L’albergo e gli immobili abusivi nel mirino della mafia «Tutte quelle case da sdirubbare… ddocu è filetto»

Demolire e costruire. Due attività opposte che trovano un punto di incontro nelle mire di Cosa nostra agrigentina per le estorsioni. In particolare della famiglia di Licata guidata dal 79enne Giovanni Lauria, detto u prufissurifermato ieri mattina insieme ad altre sei persone

Due le attività da estorcere: la società Alberghiera Mediterranea Srl – con sede legale a Messina – impegnata nella realizzazione di un complesso turistico nel comune di Licata, in località Cantigaglione. L’amministratore unico della società è Pietro Franza (vittima e non indagato), noto imprenditore ex proprietario del Messina calcio e rampollo della famiglia titolare della Caronte & tourist. L’altra attività estorsiva è organizzata in danno dell’impresa individuale Patriarca geometra Salvatore, con sede a Comiso, aggiudicataria dei lavori di demolizione degli immobili abusivi a Licata, per un importo pari a 273mila euro.

Per mettere a punto il sistema, i licatesi fanno riferimento ad alcuni esponenti della famiglia mafiosa di Caltagirone: Salvatore Seminara, detto Turi, e Cosimo Davide Ferlito. Sono sette le riunioni certificate tra i due gruppi tra novembre del 2015 e aprile del 2016. In realtà, il legame degli agrigentini con il Calatino era emerso già nell’indagine Kronos. In questo caso, il rapporto si riallaccia per via di un errore. Lauria, infatti, si rivolge ai rappresentanti etnei per questioni di «competenza territoriale» per contattare il rappresentante della società aggiudicataria dei lavori di costruzione del complesso turistico alberghiero, nell’errata convinzione che avesse ancora sede ad Aci Catena (in provincia di Catania). Nel frattempo, però, la ditta si è trasferita a Messina. In ogni caso, gli esponenti mafiosi calatini si fanno carico di curare, mediante i loro referenti sul territorio, la programmazione di un contatto diretto

I lavori nel cantiere per la costruzione del villaggio turistico iniziano nel novembre del 2015. Pochi giorni prima viene documentato un primo incontro tra Lauria, uno dei suoi più fedeli sodali, Giovanni Mugnos, e Turi Seminara, nella masseria di quest’ultimo. Dal quarto incontro in poi vengono definiti dagli inquirenti «veri e propri summit mafioso», anche perché dai dialoghi intercettati emerge che lo scopo delle riunioni sono le due estorsioni da mettere in atto. 

«Se riesco ad acchiappare questa impresa ci scippu u bigliettino. Ci dico: “Se c’è cosa là, ci siamo noialtri a Licata“. Sai tutte quelle case abusive che le devono sdirrubare (demolire, ndr) con le ruspe! Ddocu è filetto… ddocu avemo carta bianca». Così Cosimo Davide Ferlito informa Lauria e Mugnos di essere già andato anche a Comiso per incontrare l’imprenditore della ditta Patriarca che, secondo quanto riferisce «si è messo a disposizione». In una conversazione dei giorni successivi però Mugnos dice «siamo un po’ accuddì, con le mani legate». Così Ferlito torna a Comiso dalla ditta di Patriarca, poi richiama Mugnos per dire che «è tutto a posto».

Non proprio tutto, in realtà. Resta da sistemare un’altra cosa. Da un’altra conversazione successiva, infatti, si evince che l’estorsione avrebbe contemplato anche la costrizione a subappaltare a una impresa di gradimento a Cosa nostra le attività di trasporto di inerti derivanti dalla demolizione delle abitazioni abusive. «Siccome c’è un mio amico (Salvatore Patriarca) che deve fare dei lavori lì in zona. Sai i trasporti… c’è qualcuno che può fare la fattura conto terzi?», chiede Ferlito a Mugnos che risponde: «Qua c’è tutto, non ti preoccupare! Dov’è che non possiamo andare noi, ci arrivi tu, Davidù! Qual è il problema?». Un passaggio che gli investigatori interpretano come una piena condivisione di interessi delle due compagini mafiose

Nessun problema. Dal proseguo delle indagini svolte dalla Dda di Catania emerge il coinvolgimento da parte della consorteria licatese dell’imprenditore Calogero Malfitano (non indagato). Il 4 febbraio 2016 è Mugnos che gli telefona per dirgli che aveva intenzione di incontrarlo per «vedere questo fatto del lavoro». Il riferimento è ai lavori appaltati alla ditta Patriaca. Malfitano, già pregiudicato per ricettazione e per violazioni in materia di edilizia, da marzo 2010 è amministratore unico della Geo 2010 Srl con sede legale a Licata, attiva dall’1 maggio 2016 (cioè da subito dopo l’inizio dei lavori appaltati a Patriarca) nel settore della raccolta di inerti e messa in riserva di rifiuti speciali. Come emerso nel corso delle indagini, Malfitano sarebbe già stato particolarmente legato a Lauria, tanto che in precedenza si sarebbe reso disponibile ad accontentarlo senza chiedere dettagli su ciò che avrebbe dovuto fare.

All’indomani della telefonata – il 5 febbraio – alla riunione tra Lauria, Ferlito e Mugnos partecipano anche Salvatore Patriarca e Calogero Malfitano. Le attività di intercettazione, però, non hanno consentito di captare il contenuto dei dialoghi. Circa due mesi dopo, all’indomani della sottoscrizione del contratto tra Patriarca e il Comune di Licata per la demolizione delle abitazioni, c’è la settima e ultima riunione tra Lauria, Mugnos e l’esponente mafioso calatino. Lo stesso giorno Patriarca telefona a Ferlito per discutere dell’inizio dei lavori. Tuttavia, le conversazioni intercettate «sebbene inequivoche in ordine alla dinamica tutta mafiosa che ha caratterizzato i rapporti tra le due articolazioni di Cosa nostra e i titolari delle società coinvolte, non hanno consentito di documentare la esplicita richiesta estorsiva», scrivono gli inquirenti. 


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