Le autostrade del Cas…

Due lotti di un’autostrada realizzati sull’argilla che, a distanza di poco più di due anni, alle prime piogge, finiscono con il somigliare alla pista di un otto volante, con disagi e pericoli per gli automobilisti, con un danno stimato pari a 150 milioni di euro. Aree di servizio con concessioni non rinnovate per un totale di circa 67 milioni di euro di introiti mancati. Il ‘bollettino di guerra’ prosegue con altri 114 milioni di euro di perdite provocate dalle mancate manutenzioni. E 64 milioni di euro utilizzati per pagare progettazioni che dovrebbero invece essere a carico dello Stato. Poi una gestione dei bilanci con interessi maggiorati, esplosione dei contenziosi, bassa manutenzione dei caselli, conteggi Enel senza verifiche, mancato aumento dei pedaggi, crescita esponenziale dei costi per l’assicurazione. Quindi l’immancabile ciliegina sulla torta: un versamento di 12 milioni di euro sparito nel nulla. Su tutto e su tutti svetta l’ombra lunga della mafia che, in tutti questi anni, presumibilmente – trattandosi di appalti pubblici – non ha certo lasciato passare questo enorme fiume di denaro senza riscuotere il ‘dazio’.
Questa, in sintesi, la ‘radiografia’ del Cas, sigla che sta per Consorzio autostrade siciliane. Le cronache dei nostri giorni ci descrivono un contenzioso tra lo Stato e la Regione siciliana. Con il governo Berlusconi impegnato a togliere alla Sicilia la gestione di tre autostrade: la Messina-Palermo (A 18), la Messina-Catania (A 20) e la Siracusa-Gela (in fase di realizzazione). Un tira e molla tra Roma che revoca le concessioni e Palermo che si rivolge ai giudici amministrativi del Tar. I quali, in attesa di pronunciarsi sul merito della questione, sospendono la revoca romana, restituendo al governo della Regione la gestione di queste tre martoriate autostrade.

(Questa disputa ‘intelligente’ si è conclusa con la ‘vittoria’ della Regione siciliana, che continua a gestire le tre autostrade in questione: e si vede…).

La macabra conta dei morti e dei feriti

Il Consorzio autostrade siciliane (Cas) vede la luce nel 1997. E’ il frutto dell’unione del Consorzio autostrada Messina-Palermo e del Consorzio autostrada Messina-Catania. Il Cas è concessionario dell’Anas per la gestione delle già citate autostrade Messina-Palermo e Messina-Catania. A queste si aggiunge la Siracusa-Gela, autostrada in ‘eterna’ costruzione.
A differenza di altre concessionarie Anas, il Cas è un ente pubblico non economico del quale il maggiore ‘azionista’ è la Regione (96 per cento). Il Consorzio utilizza risorse finanziarie proprie (gli introiti dei pedaggi e le royalties che derivano dalla concessione delle aree di servizio). Con tali entrate il Cas deve provvedere al pagamento del proprio personale e, ovviamente, alla manutenzione della rete autostradale. Secondo quanto previsto dalla convenzione con l’Anas, la spesa annua del Cas per la manutenzione delle autostrade non deve essere inferiore al 35 per cento di quanto ricavato dai pedaggi.
Grosso modo, dal 1997 al 2008 del Cas si conosce poco o nulla. Un ente che viene gestito, per lo più, in regime commissariale (commissario straordinario dal 2000 al 2007 è Benedetto Dragotta).

Inverno 2008: qualcosa si ‘muove’

Improvvisamente, nell’inverno del 2008, con l’arrivo delle prime piogge, qualcosa si ‘muove’: è il manto dell’autostrada Siracusa-Gela che comincia a cedere, trasformandosi in una lunga striscia ondulata. “La situazione è grave ma non seria”, commenta qualcuno citando Ennio Flaiano. E’ grave perché un’autostrada ondulata, oltre a non essere contemplata nei manuali di ingegneria stradale, ‘potrebbe’ risultare un po’ scomoda, se non pericolosa, per gli automobilisti. Non è seria perché quando i fatti si verificano il tratto di autostrada Noto-Rosolini è stato appena completato. Anzi, non è stato nemmeno aperto al traffico. Che succede? Magia? La maledizione gettata lì da una zingara di passaggio? Il ricorso alle scienze occulte per spiegare lo strano fenomeno non convince affatto la Procura della Repubblica di Siracusa che, nell’aprile del 2008, pone sotto sequestro l’autostrada ‘ondulata’.
Quando la magistratura mette sotto ‘osservazione’ il tratto di autostrada Noto-Rosolini, nei ‘Palazzi’ della politica siciliana sono in corso grandi cambiamenti. Totò Cuffaro si è dimesso da presidente della Regione dopo aver subito una condanna penale; al suo posto sta per arrivare Raffaele Lombardo, candidato del centrodestra che verrà eletto con una valanga di voti.
Appena giunto a Palazzo d’Orléans, la sede della presidenza della Regione, Lombardo si ritrova subito tra i piedi la ‘grana’ della Siracusa-Gela. “Che è ‘sta storia?”, chiede l’allora neo presidente. Che ha appena il tempo di inquadrare il problema. E di avallare la ricostituzione del Consiglio direttivo del Cas fatta dal suo predecessore, Lino Leanza (che, in qualità di vice presidente della Regione, aveva sostituito il dimissionario Cuffaro in attesa dell’arrivo del nuovo presidente). Si tratta dell’organo chiamato ad amministrare il Consorzio per le autostrade siciliane. La designazione del presidente del Consiglio direttivo era caduta su Patrizia Valenti, dirigente della Regione. Alla quale vengono affiancati Enrico Gugliotta, Fernando Cammisuli, Ferdinando Mandina, Dario La Fauci, Giuseppe Faraone e Angelo Paffumi.
L’avventura di Patrizia Valenti sulla plancia di comando del Cas dura poco più di un anno e tre mesi. E sarà proprio il nuovo Consiglio direttivo presieduto dalla Valenti a far venire fuori tutte le magagne del Consorzio autostradale frutto di lunghi anni di gestione, come dire?, un po’ troppo disinvolta. Tra la primavera del 2008 e il luglio 2009 Patrizia Valenti proverà a mettere ordine negli uffici del Cas. Un lavoro difficile che le costerà anche minacce: per esempio, una bella cartuccia come ‘regalo’ nel Natale del 2008 e in tentativo di forzare la portineria del residence dove abita a Palermo per consegnarle uno strano pacco.

