Era dicembre 2016 quando Fabio Agnello, palermitano da poco laureato in legge, sobbalzò dal divano di casa. Aveva creato un servizio video sulle accise, puntando il microfono verso l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, per chiedergli che fine avesse fatto la sua promessa di eliminarle in tempi brevi. Quella che sembrava un’avventura conclusa, segnò un cambio di veste importante per Fabio: al capo de Le Iene, noto programma TV di Italia1, quel servizio piacque. Fu mandato in onda appena due giorni dopo, giusto il tempo di prendere un volo per Milano e girare le riprese con addosso l’uniforme bianca e nera tipica dello show. «La velocità con cui tutto è accaduto rispecchia molto il modo di fare della redazione – racconta Agnello – Sono diventato Iena da un giorno all’altro, una volta a Milano, mi hanno subito proposto un nuovo servizio e sono partito per la Calabria».
A Fabio abbiamo chiesto l’importanza delle sue origini sicule in quello che ormai è il suo lavoro a tempo pieno. «Io sono al 99 per cento le mie origini – dice con sicurezza -, sono particolarmente legato alla mia terra, non avrei mai lasciato Palermo e se Le Iene fossero qui sarei felicissimo, non a caso in redazione tanti inviati sono siciliani, venire dal Sud ti dà una marcia in più, perché conosciamo bene molti problemi e poi perché lo show ha una componente di spettacolo e intrattenimento in cui i “terroni” per il loro ardore risultano senz’altro avvantaggiati». L’ironia diventa così un’arma. Sui social media rappresenta un modo altro di usare il mezzo: «Ho sempre pensato che parlare di cose serie ironicamente sia il modo migliore di diffondere un messaggio. Siamo bombardati da notizie che vanno necessariamente veicolate, non è un caso se Le Iene ha un pubblico maggiore di altri programmi che trattano gli stessi temi ma senza ironia».
Chi segue il programma sa che gli inviati sono il fulcro della trasmissione. Ogni servizio viene realizzato da una Iena e da un autore che lavorano insieme facendo confluire le proprie abilità: «Quando si trova una notizia, tramite segnalazioni, scoperte – spiega ancora Agnello – la si propone al capo che deve dare l’ok. Se va bene si parte, sempre in due o tre, perché bisogna essere agili e non dare nell’occhio». Così è avvenuto nel caso di Salvatore, il borseggiatore di Palermo la cui storia è stata portata all’attenzione degli spettatori proprio da Fabio e dall’autore Massimo Cappello, ma il cui epilogo ha sconvolto tutti, anche chi aveva scritto il servizio. Salvatore Romeo rubava alla gente, finché l’immagine del suo viso fu appesa sugli autobus Amat cittadini con la scritta «Noi qui non ti vogliamo». Pertanto, l’idea di partenza, in pieno stile Iene, era quella di dargli una lezione: «Faceva il ladro spocchioso che dava appuntamento a tutti, provocandoli e cercando lo scontro. Ero convinto che incontrandolo, sarebbe scappato o ci avrebbe picchiati – Fabio ora lo racconta divertito – invece le videocamere hanno ripreso solo un ragazzo che aveva bisogno di parlare, di avere uno spazio di considerazione e spiegare le ragioni del suo stile di vita».
Passa del tempo tra le riprese e il montaggio di un servizio, così quando dopo qualche mese la redazione si era messa a lavoro sul ladro che poteva cambiare vita, hanno scoperto che si era trasferito e aveva trovato occupazione. Agnello si dice molto legato al servizio perché è la dimostrazione di come si possa cambiare punto di vista in corsa, proprio lui che da Iena è chiamato a punire chi sbaglia facendogli la morale: «Nessuno pensava che potesse avere ragione lui. Io per primo ero convinto fosse un delinquente e un incosciente. Quando uscì la notizia fu massacrato, poi tantissimi si sono ricreduti e l’hanno appoggiato». Addirittura, un dentista si è prodigato per rifargli la dentatura. L’idea Scommetti su Salvatore che scaturì dal racconto aveva avuto successo grazie a decine di spettatori intervenuti per proporre un lavoro all’ex borseggiatore o anche solo per un messaggio solidale.
Nel raccontare le storie c’è una responsabilità enorme, si parte con una prospettiva e poi la prospettiva diventa altra. Per dare un consiglio a chi lo segue, Fabio suggerisce solo la parola fare: «Molti mi chiedono come sono diventato Iena, credo solo di non aver mai smesso di darmi da fare con una videocamera o un’idea, finché una di queste è piaciuta ed è stata notata».
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