio Cantarella, a Catania. Sul piano locale, così, grazie al saldo asse con Bulla, Mancuso ritornerebbe a pieno titolo fra i luogotenenti etnei di Salvini. L’aver assemblato, alle ultime Comunali, una lista da oltre duemila voti – portando in aula tre consiglieri – non gli aveva risparmiato, invece, le ostilità del circolo adranita del Carroccio, inaugurato dall’assessore Cantarella, e guidato da Tina Cancelliere.
Oggi i rapporti di forza si sarebbero ribaltati. E più di uno spiffero accredita l’addio della fazione legata al circolo come cosa fatta. Poi, fuori da Adrano, la partita di Bulla e Mancuso assume altra dimensione: lavorare al radicamento sul territorio della Lega che, sostengono i critici, il sindaco Carrà ha gestito come processo «a sua immagine e somiglianza». Nominando cioè pochi commissari comunali «e tutti vicini a lui», dicono i soliti analisti impietosi. E privilegiando il camouflage civico dei salviniani che, sui territori, ha originato pericolose convergenze finanche con uomini e cose di area renziana. «Si voterà a maggio in tanti importanti Comuni della provincia e la Lega finora non ha nomi e proposte riconoscibili», fanno notare le cassandre interne. «Impensabile» per un partito che, sul piano nazionale, veleggia oltre il 30 per cento.