Mercoledì 16 e giovedì 17 si terranno le elezioni dei rappresentanti degli studenti in seno ai Consigli di facoltà di Lingue. Gli studenti dovranno scegliere 12 rappresentanti tra i 38 candidati delle 5 liste di Catania e le 2 di Ragusa.
Anche questanno lostacolo da superare è la distanza che tradizionalmente separa gli studenti normali da quelli che decidono di buttarsi nel gioco della politica universitaria.
Laccostamento dei due termini, gioco e politica, è probabilmente di quelli che fanno storcere il naso e che infastidiscono i più politicizzati. Ma in questi ambiti i due concetti possono arrivare a confondersi fino a sfumarsi luno nellaltro agli occhi dell universitario. Altrimenti non si spiegherebbe il ripetuto mancato raggiungimento del quorum.
Certo è che non dovrebbe essere così. Anzitutto perché rappresentare gli studenti al consiglio di facoltà non è un gioco. Almeno in teoria. Questa è infatti larma più forte che gli studenti possiedono per far sentire a propria voce ai piani più alti. Problemi, disagi e – perché no? – proposte possono transitare dal popolo studentesco a quello dirigente solo grazie a questo riconosciuto principio di rappresentanza.
Secondo perché, a questi livelli, ci si chiede se la politica più che un bene sia un danno, almeno nei termini in cui si pratica adesso. Scorrendo lelenco delle lista è di fatto facile accorgersi di una realtà discutibile. Sembra quasi di aver a che fare con elezioni di altro livello anziché semplicemente studentesche. Votazioni in cui partiti e partitini schierano le loro forze alla conquista di quel seggio in più che dà maggioranza, potere e prestigio.
Ma in facoltà, a ben guardare, a che serve raggiungere la maggioranza di un partito di destra o di uno di sinistra? Il diverso riferimento politico permetterà alluna o allaltra parte di raggiungere migliori risultati? Che dei due porterà più aule studio? Chi quella internet?
Non ci si accorge che leccessiva politicizzazione di questo ambito della vita di tanti studenti ha il chiaro effetto, già accennato prima, di allontanarli dal seggio.
I candidati sfruttano la passerella universitaria come palestra per prepararsi al salto nella politica dei grandi. Forse questo non vale per tutti. Però per molti sì. I nomi delle loro liste, i pochi discorsi di propaganda (pieni di tanti ideali e di poca pragmatica per la verità) lo dimostrano. Lo scarso interesse per lo studente – in quantotale – e le sue esigenze si manifesta con tutta la sua forza quando le domande che perfetti sconosciuti, candidati e non, rivolgono per un giorno ad altri colleghi altrettanto sconosciuti sono solo un sai già chi votare? o un per favore vota lui che è un mio amico mentre li si riempie di volantini che nel giro di unoretta finiranno inevitabilmente nel cestino.
Ma come biasimare questo studente medio? Su che base dovrebbe scegliere il suo rappresentante? La storia degli anni passati dovrebbe insegnare: nell impossibilità di fare una scelta sensata non rimane che fregarsene altamente!
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