Lampedusa, sequestrato depuratore costato otto milioni «Batteri fecali diecimila volte superiori a limiti di legge»

Batteri fecali diecimila volte superiori ai limiti di legge e impianti non funzionanti. È quanto scoperto dalla procura di Agrigento nel depuratore che serve l’isola di Lampedusa. L’impianto è stato posto sotto sequestro. L’inchiesta, coordinata dal procuratore Luigi Patronaggio, coinvolge 13 persone, alle quali sono stati notificati gli avvisi di garanzia. Il provvedimento di sequestro riguarda anche seicento tonnellate di materiali.

«Dal 2015 abbiamo posto l’attenzione su Lampedusa – dichiara Patronaggio -. Dal 2012 il vecchio depuratore non funziona più e nel corso del tempo gli interventi che erano necessari non sono stati effettuati, oggi la situazione è estremamente grave. Abbiamo dovuto necessariamente inviare le informazioni di garanzia a tutti gli amministratori che si sono succeduti dal 2012 a oggi, perché vogliamo capire se ci sono state omissioni penalmente rilevanti. Non escludiamo – continua il procuratore capo di Agrigento – l’esistenza di reati contro la pubblica amministrazione e inadempienza nelle pubbliche forniture». Patronaggio si è poi espresso sugli effetti del sequestro preventivo in vista della prossima stagione estiva: «Abbiamo impartito al Comune alcune direttive che se saranno rispettate serviranno a contenere l’inquinamento, altrimenti si procederà con un amministratore giudiziario». 

Attorno al progetto che ha portato al depuratore ruota anche un finanziamento da otto milioni di euro a favore del Comune per la realizzazione dell’infrastruttura. «Il Comune ha beneficiato di fondi stanziati per la particolarità della situazione vissuta dall’isola ed è chiaro che qualcosa si è inceppato – ha chiarito il procuratore agrigentino -. Non funzionava assolutamente nulla e impropriamente venivano usate le vasche del vecchio e del nuovo depuratore, con un pennello a mare totalmente insufficiente».


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Sono 13 le persone coinvolte nell'inchiesta. Disposti i sigilli su seicento tonnellate di materiali. È emersa la presenza di batteri fecali diecimila volte superiore rispetto a quanto previsto. «Non funzionava assolutamente nulla, nonostante un finanziamento da otto milioni di euro», commenta il capo della procura Luigi Patronaggio

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