«In queste ore, dopo mesi di agonia e dopo un’incredibile settimana di irrespirabili miasmi, il lago di Pergusa è quasi completamente scomparso». È l’allarme lanciato da Giuseppe Maria Amato, referente Gestione risorse idriche di Legambiente Sicilia. «Al suo posto rimane una chiazza nerastra di fango umido che si sta essiccando al sole di questa estate appena iniziata. La sua scomparsa, di certo imputabile alla gravissima crisi climatica che attanaglia la Sicilia, è stata però velocizzata – aggiunge Amato – dalla totale disattenzione e dall’inerzia degli enti che, invece, avrebbero dovuto intervenire a vario titolo».
«Su tutti un grande, colpevolissimo assente, il governo Schifani. Infatti – continua il referente di Legambiente – il lago è proprietà della Regione Siciliana, e la Riserva naturale del lago di Pergusa, che è gestita da quella che un tempo era la provincia regionale di Enna, è un pezzo dell’amministrazione regionale affidato, troppo spesso senza fondi. Al suddetto ente locale Legambiente Sicilia già nel 2023 aveva ottenuto la convocazione di un tavolo tecnico per affrontare la crisi, e ricordiamo benissimo diverse dichiarazioni da parte degli enti che avrebbero dovuto attivarsi e soprattutto dell’assessora regionale al Territorio Elena Pagana che da allora, pur essendo venuta a Pergusa più volte, non ha più profferito parola sullo stato di salute del lago, ma anzi ha difeso l”ottima gestione ambientale dell’autodromo‘, un ossimoro».
«Lo avevamo predetto – va avanti Amato – entro luglio il lago Pergusa sarebbe scomparso e la scomparsa è giunta prima, con il solstizio d’estate. Abbiamo chiesto per anni il ripristino del sistema di monitoraggio ambientale e la pulizia dei diversi canali che dal bacino naturale del lago portano l’acqua. Gli interventi di pulizia sono stati eseguiti solo in parte e in modo poco coordinato tra gli enti, tanto che sul fondo dei canali si osservano ancora accumuli di materiale solido che interrompono la discesa dei liquidi verso il lago. Se il tavolo fosse rimasto attivo, oggi avremmo almeno i dati della condizione in cui versa la falda».
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