Sinfonia ‘ondulata’ sulla Siracusa-Gela

La prima cosa da capire è la causa degli avvallamenti. Cos’è che li provoca? Il nuovo Consiglio direttivo del Cas chiede ‘lumi’ alla facoltà di Ingegneria dell’Università Kore di Enna. La ‘diagnosi’ del professore Giovanni Tesoriere, docente di Economia dei Trasporti e preside della facoltà, lascia di stucco: i lotti 4 e 5 (ovvero il tratto di autostrada Noto-Rosolini) sono stati realizzati utilizzando limo e, soprattutto, argille.
Il corpo dell’autostrada, che gli esperti definiscono “Rilevato”, viene realizzato a pacchetti di materiale. Invitato a fornire spiegazioni, il direttore dei lavori dell’autostrada confessa candidamente di avere autorizzato l’impresa a utilizzare il materiale del luogo per la realizzazione del corpo autostradale, così come previsto dal capitolato. E siccome in loco c’erano limo e argilla, l’autostrada è stata realizzata a colpi di limo e, soprattutto, di argilla!
“Per tale tratto autostradale – si legge nella relazione del professore Tesoriere – deve considerarsi ‘fisiologico’ il manifestarsi periodico di cedimenti diffusi in relazione alle condizioni di umidità che raggiungono i materiali degli strati argillo-limosi con cui il rilevato è stato realizzato”. In pratica, ogni volta che piove a dirotto, nel tratto di autostrada Noto-Rosolini si formano gli avvallamenti, con buona pace della sicurezza degli automobilisti. Il danno c’è, insomma. Ma, come avviene spesso in Italia, non si trovano i responsabili.
Dopo una rapida sistemazione il tratto di autostrada ‘gonfiabile’ è stato aperto al traffico (questo è avvenuto l’8 novembre del 2008). Ogni anno, con l’arrivo delle piogge, agli automobilisti non resta che stare attenti e affidarsi al buon Dio: consigli quanto mai opportuni per evitare di andare a rompersi l’osso del collo “a norma di legge”.
Facendo quattro conti, la manutenzione di questo tratto della Siracusa-Gela costa tre o quattro quello di un qualunque altro tratto autostradale. E sarà così per sempre. A meno che non si decida di tagliare la testa al toro e di rifare, ex novo, la Noto-Rosolini. Per fare questo, forse, non basterebbero altri 150 milioni di euro.

