Ieri il sito, tra i più suggestivi dell'isola, è stato sequestrato. E nel provvedimento gli inquirenti fanno chiarezza sulla proprietà del bene su cui, da anni, è in corso un contenzioso. «Pretese basate solo su atti unilaterali». Guarda le foto
Le pretese «infondate» del privato sulla Scala dei Turchi La Procura: «Sul sito mire di imprenditori e associazioni»
La Scala dei Turchi è pubblica e privata? Attorno a questa domanda da anni si è avviluppato uno scontro tra Comune di Realmonte e il signor Ferdinando Sciabbarrà, oggi 72enne, che ha portato sostanzialmente alla paralisi. E alla mancanza di manutenzione che ha causato crolli, sequestri e interdizione della marna. Così, a uno dei siti turistici più suggestivi e frequentati della Sicilia sono stati negati sviluppo e regole certe. Eppure, secondo la Procura di Agrigento, questo teatrino ce lo saremmo potuti risparmiare perché, scrive nero su bianco il procuratore Luigi Patronaggio, la famiglia Sciabbarrà «ha ottenuto in tempi lontani dall’assessorato regionale all’Agricoltura la sola esclusiva proprietà di una trazzera e non anche delle più ampie aree che si dipartono dalla trazzera demaniale e giungono fino al mare». Insomma, l’accusa per cui ieri è scattato il sequestro di tutta l’area è che il privato abbia avanzato richieste sulla base del nulla. «La pretesa di essere proprietario delle ulteriori aree già demaniali si basa unicamente su atti unilaterali non asseverati da sentenze o rogiti notarili».
Eppure negli ultimi anni Sciabbarrà aveva quasi messo con le spalle al muro Comune e Regione. Fece scalpore, nel 2015, la comparsa di alcuni cartelli di proprietà privata sulla marna bianca. Ne era seguito un contenzioso che stava per essere risolto con una mediazione. Il 72enne aveva proposto al Comune di cedere gratuitamente – «sic! (proprio così)» è il laconico commento della Procura di Agrigento – la proprietà del sito chiedendo in cambio lo sfruttamento economico del brand Scala dei Turchi per 70 anni, e cedendo una quota del 30 per cento del brand reclamato allo stesso Comune di Realmonte». In sostanza ogni volta che un grande o piccolo marchio avesse usato la Scala dei Turchi per farsi pubblicità, nelle casse di Sciabbarrà sarebbero finiti gran parte degli introiti. Il sindaco di Realmonte Lillo Zicari era favorevole, ma il consiglio comunale si è opposto e non se n’è fatto più niente. Fermando di fatto un accordo che, secondo la Procura di Agrigento, il privato non avrebbe avuto alcun titolo per siglare.
«Si osserva – sottolinea il procuratore – che le particelle in questione hanno avuto sempre destinazione pubblica e ancor più oggi hanno destinazione pubblica in quanto funzionali al perseguimento o al soddisfacimento di interessi collettivi quali la tutela del paesaggio e delle bellezze naturali, storico artistiche e geologiche». E poi, l’ulteriore messa in guardia: «Non vanno sottaciute le mire di privati, imprenditori e di associazioni, che hanno tentato di chiudere con lo Sciabbarrà accordi economici per lo gestione turistica del sito». Secondo gli investigatori, sarebbero più di uno i soggetti che si sarebbero mossi e su questa pista le indagini vanno avanti.
Chiarito questo aspetto, si passa alla mancata manutenzione del sito. A Sciabbarrà, «nella qualità di possessore di fatto dell’area», è contestato l’articolo 673 del codice penale, per avere «omesso di collocare segnali e ripari idonei a impedire pericoli alle persone in transito». E qui Patronaggio inserisce una nota di lode per Comune di Realmonte e Regione che «hanno supplito», «transennando spesso l’area, impedendo l’accesso dei visitatori e realizzando opere di messa in sicurezza». «L’avere ipotizzato questi reati a capo di Sicabbarrà – precisa tuttavia la Procura – non significa che a suo carico esistano fin d’ora gravi indizi di colpevolezza, ma solo che esiste il fumus di tali ipotizzati reati che giustifica il presente sequestro preventivo d’urgenza». Gli inquirenti chiederanno al gip una perizia «sulla natura e funzione pubblica del sito, sulla titolarità dello stesso e sulla validiità degli atti su cui si fonda la pretesa dell’indagato».
I danni causati da questa situazione alla Scala dei Turchi, d’altronde, sono evidenti e più volte documentati dall’associazione MareAmico: oltre ai pericolosissimi crolli, ci sono graffiti, buchi per ombrelloni da sole, pezzi di marna portati via come souvenir, carotaggi non autorizzati. «Solo il gestore pubblico – ammonisce la Procura – può mettere in atto tutte le costose attività di prevenzione e di messa in sicurezza volte, da un lato, a tutelare i visitatori del sito e, dall’altro, a impedire che le frane del materiale terroso a monte della marna bianca danneggino irrimediabilmente la stessa». E bisogna fare presto, prima che «l’approssimarsi della stagione turistica esponga i visitatori a un concreto pericolo di vita».
La Scala dei Turchi è stata quindi affidata al dirigente della struttura territoriale dell’ambiente di Agrigento-Caltanissetta della Regione Siciliana (ex Ufficio del Demanio di Aragona) e al Soprintendente ai Beni culturali e ambientali di Agrigento. «Adesso – ha commentato l’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro – ci sono tutte le condizioni per elaborare e finanziare un progetto di tutela e, al tempo stesso, regolamentare la fruizione di uno dei tratti di costa più suggestivi dell’Isola. La riservatezza che imponeva l’indagine della magistratura in corso ha suggerito al governo regionale di non replicare alle provocatorie dichiarazioni di chi, spesso, più che badare agli interessi generali, sembra salvaguardare solo i propri».