La tigre e la neve

Titolo originale: 

La tigre e la neve

Nazione: 

Italia

Anno: 

2005

Genere: 

Commedia

Durata: 

118’

Regia: 

Roberto Benigni

Soggetto e sceneggiatura: 

Roberto Benigni, Vincenzo Cerami

Interpreti: 

Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Jean Reno, Tom Waits.

Distribuzione:

01 Distribution

Produzione: 

Melampo Film

 

Tutto ciò che può sembrare paradossale, in Benigni è semplice realtà mescolata a quel tocco di geniale fantasia che solo lui sa mettere nei suoi film. Primo esordio da Oscar con La vita è bella, adesso torna sulla scena cinematografica, dopo la parentesi non molto fortunata di Pinocchio,  con La Tigre e la neve. La fabula potrebbe sembrare sempre uguale, qualcosa di già visto -la solita osannata storia d’amore tra l’attore-regista toscano e l’attrice Nicoletta Braschi, sua compagna nella vita e sul set, e la cornice della guerra- , ma in realtà può definirsi immutato e allo stesso tempo impeccabile lo stile di Roberto Benigni, originale e straordinario menestrello dei nostri tempi.

 

Atmosfere magiche “da mille e una notte”, come definite dal protagonista Attilio (R.Benigni), in un contesto drammatico di vicende intrecciate, ambientate tra Roma e Baghdad: il matrimonio con Vittoria (N.Braschi), che poi si rivelerà solo un sogno ricorrente del protagonista, il suo ossessivo corteggiamento e l’amore non corrisposto, l’ ”eroica” e affannata partenza per l’Iraq dove si trova Vittoria per un’intervista al poeta Fuad (J.Reno), ed infine il ritorno alla vita di sempre. Felicità dentro al dramma. Affascinante poesia dentro al dolore. Comicità che serve a smorzare i toni di alcune scene -quando Attilio si ritrova in un campo minato o di fronte ai soldati americani che lo credono terrorista kamikaze- e a sdrammatizzare nelle situazioni più rischiose, terribili e tragiche da lui vissute in prima persona. Preghiera -a Dio o ad Allah non importa- dentro la disperazione in apparenza nascosta, ma viva sempre. Storia e guerra in una terra desolata dentro e fuori, un cumulo di macerie e cadaveri, che tutti conosciamo. Crudo realismo attorno al comportamento del protagonista che va oltre l’utopia comune –per lui niente è impossibile-, e oltre la fatica nell’angosciosa ricerca di una medicina per la sua amata, ferita durante un’esplosione, impossibile da trovare in un paese arretrato dove scarseggia tutto ciò che per noi occidentali invece è scontato.

 

 

Notevole il contrasto tra i due personaggi: da un lato il protagonista Attilio e dall’altro il suo amico poeta Fuad che lo aiuta nella sua matta avventura in Iraq. Il primo, a tratti sognatore fiducioso che guarda tutto con occhi da bambino e a tratti consapevole del suo dramma, con la speranza dentro di sé per migliorare e salvare tutto ciò che gli sta a cuore. Il secondo che finisce, ormai sconfortato e apparentemente cinico e nichilista, col suicidarsi, perché afferma che “…oltre questa vita non c’è nulla. Anzi se ci fosse il nulla sarebbe già qualcosa”. La vita vista in due modi diversi, da un cristiano e da un musulmano. Ma non è la religione di appartenenza a fare la differenza. E’ quell’atteggiamento critico opposto che entrambi hanno sulla vita. Il primo si potrebbe metaforicamente paragonare alla tigre, alla sua forza nell’affrontare la vita nonostante tutto, al suo desiderio sempre ardente di felicità vera, mentre il secondo alla fragilità della neve che si scioglie perchè non riesce più a sopportare il calore della bellezza del cielo stellato sopra Baghdad, distrutto e sostituito ormai dallo scintillio dei continui bombardamenti.

 

Benigni continua a darci l’ennesima piacevole e genuina lezione di poesia –non a caso nel film interpreta proprio un insegnante di poesia ed in seguito verrà ribattezzato dai soldati americani “the poet”-.

“I am italian!”, il suo ricorrente e ossessivo grido di disperazione tra i veri disperati per le strade della capitale irachena, l’unico modo di comunicare la sua innocenza, la voglia di chi desidera quella felicità, quella verità e quell’amore che lui persegue sempre in ogni suo film, così come nella vita.

Valeria Arlotta

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