«Ho preferito portarli lì piuttosto che smaltirli nell'inceneritore». Il giorno dopo la notizia data da MeridioNews di cadaveri e scheletri di cani in un ex maneggio all'Oasi del Simeto, ammette le sue responsabilità Alberto Trimboli, presidente di Sos Randagi, unica associazione in convenzione con palazzo degli Elefanti
«Le carcasse le ho messe io, sensibilità personale» Parla l’animalista convenzionato col Comune
«Le carcasse di cani all’Oasi del Simeto le ho messe io, è una questione di sensibilità personale, ho preferito portarli lì piuttosto che lasciarli in un autocompattatore o smaltirli nell’inceneritore». Alberto Trimboli è un avvocato, presidente dell’associazione animalista Sos Randagi, l’unica che, fino allo scorso 31 dicembre, ha avuto una convenzione con il Comune di Catania. Dopo aver letto l’articolo e visto le immagini di MeridioNews sul ritrovamento di una sorta di cimitero abusivo a cielo aperto, ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti perché, dice, «non si aspettava tanta eco» per una vicenda su cui il sindaco Enzo Bianco ha voluto avviare un’indagine interna.
«Da anni, con la mia associazione, mi occupo della zona sud di Catania; ho sempre battuto l’area dell’Oasi del Simeto perché amo le escursioni. È così che ho scoperto l’ex maneggio». Nel 2011 Sos Randagi si aggiudica una sponsorizzazione con il Comune per il servizio di tutela del benessere animale nelle municipalità 7, 9 e 10: si tratta del monitoraggio, censimento e sterilizzazione dei cani nelle zone del porto, della zona industriale, di Librino, San Giorgio, Vilaggio Sant’Agata, Zia Lisa e via Palermo. L’associazione si impegnava inoltre a svolgere «attività di informazione ed educazione al rispetto degli animali in libertà presso le scuole e i consigli di quartiere». Una convenzione a costo zero. «L’unica cosa che il Comune forniva era una fornitura di mangime una tantum, una spesa di circa 8-9mila euro», spiega Trimboli.
Battendo la zona dell’Oasi, il presidente dell’associazione trova un gruppo di randagi che si aggira nei terreni vicini all’ex maneggio e a una vecchia caserma della guardia di finanza. «Ho deciso di stabilizzarli tra quei ruderi perché era un posto tranquillo, anche se appartiene a dei privati che lo hanno abbandonato. I materassi che avete visto li ho portati io, così come i croccantini e il latte». Secondo la serena ricostruzione di Trimboli, su quello che è stato ribattezzato dall’associazione Teg4friends il maneggio degli orrori «è in corso un contenzioso tra i proprietari e il Comune, perché sicuramente una parte delle costruzioni è abusiva e va abbattuta». È qui che l’avvocato tiene i cani, undici inizialmente. A palazzo degli Elefanti sarebbero ufficiosamente a conoscenza della situazione. Da almeno due anni. Da quando, racconta il presidente di Sos Randagi, «sono venuti a bonificare una microdiscarica di eternit, pneumatici e materiali di risulta che si era formata nello slargo davanti ai ruderi». In quell’occasione il Comune ha anche messo il cancello. «Sanno che tengo lì i cani vivi, al momento ne sono rimasti sei. Ma non sono a conoscenza delle carcasse».
Trimboli parla di sei cadaveri, anche se dalle ossa ritrovate sembrerebbero otto. «Tre fanno parte del gruppo originario di cui sono ufficialmente tutor e sono morti lì, due erano stati investiti da un’auto e li ho trovati sulla statale per Siracusa, una è stata avvelenata a Librino. Ho deciso di portarli lì con la mia auto, avvolti in una coperta. È una questione di sensibilità personale, avrei voluto seppellirli, ma passate troppe ore non mi era più possibile – continua a raccontare Trimboli, pacato, con il tono di chi parla di quotidianità – Alcuni hanno subito un processo di mummificazione, altri si sono decomposti fino a rimanere solo le ossa. L’Asp e il Comune, che ha uno specifico servizio di nettezza urbana, hanno l’obbligo di smaltire i cadaveri nell’inceneritore, ma per i privati non esiste una regola precisa, ognuno potrebbe seppellirli anche nel giardino di casa», si difende. «Nessuna influenza esterna», giura. Tuttavia i cani microchippati dal Comune sono proprietà dell’ente pubblico. Secondo quanto riferisce Trimboli «degli animali trovati morti, due sono quelli investiti e non erano microchippati, tre erano maschi e il microchip lo abbiamo messo solo alle femmine, l’ultima è quella avvelenata a Librino e possiedo un verbale di affidamento del cadavere fatto dalla municipale». In nessun caso quindi è stata denunciata la morte.
In attesa di capire se a palazzo degli Elefanti lanceranno un nuovo bando per coinvolgere le associazioni animaliste nel monitoraggio dei randagi, Trimboli dice di continuare a prendersi cura di 150 animali liberi che si trovano nelle zone di sua competenza. «Altrimenti – precisa – sarebbero finiti al canile che comunque è già pieno con quasi 700 cani». Inoltre gestisce ufficiosamente alcune aree comunali, alla Playa e in via Palermo. «Si tratta di strutture pre-esistenti, dove il Comune teneva dei cani, poi abbandonate. Quindi siamo subentrati noi, in sostanza si è continuato quello che già esisteva da prima». Rispetto alla gestione dell’ex maneggio nell’Oasi del Simeto, si dice tranquillo. «Da quando è uscita la notizia, nessuno dal Comune mi ha contattato», afferma. Eppure sarebbe stato proprio un dipendente comunale a fare per primo il nome di Trimboli, dopo che David, il senzatetto che è stato temporaneamente trasferito lì nei giorni scorsi, gli aveva chiesto spiegazioni sulle carcasse e gli scheletri trovati. «Semplicemente – conclude il presidente di Sos Randagi – non conferirò più lì gli animali morti, magari li seppellirò in altri terreni».