Nella Sicilia in cui i laghi scompaiono, la biodiversità è messa a rischio e si vive una delle peggiori crisi idriche degli ultimi anni al proverbiale danno si aggiunge l’altrettanto proverbiale beffa. Questo perché a Lentini, in provincia di Siracusa, c’è un lago – il biviere di Lentini – che di certo non starà vivendo […]
Foto della pagina Facebook Coldiretti Sicilia
Centinaia di posti di lavoro a rischio per una tubatura. Coldiretti Catania: «A Lentini l’acqua c’è, ma non si può usare»
Nella Sicilia in cui i laghi scompaiono, la biodiversità è messa a rischio e si vive una delle peggiori crisi idriche degli ultimi anni al proverbiale danno si aggiunge l’altrettanto proverbiale beffa. Questo perché a Lentini, in provincia di Siracusa, c’è un lago – il biviere di Lentini – che di certo non starà vivendo il suo periodo di maggior splendore, ma che di sicuro è in condizioni migliori rispetto a molti altri invasi della nostra Regione. In questo momento nel lago di Lentini – una diga artificiale che secondo alcune fonti è stata costruita tra la fine del 12esimo e l’inizio del 13esimo secolo – l’acqua c’è; non è tantissima, non è straripante, ma c’è. Nonostante questo, molte aziende agricole che lavorano al confine tra la provincia di Catania e quella di Siracusa stanno avendo enormi difficoltà e per molte di loro tra le prospettive verosimili c’è anche quella della chiusura.
«Centinaia di persone rischiano il proprio posto di lavoro per una tubatura», dice a MeridioNews Andrea Passanisi, presidente di Coldiretti Catania. La questione è quella relativa ai lavori per il sollevamento dell’acqua della diga di Lentini in favore delle aziende del Catanese. Il processo di sollevamento è quello che permette all’acqua di un invaso di essere portata nelle tubature e poi da lì distribuita. «Ma questi lavori vanno avanti a singhiozzo – dice Passanisi – In questo modo si produce un paradosso: l’acqua c’è, ma non si può usare». Il presidente di Coldiretti Catania sottolinea come «ci ritroviamo a fine luglio con dei lavori che non sono terminati». La cosa che fa riflettere maggiormente, però, è che «questo è un progetto del governo Musumeci, approvato però a maggio scorso». È utile ricordare che la giunta Musumeci ha concluso il suo mandato nell’estate del 2022.
«Ora, a fine luglio – sottolinea Passanisi – ci ritroviamo con una dotazione economica che è stata investita, ma con una pompa che ancora non dà beneficio. E la cosa ancora più grave – continua – è che tra le dighe gestite dal Consorzio di bonifica quella di Lentini è l’unica virtuosa, perché – mentre le altre sono a secco – il lago di Lentini ha una discreta dotazione di acqua». L’allarme della sezione catanese di Coldiretti mette in guardia non solo rispetto allo stato di salute di alcune aziende agricole e florovivaistiche, ma in relazione alla loro stessa sopravvivenza. «Ogni giorno ci vengono segnalate grossissime difficoltà: senza acqua le aziende non lavorano, per questo il futuro di molte persone è a rischio». Passanisi dice al nostro giornale che «di questo argomento abbiamo sempre parlato, ma ci viene sempre detto “oggi”, “domani”, “dopodomani”. Invece in una situazione come questa si dovrebbe lavorare giorno e notte».
L’arrivo dell’estate certamente non ha aiutato, «ma da mesi mettiamo in guardia chi di dovere rispetto a questa prospettiva», dice Passanisi. Ecco, chi-di-dovere. Ma chi è di dovere in questi casi? «Gli ingegneri e i tecnici del Consorzio di bonifica noi li chiamiamo ogni giorno, poi finisce che uno si sente anche preso in giro», (qui Passanisi usa un’espressione più colorita). «Ma questo – dice il presidente di Coldiretti Catania – è mortificante per loro: qua entra in gioco il pensiero etico, la coscienza. Che figura ci fanno – continua Passanisi – a rimandare di settimana in settimana? Questa possiamo definirla professionalità?», si chiede retoricamente. La denuncia dell’organizzazione riguarda anche «una mancanza di lungimiranza e di programmazione, soprattutto perché la dotazione economica c’è. Il fatto – dice senza giri di parole Passanisi – è che siamo in Sicilia e sembra che la Sicilia sia staccata dall’Italia».
