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Le mille verità negate del Risorgimento: l’eccidio di Fantina
Tante le verità negate dalla storiografia ufficiale sul periodo del Risorgimento in Sicilia. A partire dagli eccidi del 1860, di Bronte, di Biancavilla e dei paesi del circondario etneo ad opera del generale garibaldino Nino Bixio. Ed ancora la rivoluzione repressa nel sangue di Alcara Li Fusi, nel maggio dello stesso anno, ad opera di unaltro generale garibaldino Giovanni Interdonato e di cui troviamo traccia nel libro di Vincenzo Consolo Il sorriso dellignoto marinaio.
E le successive rivolte anchesse annegate nel sangue dal generale Pietro Quintino a Castellammare del Golfo il 3 gennaio del 1862 ( rivolta dei Cutrara) e poi ancora quella di Palermo del settembre del 1866 detta del ‘Sette e mezzo'( durò infatti 7 giorni e mezzo) in cui furono massacrati migliaia e migliaia di palermitani dalle truppe piemontesi del generale Raffaele Cadorna. Tra le tante violenze ignorate dalla storiografia ufficiale,, ve nè una passata anchessa nel dimenticatoio della storia del nostro risorgimento che va sotto il nome di ‘eccidio di Fantina’
Un eccidio che la dice tutta sui barbari e sanguinari metodi, di chiara impronta nazista, dellesercito italo- piemontese e che ebbe luogo appunto a Fantina, nellagosto 1862, in concomitanza ai fatti di Aspromonte che, come tutti sanno, si conclusero con il ferimento di Garibaldi ad opera dei bersaglieri del generale Pallavicini che aveva avuto, daVittorio Emanuele II, lordine perentorio di fermare a tutti i costi, anche al prezzo di un bagno di sangue, lavanzata dei garibaldini che si avviavano verso la città eterna al grido di Roma o morte . Una scarica di fucileria alle pendici dellAspromonte, richiamò allordine sabaudo i bollenti spiriti degli illusi garibaldini e ne fermò lavanzata.
Ed è da quel momento lesercito regio apre una vera e propria caccia ai garibaldini perpetrando nei loro confronti arresti, repressioni e deportazioni. Quasi duemila volontari, per lo più ,siciliani e meridionali, vengono arrestati ed assieme a diversi militari che avevano abbandonato i loro reparti per unirsi a Garibaldi vengono deportati e rinchiusi nelle fortezze dellantico regno sabaudo tra le quali la più triste e nota era quella di Fenestrelle, nellAlta Savoia, a più di 2mila metri dallaltezza e da cui per la rigidità del clima e per il barbaro stato di detenzione era difficile uscirne vivi.
Ed è in questo contesto della caccia spietata ai garibaldini, dopo i fatti in Aspromonte, che avvenne appunto lignobile eccidio di Fantina ad opera del 47° reggimento di fanteria sabaudo agli ordini del maggiore Giuseppe De Villalta nei confronti di una colonna di garibaldini guidata dal palermitano Carlo Trasselli. Il quale, dopo aver inutilmente cercato di raggiungere Garibaldi in Calabria , saputo linfelice esito dellimpresa , rassegnato si accingeva a raggiungere Novara di Sicilia per consegnare le armi al sindaco di quel paese. Nella marcia di avvicinamento a Novara la colonna si disperse ed una parte di essa esausta si fermò a riposare, trovando rifugio nelle case e nella chiesetta di Fantina.un piccolo centro della provincia di Messina.
La notte tra il 2 e 3 settembre che i fuggiaschi furono circondati e sorpresi nel sonno dai piemontesi. Circondati si arresero e quando furono tutti in piedi il comandante sabaudo maggiore Giuseppe De Villalta si fece loro incontro dicendo: Volontari se in mezzo a voi si celano dei disertori si facciano avanti. Il re li perdona e li lascerà immediatamente raggiungere i loro corpi”.
Illusi dalle promesse di quell uomo senza dignità e senza alcun onore, si fecero avanti in sette e immediatamente circondati e messi in disparte furono richiesti del nome e del corpo dappartenenza da cui avevano disertato. Fu a quel punto che la iena, calpestando il codice donore e ogni elementare norma dumanità, rivelò il suo ignobile volto e rivolgendosi a quei poveretti, che si erano illusi delle sue convincenti promesse, così si pronunciò: Soldati voi siete spergiuri verso la patria e il re. In nome della legge militare vigente, voi siete condannati alla pena di morte da eseguirsi allistante. Disertori, vi concedo dieci minuti da dedicare alla preghiera.
Inutili furono le proteste di quei poveri sventurati che alla fine chiesero, prima di essere fucilati, di potere scrivere due righe come ultimo pensiero ai propri cari e soprattutto, Giovanni Balestra il più giovane dei sette, appena diciottenne, che implorò sino alla fine, rivolto al plotone che stava per fucilarlo, di poter lasciare un ultimo messaggio di saluto alla amata madre Soldati -disse per lultima volta il giovane il voto dei morenti è sacro. Se avete una madre che amate anche voi, lasciate che io scriva una parola alla mia.
Fu tutto inutile Giuseppe De Villalta vile iena, assetata di sangue, fu irremovibile rispondendo così alla supplichevoli richieste dei condannati a morte:Siete solo briganti e non meritate altro che piombo nello stomaco Al terzo rullo di tamburo una scarica di fucileria pose fine alla vita di quelle giovani vittime. I corpi di quei sette martiri: Giovanni Balestra,Costante Bianchi, Giovanni Botteri, Giovanni Cerretti, Ulisse Grazioli, Barnaba della Momma e Giovanni Panieri, furono sepolti sotto il sagrato della chiesa di Fantina e sono ricordati da una lapide commemorativa collocata sulla facciata della chiesa.
Nel settembre del 2000, nel luogo delleccidio è stato eretto un cippo con i loro nomi a perenne ricordo di quellatto di viltà e di barbarie. Quegli atti di viltà e di barbarie che i piemontesi, allalba dellUnità dItalia, perpetrarono con massacri e stragi a danno delle popolazioni meridionali nel nome del Re ‘galantuomo’ il quale, per linaudito eccidio di Fantina, non si risparmiò di dispensare promozioni e riconoscimenti ai disumani e crudeli protagonisti di quellatto infame e negazione di ogni umana pietà .
E ancora più di recente infine, il giornalista Antonio Ghirelli da poco scomparso a quellavvenimento ha dedicato nel 1986 edito da Sellerio un saggio dal titolo L eccidio di Fantina. Per il resto di questo infame atto di viltà compiuto dallesercito piemontese non vi è la minima traccia obliato nei partigiani resoconti della storiografia ufficiale e scolastica. La damnatio memoriae ha colpito ancora.
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