Scenario generale: la diffida dell’Anas

Gli avvallamenti della Siracusa-Gela sono uno dei tanti problemi che i nuovi amministratori del Cas devono affrontare. Appena insediati, infatti, i componenti del nuovo Consiglio direttivo si trovano sul tavolo una bella diffida dell’Anas che è stata notificata al Consorzio il 18 febbraio del 2008. L’Anas dà 90 giorni di tempo al Cas per rispondere ai rilievi. In assenza di risposta minaccia di revocare la concessione.
I nuovi amministratori del Cas si mettono subito al lavoro. La prima cosa da fare è rispondere all’Anas in tempi strettissimi (quando il nuovo Consiglio direttivo si insedia mancano appena un paio di settimane alla scadenza dei 90 giorni). L’Anas contesta al Cas una serie impressionante di inadempienze: mancate manutenzioni delle autostrade, mancati accantonamenti, contabilità generale non conforme a quanto previsto dalla convenzione, assenze di schede per la contabilità analitica e via continuando.
La contestazione più grave mossa dall’Anas è la mancanza di manutenzioni. I nuovi amministratori scoprono così che sulle autostrade Palermo-Messina e Messina-Catania, dal 2000 al 2005, non sono state effettuate manutenzioni. A conti fatti, si tratta di 54 milioni di euro che avrebbero dovuto essere utilizzati per migliorare la sicurezza di queste due autostrade. Soldi finiti invece chissà dove. Viene inoltre appurato che le manutenzioni non sono state effettuate nemmeno nel 2006 e nel 2007 (altri 30 milioni di euro utilizzati per altre finalità).
Le mancate manutenzioni hanno determinato un danneggiamento esponenziale delle ‘A 18’ e ‘A 20’. Problemi che riguardano il manto stradale e gli impianti. Le due ‘arterie’ autostradali sono così diventate estremamente pericolose per gli ignari automobilisti. Resta da capire come mai l’Anas abbia impiegato quasi otto anni per accorgersi che due autostrade siciliane erano prive di manutenzione.
I nuovi amministratori del Cas mettono sotto pressione gli uffici. Viene redatto un ‘Piano di manutenzione straordinaria per la messa in sicurezza e l’innovazione tecnologica della A18 e della A 20”. Spesa prevista: 114 milioni di euro. L’obiettivo, in primo luogo, è quello rendere sicure le due autostrade e, in secondo luogo, di rispondere a tutte le “non conformità” rilevate dall’Anas per il periodo 2000-2005, scongiurando la revoca della concessione.

La manutenzione straordinaria e la Fas-farsa

Una volta messo a punto il ‘Piano di manutenzione straordinaria’ bisogna reperire le risorse finanziarie per renderlo operativo. Gli introiti del Cas, pari a 80 milioni di euro circa all’anno, devono essere impiegati per la manutenzione ordinaria e per la gestione dell’Ente. Non resta che reperire le risorse all’esterno. Così, nel novembre del 2008 i nuovi amministratori del Consorzio presentano richiesta di finanziamento all’Anas e al governo regionale. Nonostante la gravità della situazione negli uffici del Cas non arriverà mai alcuna risposta, né dal governo regionale, né dagli uffici dell’Anas.
Dai giornali si apprende che, per le autostrade, potrebbero essere utilizzati 70 milioni di euro a valere sul Par, il Programma aggiuntivo regionale. In pratica, si tratta dei celeberrimi Fas, i Fondi per le aree sottoutilizzate, risorse finanziarie in teoria destinate al Sud, ma che il governo Belusconi ha in buona parte utilizzato per ‘sfamare’ le esose e numerose clientele del Nord tremontian-leghista.
Tra mille problemi e con in ‘cassa’ solo le risorse ordinarie, i nuovi amministratori del Cas affrontano le emergenze che via via si presentano: vengono avviati i lavori in alcune gallerie dove i mezzi viaggiano in una sola carreggiata; viene aperto al traffico il già citato tratto di autostrada Noto-Rosolini (pregando il buon Dio di non esagerare con le piogge); viene eliminata la barriera di esazione del Furiano, inattiva dal 2004, anno dell’apertura dell’autostrada Messina-Palermo; e vengono messi in sicurezza interi tratti delle due autostrade che, di fatto, erano state abbandonate dal 2000. Inoltre, vengono pubblicati nove bandi, per un importo complessivo di 76 milioni di euro, per dimostrare all’Anas che si sta dando nuovo impulso all’attività del Consorzio.

I pedaggi bloccati e il contenzioso con l’Anas

Secondo quanto previsto dalla legge, i pedaggi vanno incrementati solo dopo che le autostrade sono state rese più sicure grazie ai lavori di manutenzione. Ma, come abbiamo più volte sottolineato, nella Palermo-Messina e nella Messina-Catania non vengono effettuate manutenzioni dal 2000. E infatti, dal 2000 ad oggi, in queste due autostrade i pedaggi – unico caso in Italia! – sono rimasti tali e quali.
Apparentemente ciò potrebbe sembrare un favore fatto agli automobilisti-utenti. Invece è l’esatto contrario. In primo luogo perché, come già accennato, la vita di migliaia e migliaia di automobilisti viene messa a rischio da autostrade insicure (tant’è vero che gli incidenti sono aumentati spaventosamente). In secondo luogo perché le mancate manutenzioni e i relativi mancati adeguamenti dei pedaggi hanno determinato un danno economico ingente in termini di mancate entrate per il Cas. E poiché il Consorzio è un ente pubblico, a farne le spese sono proprio gli automobilisti-utenti che usufruiscono di autostrade insicure e che, prima o poi, verranno chiamati a pagare la manutenzione delle autostrade con nuove tasse.
Poi c’è il contenzioso con l’Anas. I vertici di questo braccio operativo del ministero delle Infrastrutture hanno sempre affermato di non avere soldi da destinare al ‘Piano straordinario di manutenzione’. “Di contro – scrive Patrizia Valenti in una delle tante relazioni inviate alla magistratura, alla Corte dei Conti e al governo regionale – in base a un calcolo errato delle spese generali sul netto invece che sul lordo, l’Anas ha ritenuto di trattenere somme che il Cipe aveva destinato al Consorzio. Al riguardo, il Cas ha presentato un atto di diffida all’Anas per il recupero di una prima tranche pari a circa 27 milioni di euro”.

