Lampedusa, 142 vite tratte in salvo nell’indifferenza generale/IL VIDEO

Lampedusa- I gommoni pilota sono stati lanciati ieri dalle coste libiche per aprire la stagione degli sbarchi. 142 persone, tra cui 7 donne, su due diversi gommoni in balìa delle onde. Nel pomeriggio di ieri una telefonata effettuata con un apparecchio satellitare richiedeva soccorso alla Guardia Costiera di Palermo. A lanciare l’Sos erano stati 77 migranti, tra cui 3 donne, di nazionalità prevalente etiope ed eritrea.

Tutti profughi del Corno d’Africa abbandonati alla sorte da trafficanti poco preoccupati della mutevolezza meteo a cui a Marzo è soggetto il Canale di Sicilia. Il gommone su cui navigavano, lungo circa 10 metri, ha avuto difficoltà nella navigazione già a poche decine di miglia dalla Libia. La Guardia Costiera di Palermo aveva allertato invano le autorità libiche e quelle maltesi.

A salvare la vita dei profughi è stato l’intervento di sette mercantili che la nostra autorità marittima ha dirottato sul posto per le ricerche in attesa che da Lampedusa arrivassero due motovedette. Delle autorità maltesi ovviamente non si è vista neanche l’ombra, come di quella libica che i natanti se li trovava praticamente sotto costa. I guardacoste italiani salpati da Lampedusa hanno invece percorso ben 145 miglia nautiche, 261 Km, prima di riuscire a trasbordare i migranti. Le motovedette CP 312 e CP 303 hanno fatto rientro in porto, a Lampedusa, alle 5:15 di questa mattina. Il riposo dopo oltre 12 ore di navigazione però è stato negato agli equipaggi. La CP 303 ha subito dovuto riprendere il mare per raggiungere un altro gommone alla deriva.

Questa volta a 116 miglia da Lampedusa. Anche questo, carico di profughi del Corno d’Africa, salpato dalla Libia con donne a bordo. Anche in questo secondo episodio nessun intervento vi è stato da parte delle autorità libiche e maltesi informate dalla sala operativa della Guardia Costiera di Palermo. La motovedetta ha raggiunto il gommone in difficoltà intorno alle 11:00 di questa mattina. L’emergenza avviata dai due natanti, imprevista e probabilmente prematura in questa stagione, pone adesso la questione immigrazione sotto i riflettori dopo un inverno di dimenticanza e rimozione.

La dimenticanza dovuta a altro tipo di notizie di cui la stampa italiana si è occupata e la rimozione dei migranti che nel silenzio dei media sono stati sbattuti in mezzo a una strada. Con la solita chiarezza e lucidità che contraddistingue chi in Italia amministra, governa, in merito alla questione migrazione sono state prese delle decisioni assurde poi ritrattate ed infine lasciate in sospeso. I campi di accoglienza gestiti dalla Protezione Civile Nazionale in seguito alla “Emergenza Nord Africa” del 2011 sono stati chiusi alla fine del 2012 per esaurimento fondi.

Nessuna voce è stata inserita nel bilancio dello Stato e così i campi sono stati chiusi uno dopo l’altro senza grande preoccupazione circa le sorti di quanti potessero ancora averne necessità. Successivamente sono iniziati gli sgomberi previsti da una geniale, illuminante idea, che al Ministero degli Interni ha fatto decretare un contributo di 500 euro a profugo rifugiato in Italia perché questi si “togliessero dai piedi”.

Ben 13.000 sono i rifugiati che, dopo le rivoluzioni dell’inverno 2010-2011, sono stati accolti in Italia e che da allora stazionano in stato di abbandono nei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo, i CARA. Purtroppo, data appunto la lucidità e determinazione di cui sopra, lo sgombero del Centro di Anguillara ha suscitato una corale indignazione in vari civili paesi della CE riportando la cara Italia al centro di critiche e ammonizioni. Correndo goffamente ai ripari lo sgombero è stato sospeso e la nuova civilissima proposta ricevuta dai rifugiati è stata di una proroga. Una offerta di accoglienza per altri sei mesi a quanti non hanno alternative. Non è chiaro però quali sono i termini dell’accoglienza.

In questo maldestro tentativo di “lavarsi le mani” dei profughi ai quali l’Italia è obbligata a fornire accoglienza, che in un paese civile significa possibilità di integrarsi e vivere una vita normale, pare che nessuno stia tenendo conto della instabilità in cui versano il centro e il nord dell’Africa. Dal Mali 430.000 profughi hanno già raggiunto il confine tunisino. La Tunisia però sembrerebbe essere nuovamente in procinto di esplodere. Le condizioni del vicino paese nordafricano infatti non sono affatto migliorate dopo la rivoluzione che ha spodestato Ben Alì, e la recente uccisione del leader di opposizione Chokri Belaid ha contribuito non poco ad un innalzamento della tensione.

L’Egitto continua a registrare quotidiani scontri e in Libia pare procedano i “rastrellamenti”. Lo si apprende dal prelato eritreo Abba Mussie Zerai. Il prete, nato ad Asmara e oggi residente in Svizzera, ha reso note alcune telefonate ricevute da connazionali residenti in Libia. Secondo gli eritrei che lo hanno contattato le forze dell’ordine avrebbero iniziato a deportare gli immigrati subsahariani al confine sud della Libia. Piccolo dettaglio: il confine è in pieno deserto e per i “respinti” significa morte certa. Le conseguenze delle attuali dinamiche del continente nero possono scatenare un nuovo massiccio flusso migratorio verso il nostro paese che, al momento, non sembra affatto preoccuparsene.

http://youtu.be/stV0htB1DlA

Tutta la verita su Lampedusa in una video inchiesta shock

 


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