Titolo: Le Couperet (The Ax). Regia: Costa-Gavras. Soggetto: tratto dal romanzo The Ax di Donald Westlake. Sceneggiatura: Costa-Gavras, Jean-Claude Grumberg. Fotografia: Patrick Blossier. Musica: Armand Amar. Montaggio: Yannick Kergoat. Interpreti: Josè Garcia, Karin Viard, Ulrich Tukur, Olivier Gourmet. Produzione: KG Production/Les Films du Fleuve/Wanda Visin. Origine: Francia/Belgio 2005. Durata: 125.
Per chi apprezza il cinema non convenzionale, non commerciale, non vuoto di idee e di innovazioni, Konstantine Costa-Gavras rappresenta da sempre, dai tempi di Z sino al recente Amen, una sicurezza qualitativa, sia per il semplice spettatore che per lamante del cinema. A conferma di ciò anche il suo ultimo film, Le couperet, visto in anteprima al TaoFF nello spazio serale del Teatro Antico.
Assolutamente originale la trama: Bruno Davert, dirigente di una fabbrica internazionale produttrice di carta industriale, dopo quindici anni di lavoro viene improvvisamente licenziato a causa dello spostamento verso est dellimpianto. Sicuro di poter ritrovare in breve un nuovo lavoro, grazie alla sua alta competenza e professionalità, Bruno finisce però per ritrovarsi due anni e mezzo dopo ancora senza uno straccio dimpiego. Allora, per non perdere dignità, moglie e figli, decide di mettere in pratica un piano molto spietato ma al tempo stesso altamente efficace. Uccidere tutti i suoi concorrenti nella corsa allaccalappiamento di un posto prestigioso come dirigente della multinazionale della carta Arcadia Corporation.
A discapito di ciò che sembra, non assolutamente un semplice film drammatico. Il tema della precarietà lavorativa viene trattato con unironia al limite del caustico e del grottesco. Praticamente una black commedy, in cui un uomo qualunque assume laspetto di un mostruoso e allo stesso tempo ridicolo serial killer solo per poter mantenere alto il tenore di vita a cui la sua famiglia per anni è stata abituata. Con landare avanti della vicenda Costa-Gavras ha lincredibile capacità e bravura di farci sentire quasi simpatia verso un personaggio in realtà assolutamente spregevole, che adotta in maniera inquietantemente superficiale la mentalità del mors tua, vita mea. Ciò grazie soprattutto ad una sceneggiatura, scritta dal maestro franco-ellenico insieme a Jean-Claude Grumberg, sincronizzata come un orologio svizzero, che non permette alcuna flessione ritmico-narrativa alla vicenda e che allo stesso tempo si mantiene perennemente in perfetto equilibrio su quella difficile linea di confine tra il comico ed il tragico, tra il serio ed il faceto, tra le lacrime ed il sorriso.
Costa-Gavras non sembra voler giudicare il suo grottesco personaggio. E quasi, invece, come se volesse osservare e mostrare con occhio lucido la spietatezza e il cinismo di una intera società attraverso la lucida, disperata ed indotta follia di un uomo comune.
Impareggiabile il protagonista, Josè Garcia, nel costruire lentamente un personaggio che sulle prime appare assolutamente improbabile, ma che con il passare del tempo acquista una sempre maggiore credibilità ed energia grazie ad una grande sicurezza nellalternare il registro ironico a quello tragico.
Certamente la pellicola migliore vista in questedizione molto poco convincente del TaoFF e anche quella colpevolmente meno sorretta dal quotidiano tam tam promozionale festivaliero a discapito di opere meno convincenti e più appariscenti, però perfettamente adatte alla perenne, inutile attività autocelebrativa in cui ormai da qualche anno la manifestazione cinematografica taorminese ama ingiustificatamente crogiolarsi.
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