La grande ‘fuga’ delle Assicurazioni Generali

Negli ultimi cinque-sei anni, nei quotidiani dell’Isola, ci sarà capitato di leggere le cronache di incidenti automobilistici mortali andati in scena sulla Palermo-Messina e sulla Messina-Catania. In effetti, il numero di “sinistri”, lungo queste due autostrade, è aumentato oltre ogni previsione. Di questo debbono essersi accorti i vertici delle Assicurazioni Generali che, nel marzo del 2008, hanno messo la parola “basta” alla polizza assicurativa con il Cas proprio per l’elevato numero di incidenti.
Così come è avvenuto per i pedaggi ‘congelati’ dal 2000, si è trattato dell’unico caso di recesso repentino da parte di una compagnia di assicurazioni avvenuto in Italia in materia di autostrade. La certificazione – ammesso che ce ne fosse bisogno – che la “A 18” e la “A 20” sono due autostrade estremamente pericolose.
“Peraltro – si legge sempre in un delle relazioni inviate dalla Valenti alla magistratura e alla Corte dei Conti – nonostante le richieste formulate dal broker per avere il dettaglio dei sinistri, al fine di poter redigere con completezza il capitolato per la gara, gli uffici delle Assicurazioni Generali non hanno fornito i dati richiesti… Per potere avere la copertura assicurativa si è reso necessario modificare le condizioni di partenza, innalzando il livello della franchigia e l’importo annuo”. Così, per evitare che la gara andasse deserta, la base d’asta è stata fissata a 4 milioni di euro (da rilevare che il contratto disdettato dalle Assicurazioni Generali era pari a circa 1,3 milioni di euro).

Telecontrollo Pa-Me: ei fu fibra ottica immobile…

Tra mancate manutenzioni e problemi di ogni genere non c’è da stupirsi se la rete autostradale siciliana è quasi del tutto priva di innovazione tecnologica. Quel poco che è stato fatto su tale versante è stato vanificato dall’incuria. E’ il caso del tratto di autostrada che, da Buonfornello, arriva a Sant’Agata di Militello, che era stato dotato di sistema di telecontrollo a fibra ottica.
Il tratto di autostrada Palermo-Messina in questione è quello aperto in pompa magna nel 2004 con tanto di taglio del nastro alla presenza delle massime autorità del nostro Paese, con in testa il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Dopo l’inaugurazione, forse un po’ troppo frettolosa, e le immancabili promesse di rendere sempre più sicuro il percorso, l’autostrada è stata praticamente abbandonata. Anche in questo caso, la mancanza di manutenzioni ha provocato un progressivo deterioramento dell’unico impianto a fibra ottica presente sulle autostrade siciliane. Un danno che i tecnici hanno definito “irreversibile”. Risultato: bisognerà ripristinarlo ex novo. Costo stimato: 4 milioni di euro circa.
E dove non osa l’alta tecnologia? Ci sono i caselli. Dove, naturalmente, si sprecano altre risorse pubbliche. E infatti, numeri alla mano, nei caselli del Cas opera un terzo di esattori in più rispetto alle altre società autostradali italiane. Il numero di esattori va calcolato sulla base dei transiti diurni e notturni. Il contratto nazionale prevede un esattore ogni 680 transiti. Al Cas l’accordo raggiunto con i sindacati – al grido di amu a campari tutti – è pari a un esattore ogni 450 transiti.

Appalti, contenziosi & debiti (fuori bilancio)

Come già ricordato, il Cas può contare su introiti pari a 80 milioni di euro all’anno, considerando soltanto i pedaggi. A leggere il bilancio, vengono fuori alcune anomalie. Per esempio, quasi 3 milioni di euro all’anno per spese legali, liti e contenziosi vari. Circa 5 milioni di euro all’anno per l’energia elettrica (l’Enel ringrazia). E, soprattutto, un rapporto spese personale/introiti che è il più alto tra le società autostradali del nostro Paese (45 per cento rispetto a una media nazionale del 35 per cento: dieci punti in più!).
Quando il nuovo Consiglio direttivo si insedia, oltre ai citati costi di gestione ‘appesantiti’, spuntano tanti creditori. Imprese e fornitori che, dal 2004, chiedono di essere pagati. Ci sono, ad esempio, i debiti fuori bilancio. Ovvero? Semplice: le manutenzioni non vengono effettuate, ma quando esplode l’emergenza bisogna comunque fronteggiarla. Con interventi da gestire all’insegna della ‘somma urgenza’. Riparazioni da pagare, appunto, ricorrendo ai debiti fuori bilancio. A metà del 2009 si contavano 350 pratiche di debiti fuori bilancio per un totale di circa 3 milioni di euro.
Un’altra elevata mole di debiti è costituita dai cosiddetti ‘31 bis’, ovvero accordi ai sensi della normativa sugli appalti. Quale normativa? La domanda è d’obbligo, perché la Sicilia, Regione a Statuto autonomo, gode di potestà esclusiva in materia di lavori pubblici. Operando nell’Isola, gli appalti del Consorzio dovrebbero essere gestiti con la normativa regionale (che in realtà andrebbe aggiornata). Invece al Cas si fa ricorso alla normativa nazionale.
Fino a che punto è razionale mantenere la potestà esclusiva in materia di lavori pubblici se, poi, un ente pubblico regionale importante come il Cas, che gestisce opere per miliardi di euro, utilizza la normativa nazionale? E ha ancora senso che, nel 2011, la Sicilia continui a mantenere la ‘specificità’ in materia di appalti pubblici? Aspetti giuridici a parte, il continuo ricorso al ‘31 bis’ merita una digressione.

