Le future mosse del Governo Crocetta: riduzione dei dirigenti e dei precari e nuove tasse

Mentre tutti si concentrano sull’improbabile rimpasto della Giunta regionale di Rosario Crocetta, o sui nuovi Sindaci, nelle segrete stanze del potere regionale si stanno mettendo a punto tre linee di azione da tenere sotto traccia: demansionamento di almeno la metà dei circa mille e 800 dirigenti regionali (che in questo momento sono quasi tutti senza contratto), riduzione drastica del precariato e reperimento delle risorse finanziarie spremendo famiglie e imprese.

Queste tre direttrici sono il frutto di una svolta imposta da Roma che, in questo momento, di fatto, ha commissariato la Sicilia. Lo si è visto ieri, a Sala d’Ercole. Dove l’assessore romano all’Economia, Luca Bianchi, che le indiscrezioni descrivono come appioppato alla nostra Isola dal Governo Monti, ha ridicolizzato l’articolo 37 dello Statuto siciliano, ribadendo, con una sfacciataggine che è pari solo alla sua arroganza, che da questo articolo la Regione siciliana dovrebbe ricavare appena 50 milioni di euro.

Un’affermazione del genere suona come un attacco diretto e preciso al cuore dell’Autonomia siciliana. Basti pensare che il solo Banco di Sicilia, quando l’anno scorso ha trasferito la sede sociale nel Nord Italia, ha fatto venire meno nelle’casse’ della Regione 300 milioni di euro circa.

Di fatto, se le imprese con stabilimenti in Sicilia ma sede sociale in altre Regioni del nostro Paese dovessero pagare le imposte da noi, nelle ‘casse’ della nostra Isola non dovrebbero arrivare non meno di 4 miliardi di euro. Se l’assessore Bianchi, imposto da Roma alla Sicilia, si permette di dire che l’articolo 37 darebbe alla Sicilia appena 50 milioni di euro, ebbene, lo fa sulla base di motivazioni politiche e non tecniche.E la motivazione politica ha due volti: smantellamento di ciò che resta dell’Autonomia siciliana e risorse finanziarie da drenare dalle tasche dei siciliani. 

Con la compiacenza del Governo Crocetta – con il solito Bianchi assessore – Roma ha scippato alla Sicilia 800 milioni di euro. In questo m momento la Regione è, sotto il profilo finanziario, sotto zero. Da qui l’esigenza di ‘tosare’ i cittadini siciliani. Cominciando dalle imprese già massacrate da Irpef e Irap ai massimi livelli. 

La prima mossa dovrebbe essere il demansionamento della dirigenza regionale. L’operazione sta riuscendo anche perché i sindacati che dovrebbero difendere i dirigenti sembrano un po’ ‘addormentati’. Tant’è vero che, tra gli stessi dirigenti della Regione, anche se in modo scomposto e confuso, cominciano a nascere movimenti spontanei. Forse da parte di chi ha capito quali saranno le future mosse del Governo regionale.

I soldi – questo il ragionamento che va in scena in queste ore nelle stanze del potere regionale – si possono trovare o piazzando nuovi balzelli, o riducendo le spese.

Il demansionamento della dirigenza regionale rientra in questa seconda opzione: pagare meno il personale per risparmiare.

Lo stesso discorso riguarda i precari. Che non sono solo i 23 mila degli enti locali, ma sono circa 100 mila considerando pure i forestali. Sul precariato degli enti locali – i già citati 23 mila – il Governo sta agendo con raffinata demagogia, lasciando intravedere una proroga per luglio. Rinviando la resa dei conti a dicembre.

Resi ‘mansueti’ i 23 mila precari degli enti locali, il Governo regionale – con la probabile acquiescenza dei sindacati – si sta ‘masticando’i 3 mila Pip di Palermo, che sono un esempio di disorganizzazione organizzata. Disorganizzati per i fatti loro, questi 3 mila precari vengono tirati di qua e di là con promesse aleatorie. Con l’obiettivo di disperdere la loro eventuale protesta. 

