L’astronomo catanese e le misteriose macchie su Cerere «Ho ipotizzato la spiegazione a un fenomeno imprevisto»

Cosa sono quelle macchie luminose che si muovono su Cerere? A rispondere alla domanda che in tutto il mondo ha suscitato l’interesse degli astrofisici e l’immaginazione degli ufologi, è stato chiamato Antonino Lanza, 49enne etneo. È un astronomo dell’Osservatorio astrofisico di Catania, ritenuto tra i massimi esperti nel campo dell’analisi di stelle simili al Sole. Ha ipotizzato che le luminescenze sulla superficie del pianeta nano siano «dovute a dei depositi di materiale riflettente che poi sublima sotto l’effetto del riscaldamento dovuto alla luce solare», spiega a MeridioNews. Un’intuizione innovativa che è comparsa pure sulle pagine del prestigioso mensile scientifico Monthly notices of the royal astronomical society.

Il lavoro del team di ricerca di cui Lanza fa parte proseguirà con altre osservazioni, già chieste al telescopio che si trova a La Silla sulle Ande cilene. L’obiettivo è confermare quanto ipotizzato dal ricercatore catanese, che potrebbe avere trovato la spiegazione a un fenomeno che finora sfuggiva alla comprensione dei colleghi e agli algoritmi utilizzati dai sofisticati software di analisi: «Quando abbiamo analizzato i dati in nostro possesso, confrontandoli com’è solito col modello in uso, ci siamo resi conto che questo non era efficace – spiega Lanza – Eravamo davanti a un fenomeno che non avevamo previsto». Al senso di sorpresa sono seguite settimane di riunioni che hanno portato alla conclusione che spiega le variabilità legandole ai materiali presenti su Cecere, all’esposizione ai raggi solari e alla rotazione del pianeta.

La ricerca è partita nella primavera del 2015 da Trieste, ed è condotta dallo studioso di astronomia Paolo Molaro. «Sono stato contattato da lui in qualità di esperto dell’effetto delle macchie, chiare o scure, sulle misure di velocità effettuate da Harps», dice Lanza. Quest’ultimo è uno strumento, chiamato spettrografo, che lavora insieme al telescopio dell’Eso operativo sulle Ande. Serve a misurare la velocità di allontanamento o avvicinamento delle stelle al fine di individuare pianeti attorno a esse. Se però una stella ha delle macchie, sulla sua superficie, produce delle anomalie nella misura delle sua velocità: «Il mio compito è stato costruire un modello del fenomeno che ci si attendeva di osservare». A ottobre 2016 dovrebbero arrivare i nuovi dati, se il comitato internazionale darà lo sta bene al supplemento di ricerca richiesto.

Lanza attende che la buona notizia arrivi all’osservatorio di Catania, dove lavora dal 1993 e dove la maggior parte delle attività sono svolte, dal 2003, nell’ambito dell’Inaf (Istituto nazionale di Astrofisica). Nel 2001 è diventato astronomo associato, ed ha alle spalle studi a Chicago (Usa), Potsdam (Germania) e Marsiglia (Francia). «Il mio campo di lavoro è lo studio delle stelle simili al Sole – spiega – In particolare mi interesso dei loro campi magnetici, che producono le macchie stellari». Un settore, quello che si concentra sul Sole, in cui eccellono gli studiosi del centro di ricerche astronomiche catanese: «È la nostra tradizione più consolidata. Ci concentriamo sullo sviluppo di modelli teorici per l’interpretazione delle osservazioni e partecipiamo a diversi grandi progetti internazionali, da terra e dallo spazio».


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