La Technital e il valzer del ‘31 bis’

Tra i fattori che ‘alleggeriscono’ il bilancio del Cas c’è anche il rapporto con la Technital. Si tratta di una società che lavora sulla Palermo-Messina dagli anni ’70. Un’eredità che, per motivi misteriosi, il Consorzio autostrade siciliane ha ereditato ‘senza il beneficio dell’inventario’, ovvero accollandosi onori (pochi) e oneri (tanti).
I nuovi amministratori del Cas, spulciando tra le ‘carte’, notano (e lo fanno notare alla magistratura penale e alla Corte dei Conti) come tutte le amministrazioni precedenti “hanno scelto di pagare con le risorse proprie del Consorzio anche le spese per la progettazione e per la direzione dei lavori”; spese che, di solito, vengono imputate sui finanziamenti pubblici, cioè sulle risorse che lo Stato appronta per la costruzione delle autostrade. Al Cas, invece, sia la progettazione delle autostrade, sia la direzione dei lavori sono affidate alla Technital mettendo tutto sul bilancio dello stesso Consorzio. Questo avviene in base a una convenzione che risale agli anni ’70 e che è stata rinnovata nel 1999, cioè prima della costituzione del Consorzio per le autostrade siciliane.
Una scelta, quella di intrattenere rapporti privilegiati con la Technital, che provoca ingenti danni economici al Cas. Tra l’altro, nel corso degli anni, sono mutate le norme in materia di affidamento dei servizi, se è vero che tale settore è ormai regolato dall’Unione Europea. Ma al Consorzio autostrade siciliane, dove la fantasia giuridica non ha limiti, non si applicano le leggi regionali, preferendo quelle nazionali, e si bypassano le normative comunitarie.
“L’aver scelto di continuare ad affidare la progettazione e la direzione dei lavori a una società non selezionata da procedure di evidenza pubblica – si legge in una delle tante relazioni inviate alla magistratura penale e alla Corte dei Conti – ha comportato l’impossibilità di far gravare tali spese sul finanziamento pubblico”.
Nonostante le risorse che ‘inghiotte’ in forza di una convenzione quanto meno discutibile, Technital rivendica poi un arretrato pari a 22 milioni di euro. Si tratterebbe di “clausole secondarie della convenzione”, con riferimento a ritardi e ad “accordi bonari”, alias articolo ’31 bis’.
Tra il 2001 e il 2006, quando è stata completata a tappe forzate l’autostrada Palermo-Messina, si diceva che le risorse finanziarie da utilizzare avrebbero fatto capo ad Agenda 2000 (cioè ai fondi europei). Le cose, invece, non sono andate così. La Regione, in verità, ha provato a caricare sul groppone di Bruxelles i costi, peraltro piuttosto esosi, del completamento della Palermo- Messina. Ma dall’Unione Europea è arrivato un rifiuto secco. Forse gli organismi comunitari contestavano la presenza di società intruppate senza evidenza pubblica?
Tra l’altro – e questa è una storia nella storia quasi comica – quando Bruxelles ha chiesto alla Regione quanto è costato il completamento della Palermo-Messina, gli uffici regionali non sapevano cosa rispondere. E avevano ragione: perché quello che hanno combinato per il completamento di questa autostrada con i continui e incontrollati ricorsi all’articolo ‘31 bis’ nessuno è in grado di capirlo! Così come nessuno, fino ad oggi, è riuscito a capire come sono stati gestiti i collaudi di questi lavori andati avanti a colpi di ’31 bis’. Si sa soltanto che ci sono collaudatori che si sono portati a casa parcelle pari a 500 mila euro.
Un chiarimento sulla questione potrebbe fornirlo l’ingegnere Nino Bevilacqua, uomo forte di Gianfranco Miccichè in Sicilia, un professionista che ritroviamo negli ‘ingranaggi’ di quasi tutte le grandi di opere pubbliche realizzate (e in corso di realizzazione) nell’Isola negli ultimi dieci anni, dalle autostrade ai porti e via appaltando a destra e a manca. Quello che è certo è che la Palermo-Messina è stata completata con il ricorso continuo all’articolo ’31 bis’, cioè a colpi di ‘accordi bonari’, dove la parola ‘bonario’ prevede, nella stragrande maggioranza dei casi, un esborso a carico della pubblica amministrazione e un relativo lauto incasso in favore delle imprese.