Ma visto che i soldi previsti per i lavori ci sono, visto che la siccità in Sicilia è grave, visto che le difficoltà delle aziende agricole sono tante e molto chiare, cos’è che non permette di sbloccare i lavori? Dov’è l’inghippo e qual è il problema nella catena di comando? «L’inghippo è nella stessa catena di comando – dice Passanisi al nostro giornale – perché alcuni anelli girano, altri no. È l’inghippo che abbiamo in Sicilia – continua – Tutto l’iter burocratico, una macchina elefantiaca, un commissariamento che dura da oltre trent’anni, per il quale il commissario – e parlo in generale – non sa neanche i lavori che si devono effettuare». E poi c’è un’altra questione: le tubature colabrodo. «Noi perdiamo oltre l’80 per cento dell’acqua», dice Passanisi, che fa un esempio: «Per realizzare il ponte sullo Stretto – che è un progetto di altissimo profilo che porterebbe lavoro, un collegamento diretto con la Calabria e anche turismo, visto che è un brand – ci vogliono circa 13 miliardi di euro: il costo di un solo pilone risolverebbe il problema delle tubature colabrodo in Sicilia».
La colpa più grave, secondo Coldiretti Catania, è «la mancanza di programmazione, cosa che non ci possiamo più permettere. Tutto quello che vediamo è frutto del cambiamento climatico – dice Passanisi – Dobbiamo avere la consapevolezza che ormai i fenomeni meteorologici sono imprevedibili e che le stagionalità non seguono più il corso tradizionale». Secondo Passanisi, «visto che lo sappiamo, serve programmare, programmare», sottolinea. Ma da cosa si dovrebbe iniziare? «Intanto capendo quali sono i problemi: vogliamo sistemarle le tubature? Vogliamo pulirli gli invasi, che sono pieni di fango e quindi quelle poche volte che piove le dighe si otturano?». Il presidente di Coldiretti Catania si percepisce più o meno come un disco rotto: «Ogni anno faccio notare le stesse cose», dice a MeridioNews. Secondo Passanisi la mancanza di programmazione è totale.
«Il periodo irriguo in agricoltura va da aprile a ottobre – dice – In questi anni i progetti, i lavori, gli interventi, le messe in opera e le prove di pressione sono state fatte proprio in questo periodo: praticamente – continua Passanisi – è come provare un’auto da corsa in gara e non nel giro di prova. In alcune zone l’acqua c’era, veniva distribuita, ma siccome abbiamo delle reti obsolete – degli anni Sessanta – a una pressione superiore le tubature scoppiavano, e scoppiavano nel momento irriguo», cioè quando c’è più bisogno di acqua. «Nel versante orientale della Sicilia – dice Passanisi – abbiamo 22mila chilometri di condotte d’acqua: iniziamo con la ristrutturazione della prima, poi della seconda, poi della terza e così via. Vogliamo iniziare da un tubicino? – chiede Passanisi – Per farlo, però, bisogna programmare», insiste. Ed è per questo che Coldiretti Catania chiede «la riforma dei consorzi di bonifica, che è ancora ferma: ha superato degli step ed è bloccata».
Da alcune parti – soprattutto nell’ultimo periodo – per risolvere la crisi idrica si è avanzata una proposta che ha diviso la politica e fatto discutere le associazioni ambientaliste: la costruzione di dissalatori. Potrebbero aiutare o addirittura risolvere la situazione della carenza di acqua in Sicilia? «Io – dice Passanisi – penso che dovremmo pensare al futuro. Nessuno ha la sfera di cristallo, ma possiamo provare ad analizzare ciò che potrebbe succedere nei prossimi anni. Il dissalatore – continua il presidente di Coldiretti Catania – ha un senso se serve per uso civile (come in Israele e in Spagna); dico questo, perché i costi sono molto alti. La prospettiva vera – dice Passanisi – una cosa che davvero potrebbe aiutarci è la depurazione delle acque reflue.
Non è possibile che le acque reflue le scarichiamo a mare – aggiunge Passanisi – e che i nostri depuratori o non funzionano o funzionano a mala pena». Secondo la sezione catanese di Coldiretti, però, a questi piani dovrebbero seguire i fatti: «Un progetto di fattibilità con tre elementi: dissalatori per uso civile, depurazione delle acque reflue per uso agricolo e ristrutturazione delle condotte colabrodo. Così possiamo dare futuro al settore». A questo «dovrebbe aggiungersi una ri-mappatura della Sicilia, coinvolgendo i migliori geologi, perché gli studi si stanno facendo su carte vecchie di 20 o 30 anni. Magari ci sono delle nuove falde acquifere», conclude Passanisi. Ma se si prosegue con l’inerzia attuale, non le scopriremo mai, né riusciremo a modificare lo status quo. E anno dopo anno la situazione sarà sempre peggiore.