La collettiva di Giuseppe Cuccio, Fabio Marabello e Ignazio Schifano sarà inaugurata martedì 16 giugno alle 19. Tre artisti siciliani, tre stili e un omaggio alla loro terra d'origine con un unico filo conduttore le contaminazioni multietniche in una terra ricca di fermento culturale e sociale
Le guerre di religione e il viaggio dei rifugiati All’Oratorio di San Mercurio “Mare di fuoco“
Tre artisti siciliani, un omaggio alla loro meravigliosa terra d’origine, tre stili. E un’unica via da percorrere costruita sul tema, attuale, delle guerre di religione e del conseguente viaggio dei rifugiati. È questo lo sfondo di “Mare di fuoco“, la collettiva di Giuseppe Cuccio, Fabio Marabello e Ignazio Schifano che, da martedì 16 giugno (inizio ore 19) sarà possibile visitare all’Oratorio di San Mercurio a Palermo. La mostra, realizzata con il sostegno dell’associazione Amici dei musei siciliani e dell’associazione culturale Bobez, ha visto inoltre la partecipazione di alcuni alunni del liceo artistico “Damiani Almeyda” di Palermo e potrà essere visitata tutti i giorni, dalle 10 alle 18, fino al 16 luglio.
«L’arte – afferma Francesca Grazioli, curatrice della mostra insieme con Giuseppe Carli – è da sempre lo specchio della società e i tre artisti rappresentano la fedele quintessenza della Sicilia, una terra ricca di fermento culturale e sociale, che attraverso il mare da secoli accoglie e adotta contaminazioni multietniche. In un momento storico tanto delicato – spiega ancora – nella costante minaccia di attentati terroristici, con i confini porosi di un’Europa incapace di arginare i flussi migratori provenienti dal Mediterraneo e le continue tragedie del mare nel canale siculo durante i viaggi clandestini dal Nord Africa, il pendolo dell’opinione pubblica si muove tra l’orrore e la compassione. Paura di ciò che non si conosce, solidarietà nei confronti di fratelli. In quanto uomini».
Un unico itinerario che, interpretando il tema dei conflitti a sfondo religioso e delle loro drammatiche conseguenze, parte da una vera e propria “guerra” tra stili diversi, da tre visioni artistiche tanto diverse tra loro quanto unite dal coraggio di un pensiero veemente.
«Il termine ‘conflitto’ – spiega Giuseppe Carli – indica di per sé un contrasto che può assumere diverse accezioni senza implicare necessariamente uno scontro violento. Ormai, però, il termine viene sempre più spesso interpretato nella sua accezione di ‘conflitto armato’, per cui è divenuto nell’uso corrente un sinonimo della parola ‘guerra’. Le arti con i loro segni e simboli ricreano quell’atmosfera, quel legame originario con la propria identità e la propria storia che attraverso l’opera d’arte traspira venendo fuori, non in modo meccanico come specchio sociale, ma come complesso campo dinamico di energie conflittuali, intreccio di relazioni plurime, dove primaria è la considerazione per la libertà creativa dell’artista e la sua reazione pisicologica al contesto sociale».