Aree di servizio: le compagnie petrolifere ringraziano

Quando il Consiglio direttivo si insedia, si scopre che sono appena due le aree di servizio con i contratti vigenti. In tutte le altre aree di servizio disseminate lungo le autostrade i contratti risultano scaduti a date variabili: alcune nel 2001, alte nel 2002, altre ancora nel 2003 e via proseguendo. Il tutto con evidente danno erariale per il Consorzio.
Anche in questo caso, sembra incredibile!, è stato trovato il modo per far perdere soldi al Cas, consentendo ad altri soggetti – in questo caso alle compagnie petrolifere – di guadagnarci. Interessante è il confronto tra gli introiti del Cas e quelli di Autostrade d’Italia. A livello nazionale, con le royalties sui carburanti aggiornate, gli introiti ammontano a circa 140-150 lire per litro. Mentre in Sicilia gli introiti sui carburanti del Cas sono fermi a 20 lire per litro (il calcolo, ovviamente, va aggiornato in euro: ma la sostanza non cambia).
Alla differenza delle royalties sui carburanti si sommano quelle su ristoro e market. A fronte di un’aliquota del 19 per cento applicata da Società autostrade, l’aliquota applicata dal Consorzio è ferma al 4,5 per cento circa. Considerando le concessioni scadute nei vari anni, tenendo conto che, al luglio del 2009, soltanto 2 delle 13 aree di servizio operavano con concessioni vigenti e calcolando il tutto per il periodo minimo – cioè dal 2003 al 2007 – il mancato introito minimo ammonterebbe a 67 milioni di euro.
Perché non sono stati rinnovati i contratti? Quando si cerca di capire come stanno le cose, si impatta in un rimbalzo di responsabilità tra l’area tecnica e l’area amministrativa del Consorzio. E mentre i vertici delle due aree del Cas si accapigliano, le compagnie petrolifere ‘ammuccano’: perché, alla fine, chi ci guadagna dal mancato rinnovo dei contratti sono proprio loro.
Fine dei problemi? Macché! Va ricordato che, di norma, alle società aggiudicatarie vengono richiesti investimenti per adeguare o potenziare i siti, graduando la durata delle concessioni in funzione dell’entità degli investimenti effettuati. Superfluo aggiungere che nulla di tutto questo è stato fatto nelle autostrade gestite dal Cas.
C’è di più. I nuovi amministratori del Consorzio non trovano alcuna voce relativa alla vendita degli spazi pubblicitari. Ciò che si fa in tutte le autostrade italiane – e cioè la vendita di spazi pubblicitari per mettere in ‘cassa’ altri introiti – in Sicilia non si fa. Altre risorse finanziarie in meno per il Cas (il calcolo dell’ammontare dei soldi persi per la mancata utilizzazione degli spazi pubblicitari non è stato fatto: ma si tratta, in ogni caso, di somme ingenti).

Il governo Lombardo ‘silura’ Patrizia Valenti

Il 20 luglio dello scorso anno il governo Lombardo commissaria il Cas. Per Patrizia Valenti l’atto di scioglimento del Consorzio autostrade non è regolare. Motivo: il decreto varato dal governo Lombardo fa riferimento a una relazione relativa a un periodo precedente all’insediamento del Consiglio direttivo. In pratica, il governo ascrive alla Valenti responsabilità di fatti ddei quali la stessa presidente del Cas sostiene di non essere responsabile. Da qui il suo ricorso al Tar. Che le dà ragione, sospendendo il decreto di scioglimento del Consiglio direttivo varato dal governo.
Patrizia Valenti e i componenti del vecchio Consiglio direttivo, però, non torneranno ai vertici del Cas. Il governo Lombardo presenta ricorso al Cga (Consiglio di giustizia amministrativa), organo di appello del Tar. Il Cga sospende la sospensiva del Tar. In pratica, in attesa che il Tar si pronunci sul merito della vicenda, il Cga dà ragione al governo.
Patrizia Valenti non si dà per vinta. In primo luogo, contesta al governo regionale di non aver ottemperato all’ordinanza del Tar, che ordinava il reintegro del Consiglio direttivo. In attesa del pronunciamento del Cga, sostiene la Valenti, il governo avrebbe dovuto reinsediare i precedenti amministratori. Da qui il dubbio che gli atti firmati dalla gestione straordinaria nel periodo compreso tra il pronunciamento del Tar e quello del Cga siano nulli. Su questa vicenda l’ultima parola la pronuncerà il Tar.

(Il Tar ha dato ragione all’ex presidente del consiglio rirettivo, Patrizia Valenti, ma il governo si è rivolto al Cga: la vicenda continua).