Al di là delle promesse del Governo Crocetta e delle chiacchiere dei sindacalisti, le uniche cose certe, per questi 3 mila lavoratori precari, sono tre. Prima lavoravano negli uffici della Regione e ora non vi lavorano più. Prima portavano a casa 800 euro al mese o giù di lì più i contributi, mentre ora hanno la promessa di 800 euro al mese a titolo di indennità di disoccupazione senza contributi. In queste ore – e questa è la terza cosa – stanno scoprendo di essere stati licenziati, mentre la prima indennità di disoccupazione, se tutto filerà liscio, la vedranno a fine luglio. Hanno perso il lavoro, ma gli hanno riempito la testa con i Cantieri scuola, l’ultima trovata elettorale del Governo Crocetta.

In pratica, il potere regionale si è sbarazzato di 3 mila precari buttandoli in mezzo alla strada con chiacchiere e promesse. Invece di venire difesi dagli altri precari, sono stati abbandonati anche da questi ultimi. Un errore.

Diventati dipendenti regionali per cooptazione politica o sindacale, i precari degli enti locali – ma il discorso può essere esteso a tutto il precariato siciliano – non conoscono i conti del bilancio e regionale enon immaginano che la stessa sorte, con molta probabilità, potrebbe toccare a loro. Invece di riunirsi per fare cartello comune, restano divisi, ‘ringraziando’ addirittura il Governo Letta che, degli 800 milioni di euro che ha scippato alla Sicilia, forse ridarà indietro alla nostra Regione 7-8 milioni di euro per prorogare fino a dicembre il contratto. Poi…

La terza direttrice è il reperimento delle risorse finanziarie penalizzando le imprese siciliane. Sempre ieri sera, in Aula, dopo che l’assessore Bianchi si metteva sotto i piedi l’articolo 37 dello Statuto, l’assessore al Territorio e Ambiente, Mariella Lo Bello, confermava l’aumento del canone demaniale. Attenzione: in alcuni casi, l’aumento del canone demaniale è legittimo. Anzi più che legittimo. Ma il punto non è questo: il punto è che il Governo regionale di Crocetta, invece di fare gli interessi della Sicilia, sta facendo gli interessi di Roma.

Colpire in un momento di crisi, in modo generalizzato, le poche imprese che operano lungo nel demanio, è una follia, perché questo provocherà chiusura di attività economiche e nuova disoccupazione.

Nella manovra sul demanio, però, il Governo Crocetta ha commesso un grave errore: senza volerlo, va a toccare gl’interessi dei grandi gruppi nazionali che operano in Sicilia, che in molti casi operano proprio sul demanio. Da un Governo oggettivamente ‘ascaro’ non ce l’aspettavamo. Evidentemente hanno fatto male i conti. Non sempre si conoscono i ‘confini’ delle proprietà dei propri ‘padroni’.

Ora ci sarà da divertirsi. Se, come ha affermato ieri a Sala d’Ercole l’assessore Lo Bello, l’aumento dei canoni demaniali dovrà essere proporzionale all’entità effettiva delle attività economiche, per questi grandi gruppi nazionali – che non hanno mai pagato le imposte in Sicilia proprio perché il citato articolo 37 dello Statuto non è mai stato applicato – la ‘botta’ dovrebbe essere pesante, vista la grande entità delle attività economiche che sviluppano.

Per capirci: l’Eni di Gela, che peraltro è tornato ad inquinare il mare, non potrà pagare quanto il titolare di uno stabilimento sulle dure di San Leone ad Agrigento. Se ciò avverrà, Crocetta e l’assessore Lo Bello perderanno la faccia.  

Anzi, dovrebbero essere gli stessi imprenditori siciliani che operano nel demanio a fare cartello e a chiedere che il maggiore prelievo colpisca non loro, ma questi grandi gruppi economici nazionali che hanno sempre inquinato la Sicilia, non hanno mai pagato le imposte alla nostra Regione e hanno sempre portato fuori dall’Isola il valore aggiunto prodotto nella nostra terra.

Ad una richiesta di questi imprenditori siciliani – legittima quanto l’aumento del canone – il Governo Crocetta non potrebbe sottrarsi

 


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