Le Creative Commons salveranno il Web 2.0?

Fine dicembre. Viene modificata la vecchia legge sul diritto d’autore con l’aggiunta di un comma specifico relativo alla divulgazione di contenuti tramite internet. Come sa bene chiunque abbia avuto un testo scolastico o un manuale universitario tra le mani il primo comma dell’art. 70 della legge sul diritto d’autore permette la riproduzione di una parte non superiore al 10% di un’opera. Tale comma, se ben si applica al mondo della carta stampata, è poco utile nei confronti della rete. E proprio pensando a questo si è pensato di svecchiare l’articolo aggiungendo il nuovo comma di cui sopra, che prevde la pubblicazione dell’intera opera, purché si tratti di musiche o immagini “a bassa risoluzione o degradate” e lo scopo sia “per uso didattico o scientifico”, in ogni caso senza fini di lucro.

Inutile dire che la blogosfera è insorta in maniera decisa contro questo provvedimento, giudicato inaccettabile dal popolo di internet. Che senso avrebbe infatti diffondere la cultura in maniera degradata? Voi accettereste mai di guardare una foto sgranata o una musica con un fastidioso rumore di feedback in sottofondo? Insomma, il vecchio caro principio di art for art’s sake in questo caso sembra proprio non rendere. Ecco dunque che Pietro Folena, Presidente della Commissione Cultura alla Camera, si è apprestato a calmare le acque. In un’intervista a Repubblica spiega che per ‘degradata’ si intende: “una qualità non paragonabile a quella di un cd, ma comunque ascoltabile. O un’immagine con dimensioni non utili alla riproduzione a stampa”. Ma I dubbi rimangono. Possibile non ci sia un modo di poter utilizzare i contenuti offerti dal web senza incorrere in sanzioni e mancare di rispetto al lavoro di nessuno? Beh, sì: il modo c’è ed esiste da circa cinque anni.

“È semplice quando salti gli intermediari”. È questo lo slogan delle licenze Creative Commons (CC), la forma di tutela del diritto d’autore che, dalla propria nascita, cinque anni fa, ha cambiato il modo in cui il diritto d’autore tutela e vigila la proprietà intellettuale di un elaborato. Basti pensare che artisti come i Pearl Jam o Gilberto Gil hanno deciso di affidarsi alle CC. E anche Wikipedia pare stia facendo un serio pensierino a passare alle CC.

 

Le CC si integrano perfettamente nella filosofia dell’open source, introducendo una valida integrazione a diritti che regolano le pretese che l’autore di un’opera può accampare su di essa. Ma, si badi bene, non sostituiscono in alcun modo l’attribuzione del diritto patrimoniale. Le normative degli ordinamenti giuridici vigenti specificano che un’opera, di qualunque tipo, è automaticamente coperta da diritto d’autore secondo la formula “Tutti i diritti riservati”. Ciò comporta il divieto ai terzi di diffonderla, modificarla o pubblicarla in alcun modo e in qualunque formato senza esplicito permesso dell’autore e, se richiesto, dietro pagamento di un compenso.

 

Le CC introducono una formula leggermente diversa: “Alcuni diritti riservati”. Cosa significa? L’autore acconsente che la propria opera (un post su un blog, una canzone, un video, una foto, ecc.) possa essere liberamente divulgata (e in alcuni casi modificata) senza bisogno per chi la condivide di ottenere alcun tipo di autorizzazione da parte sua. Vale la pena di notare che la forma delle licenze CC, pur potendo essere usata a tale scopo, mal si adatta alla tutela dei software, che infatti vengono rilasciati sotto licenza GNU, una licenza specifica per il mondo a numeri binari che simula in ambito specifico ciò che le CC attuano in maniera più generica sulle produzioni intellettuali.

 

Esistono sei tipi di licenze CC che differiscono nelle modalità di divulgazione e nella possibilità di uso a fini commerciali. Comunque, tutte prevedono che si riconosca la paternità dell’opera divulgata e, in caso di modifiche, che venga chiaramente specificato che queste sono successive e non collegate o volute dall’autore originario in alcun modo:

  • Attribuzione: è possibile condividere l’opera con qualunque mezzo e modificarla.
  • Attribuzione – Non opere derivate: è possibile condividere l’opera con qualunque mezzo ma non modificarla.
  • Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate: è possibile condividere l’opera con qualunque mezzo ma non modificarla né usarla a fini commerciali.
  • Attribuzione – Non commerciale: è possibile condividere l’opera con qualunque mezzo e modificarla ma non usarla a fini commerciali.
  • Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo: è possibile condividere l’opera con qualunque mezzo e modificarla ma non usarla a fini commerciali. L’opera creata andrà distribuita sotto una licenza CC identica o equivalente a quella dell’opera di partenza.
  • Attribuzione-Condividi allo stesso modo: è possibile condividere l’opera con qualunque mezzo e modificarla. L’opera creata andrà distribuita sotto una licenza CC identica o equivalente a quella dell’opera di partenza.

Per rendere noto che il proprio elaborato è rilasciato sotto licenza CC basterà apporre su questa il logo dell’organizzazione. Ciò permetterà a chi ne fa uso di sapere immediatamente a quale licenza specifica riferirsi e dunque sapere subito che uso poter fare di quell’opera (gli utenti di OpenOffice hanno a disposizione anche un plugin dedicato scaricabile qui). Ma una cosa è certa, a nessuno andrà chiesto il permesso per la divulgazione: “È semplice quando salti gli intermediari!”.

 

Per approfondire l’argomento sulle CC e sul diritto patrimoniale consigliamo la visione di questo video, che spiega nella maniera più chiara possibile le dinamiche legate alla produzione di contenuti e la loro tutela.


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