Il Banco di Sicilia e i 12 milioni di euro scomparsi

Siamo così arrivati all’ultimo capitolo di questa storia, che forse è il più inquietante: la misteriosa scomparsa di 12 milioni di euro. Nei bilanci del Cas non mancano le anomalie. La più macroscopica riguarda il conto consuntivo del 2007. Ovvero una “riversale” di oltre 12 milioni di euro che, benché incassata dalla banca, non risulta nei conti del Consorzio. La questione appare subito grave, visto che si tratta di soldi del Cas che non si trovano. Gli amministratori del Consorzio si rivolgono a un esperto in materia di bilanci, Eugenio Aliberti.
Vengono avviate le verifiche. Secondo quanto ricostruito dagli uffici del Cas, nel dicembre del 2007 il Banco di Sicilia, tesoriere del Consorzio, ha trattenuto la riversale in questione non accreditandola nei conti correnti del Cas per ripianare un debito che lo stesso Consorzio avrebbe contratto con il Banco di Sicilia. In effetti, nel bilancio 2005 tale somma viene riportata quale debito del Consorzio. Tuttavia, nel bilancio del 2006 questo debito non compare perché, come appurato da Aliberti, è stato ripianato.
Intanto si è intrecciata una fitta corrispondenza tra il Cas e gli uffici della sede del Banco di Sicilia di Messina. La banca, che nei primi incontri aveva fornito al dottor Aliberti gli estratti conto di alcuni conti correnti del Consorzio, nel momento in cui si trova in presenza di una richiesta di tutti gli estratti conto del Cas dal 2004 in poi comincia a tentennare. Dal Consorzio partono vari solleciti per acquisire la documentazione. Ma gli estratti conto richiesti arriveranno con notevole ritardo e solo parzialmente.
Secondo quanto accertato da Aliberti, il debito di 12 milioni del Cas nei riguardi del Banco di Sicilia sarebbe stato ripianato due volte: la prima volta nel 2005 e, in parte, nel 2006; la seconda volta con i mandati emessi e pagati nel dicembre del 2007.
In quale conto corrente sono finiti gli altri 12 milioni di euro? Il Consiglio direttivo non si arrende. E sollecita un’ispezione all’allora assessore regionale ai Lavori pubblici (oggi assessorato alle Infrastrutture), Luigi Gentile. E qui inizia un altro gioco delle parti. Della commissione incaricata di ‘ritrovare’ i 12 milioni di euro, oltre che i tecnici dell’allora assessorato ai Lavori pubblici, dovranno fare parte anche i funzionari dell’assessorato al Bilancio. Ma questi ultimi, benché designati, non si faranno mai vedere.
Sta per iniziare l’estate del 2010. Il ‘siluramento’ del Consiglio direttivo da parte del governo Lombardo è già nell’aria. Comincia la corsa contro il tempo. Patrizia Valenti pensa di rivolgersi alla Banca d’Italia. Il Consiglio direttivo fa di più: mette a punto una delibera che prevede di affidare a una società specializzata la certificazione dei bilanci del Cas. A quel punto il Banco di Sicilia sarebbe costretto a fare chiarezza sui 12 milioni di euro volatilizzati.
Il Consiglio direttivo approva la delibera e mette a punto il bando per individuare la società di certificazione. Al via la verifica? No. Perché ad arrivare prima è il decreto del governo regionale che manda a casa il Consiglio direttivo del Cas. Il ‘caso’ passa nelle mani delle gestioni commissariali. Sapete qual è uno dei primi atti del commissario Zapparrata? La revoca della delibera che punta a insediare la società di certificazione per fare chiarezza sui 12 milioni di euro scomparsi e, in generale, su tutta la gestione finanziaria del Cas.
Di recente, la Procura della Repubblica di Messina ha chiesto di archiviare la storia dei 12 milioni di euro. Soldi ritrovati? Di sicuro c’è che la Corte dei Conti continua ad indagare. Nel frattempo la stessa magistratura ha chiesto il rinvio a giudizio per Patrizia Valenti. Reato contestato: omissione di atti d’ufficio in quanto, a seguito di un atto stragiudiziale presentato dalla Pintabona, non avrebbe convocato il Consiglio direttivo per proporne la nomina a dirigente generale! In effetti, dopo quello che è avvenuto dal 2000 ad oggi nelle autostrade siciliane gestite dal Cas il reato più grave sembra proprio quello commesso dalla Valenti…

(Sempre per qualche aggiornamento di cronaca, l’inchiesta penale sui 12 milioni di euro si è conclusa con un nulla di fatto, mentre non si conoscono ancora gli esiti dell’inchiesa della Corte dei Conti). (Come si direbbe a Palermo, s’affumaru ‘i cazzilli…).

