La Direzione investigativa antimafia di Messina stamani ha eseguito un sequestro da sette milioni e mezzo. Sigilli alle società Gramey e Edil Delta. All'origine del provvedimento i contatti con il clan dei barcellonesi
La vicinanza dell’imprenditore Molino a Cosa nostra Tra gli invitati al matrimonio il boss Giuseppe Gullotti
«Il sequestro rappresenta lo sviluppo investigativo dell’altro provvedimento penale eseguito a carico di Domenico Giuseppe Molino in Gotha VII a marzo 2018. Adesso c’è anche la parte immobiliare». A parlare è il nuovo capo centro Dia Carmine Mosca che si è presentato alla stampa e ha spiegato i dettagli della misura di prevenzione eseguita oggi. I sigilli sono stati posti a due imprese edili, la Gramey srl e la Edil Delta srl, e l’intero patrimonio aziendale, 21 immobili tra Barcellona e Crotone, oltre a vari beni mobili e svariati rapporti finanziari per un importo complessivo di 7 milioni e 200 mila euro. «Aggredire i patrimoni mafiosi resta la strategia primaria per bloccare i gruppi criminali. Le due aziende che anche oggi sono finite nel sequestro erano già state oggetto di indagine – prosegue Mosca – ed erano sotto amministrazione giudiziaria. Erano state coinvolte in una estorsione finalizzata all’aggiudicazione dell’appalto per il rifacimento delle fognature di Barcellona».
Domenico Giuseppe Molino, imprenditore di Barcellona, è stato condannato in primo grado a undici anni per estorsione e trasferimento fraudolento di valori, avvalendosi dell’aggravante mafiosa nel processo scaturito dall’operazione antimafia Gotha VII. Molino, secondo la Dia, «è un imprenditore ben inserito nel contesto della criminalità organizzata riconducibile al clan dei barcellonesi con esponenti del quale ha intessuto, fin dagli anni ’80, stretti legami di tipo familiare-affaristico».
A conferma di ciò il giudice della sezione misure di prevenzione richiama la circostanza della presenza, al matrimonio di Molino, dello storico boss barcellonese Giuseppe Gullotti. Nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Carmelo D’Amico, Santo Gullo e Carmelo Bisognano, Molino viene indicato come affiliato al gruppo di Gala, appartenente alla più ampia famiglia barcellonese, e poi confluito in quello capeggiato proprio da D’Amico. Le indagini sul conto della famiglia Molino, supportate dalle risultanze degli accertamenti finanziari sui conti bancari intestati a terzi compiacenti, hanno permesso di rilevare una totale incapienza reddituale, recepita in toto dal Tribunale di Messina, riferita all’intero patrimonio oggi sottoposto a misura di prevenzione.