Nella zona industriale di Catania, lo specchio d'acqua di Passo Martino c'è una quarantina di esemplari tanto affascinanti quanto pericolosi. Così è partito il progetto di trasferimento nell'azienda Macrostigma dove verranno isolate e visibili a fini didattici
Le tartarughe californiane che infestano il bacino dell’Enel Trasferite nel Siracusano con la benedizione del ministero
Fermarsi a guardarle mentre prendono il sole è uno spettacolo. Ma l’apparenza, come spesso accade, inganna. Le tartarughe californiane, trachemys scripta, che a Catania popolano il bacino di Passo Martino di proprietà di Enel Green Power sono una specie tanto affascinante quanto pericolosa per le altre presenti nello specchio d’acqua. Qualche tempo fa, ad esempio, hanno ferito un’anatra, hanno aspettato che morisse e poi se la sono divorata. Per questo il ministero dell’Ambiente le ha dichiarate «specie aliena da eradicare».
A Passo Martino ce ne sono una quarantina. Ed è partita l’operazione trasferimento. In questi giorni personale specializzato è impegnato nei tentativi di catturare i rettili e trasferirli nel Siracusano, nella ditta Macrostigma, a Rosolini. Un’azienda agroittica che da decenni si dedica all’acquacoltura e alla pesca sportiva, con un laghetto artificiale aperto a visite didattiche dove studenti provenienti da tutta la Sicilia imparano sul campo tutto quello che ruota attorno alla vita e alla riproduzione delle specie ittiche di allevamento.
Qui, dunque, le tartarughe di Passo Martino proseguiranno la loro vita. «Verranno separate per sesso e ombreggiate con alberi o con un telo, perché il sole aumenta lo stimolo alla riproduzione – spiega Piero Armenia, ispettore ittico e titolare insieme alla moglie di Macrostigma – Finché vivranno, in media 22 anni, sarà l’Enel a pensare economicamente alla loro sopravvivenza. Qui da noi troveranno l’habitat ideale e, soprattutto, saranno isolate dalle altre specie».
Un’iniziativa benedetta dal ministero dell’Ambiente che ha pure sollecitato la Regione siciliana a facilitare il trasferimento. Quest’ultima, però, si sarebbe mostrata impreparata di fronte alle necessarie autorizzazioni di sua competenza. «Se fossero arrivate nel Simeto – spiega Armenia – sarebbe stato un disastro. Lo avrebbero invaso in poco tempo, distruggendo i pesci più deboli: cefalo, spigola, trota, anguille, compresa la tartaruga d’acqua siciliana».
Nei giorni scorsi ne sono state recuperate una trentina, non senza difficoltà. Sono animali molto furbi e cambiano strategia appena capiscono il tipo di trappola che hanno davanti: si infilano sotto il fango per evitare la rete a strascico e riconoscono il pericolo. «Una volta nel nostro impianto verranno microchippate e messe in apposite vasche di una decina di metri, con dei tronchi galleggianti dove potranno prendere il sole, cosa che amano molto fare. Verranno usate a fini didattici».