La revoca della revoca della concessione

Siamo arrivati ai nostri giorni. Qualche mese fa, dopo un anno di gestione commissariale, come già ricordato, l’Anas revoca la concessione al Cas. La gestione delle tre autostrade siciliane passa a Roma. Il governo regionale si rivolge al Tar. Che sospende il provvedimento. In attesa del pronunciamento definitivo, la gestione ripassa alla Regione. Superfluo aggiungere che né il governo nazionale, né il governo regionale hanno fatto chiarezza su tutte cose che non vanno al Cas. A cominciare dalla discutibile gestione finanziaria del Consorzio (legge i 12 milioni di euro scomparsi). O sulle mancate manutenzioni. Agli atti c’è solo un impegno verbale dell’assessore Pier Carmelo Russo che, rispondendo al parlamentare regionale del Pdl, Fabio Mancuso (che sulle vicissitudini del Cas ha presentato una dettagliata mozione), si è impegnato a chiedere un’ispezione della Banca d’Italia, con riferimento ai rapporti tra Banco di Sicilia e Consorzio. Riuscirà l’assessore Russo a mantenere l’impegno assunto?

Il governo regionale, intanto, ci delizia con dichiarazioni con le quali si tesse l’encomio di una Regione autonoma – la Sicilia – che avrebbe ‘riconquistato’ la gestione (o gli affari?) delle tre autostrade. Vince l’ ‘Autonomia’ siciliana, gongolano Lombardo & compagni. Ma i nostri lettori avranno già capito che in questa storia di appalti, di denaro pubblico, di potere, con l’ombra della mafia sullo sfondo, l’Autonomia non c’entra proprio nulla.

 

(Il trasferimento di questa storia nell’attualità lo potete leggere nell’articolo di cronaca che pubblichiamo oggi: il fango invade un tratto dell’autostrada Palermo-Messina… come volevasi dimostrare).


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Due lotti di un’autostrada realizzati sull’argilla che, a distanza di poco più di due anni, alle prime piogge, finiscono con il somigliare alla pista di un otto volante, con disagi e pericoli per gli automobilisti, con un danno stimato pari a 150 milioni di euro. Aree di servizio con concessioni non rinnovate per un totale di circa 67 milioni di euro di introiti mancati. Il ‘bollettino di guerra’ prosegue con altri 114 milioni di euro di perdite provocate dalle mancate manutenzioni. E 64 milioni di euro utilizzati per pagare progettazioni che dovrebbero invece essere a carico dello stato. Poi una gestione dei bilanci con interessi maggiorati, esplosione dei contenziosi, bassa manutenzione dei caselli, conteggi enel senza verifiche, mancato aumento dei pedaggi, crescita esponenziale dei costi per l’assicurazione. Quindi l’immancabile ciliegina sulla torta: un versamento di 12 milioni di euro sparito nel nulla. Su tutto e su tutti svetta l’ombra lunga della mafia che, in tutti questi anni, presumibilmente - trattandosi di appalti pubblici - non ha certo lasciato passare questo enorme fiume di denaro senza riscuotere il ‘dazio’.

Due lotti di un’autostrada realizzati sull’argilla che, a distanza di poco più di due anni, alle prime piogge, finiscono con il somigliare alla pista di un otto volante, con disagi e pericoli per gli automobilisti, con un danno stimato pari a 150 milioni di euro. Aree di servizio con concessioni non rinnovate per un totale di circa 67 milioni di euro di introiti mancati. Il ‘bollettino di guerra’ prosegue con altri 114 milioni di euro di perdite provocate dalle mancate manutenzioni. E 64 milioni di euro utilizzati per pagare progettazioni che dovrebbero invece essere a carico dello stato. Poi una gestione dei bilanci con interessi maggiorati, esplosione dei contenziosi, bassa manutenzione dei caselli, conteggi enel senza verifiche, mancato aumento dei pedaggi, crescita esponenziale dei costi per l’assicurazione. Quindi l’immancabile ciliegina sulla torta: un versamento di 12 milioni di euro sparito nel nulla. Su tutto e su tutti svetta l’ombra lunga della mafia che, in tutti questi anni, presumibilmente - trattandosi di appalti pubblici - non ha certo lasciato passare questo enorme fiume di denaro senza riscuotere il ‘dazio’.

Due lotti di un’autostrada realizzati sull’argilla che, a distanza di poco più di due anni, alle prime piogge, finiscono con il somigliare alla pista di un otto volante, con disagi e pericoli per gli automobilisti, con un danno stimato pari a 150 milioni di euro. Aree di servizio con concessioni non rinnovate per un totale di circa 67 milioni di euro di introiti mancati. Il ‘bollettino di guerra’ prosegue con altri 114 milioni di euro di perdite provocate dalle mancate manutenzioni. E 64 milioni di euro utilizzati per pagare progettazioni che dovrebbero invece essere a carico dello stato. Poi una gestione dei bilanci con interessi maggiorati, esplosione dei contenziosi, bassa manutenzione dei caselli, conteggi enel senza verifiche, mancato aumento dei pedaggi, crescita esponenziale dei costi per l’assicurazione. Quindi l’immancabile ciliegina sulla torta: un versamento di 12 milioni di euro sparito nel nulla. Su tutto e su tutti svetta l’ombra lunga della mafia che, in tutti questi anni, presumibilmente - trattandosi di appalti pubblici - non ha certo lasciato passare questo enorme fiume di denaro senza riscuotere il ‘dazio’.

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